La discussione è sempre molto accesa
Fecondazione: un atto d'amore fuori dal diritto
I fatti sono fatti e non resta che registrarli. La stampa ultimamente ne ha riferiti alcuni con grande rilievo. La Cassazione ha dichiarato legittima la fecondazione eterologa; il giudice di Milano ha ratificato all’anagrafe un bimbo concepito e nato all’estero con la tecnica dell’utero in affitto.
La perpetua e la scienza.
La prima riflessione può sembrare curiosa. Mi è stata suggerita dal giudice che, approvando la registrazione del figlio nato con la tecnica dell’utero in affitto, ha detto che forse è opportuno rivedere lo stesso concetto di maternità e di genitorialità alla luce degli apporti della scienza. A questo punto viene in mente la storiella delle galline del parroco. La perpetua all’inizio parla delle galline del Signor Parroco; poi le galline diventano le “nostre galline”, e infine diventano le “mie galline”. E il parroco? Tace, e la proprietà delle galline passa dal parroco alla perpetua. La stessa cosa è avvenuta con la scienza. E’ entrata nella vita dell’uomo come aiuto alla natura; poi si è messa allo stesso livello della natura ottenendo gli stessi suoi risultati; e infine si è posta al di sopra della natura riuscendo a fare anche quello che in natura è impossibile. E il legislatore? Come il parroco all’inizio tace, ma poi approva. E invece di chiedere che si esamini il concetto di maternità suggerito dalla scienza alla luce di quello suggerito dalla natura, fa la proposta inversa, propone di rivedere il concetto di maternità dettato dalla natura alla luce delle nuove possibilità offerte dalla scienza.
Così assistiamo ad un capovolgimento del rapporto tra natura e scienza. Mentre nel passato la natura veniva considerata il modello perfetto riguardante non solo l’uomo, ma tutto l’universo, e la scienza doveva confrontarsi con la natura, oggi si propone lo schema inverso. Con questa differenza: che la natura sovrasta l’uomo e si impone all’uomo, e l’uomo si deve ad essa sottomettere come ad una realtà sulla quale non ha che un potere limitato; mentre la scienza è un prodotto dell’uomo ed è in potere dell’uomo, e su di essa l’uomo è in grado di mantenere un pieno potere discrezionale. Per questo tra le possibilità aperte dalla scienza e la loro applicazione nella vita media il giudizio della ragione, la quale deve giudicare l’opportunità o meno di servirsene. La scienza ha reso possibile la scissione dell’atomo, o le armi chimiche, ma non è detto che l’uomo se ne debba servire. La scienza ha reso possibile la fecondazione eterologa; ma non è detto che l’uomo debba utilizzarla per far nascere i figli.
A prima vista sembrerebbe di sì, perchè con la fecondazione eterologa si supera la sterilità e si permette alla donna di soddisfare il suo bisogno di maternità e alla coppia il desiderio di genitorialità. E’ sempre commovente vedere una donna che può finalmente stringere al seno il figlio. E se non può farlo la natura perché non ricorrere alla scienza? Eppure ad un esame più approfondito, e nel confronto con il modo di procedere della natura (noi riteniamo che la natura sia ancora il modello con cui confrontare ogni conquista della scienza), vediamo che le cose non sono così semplici.
Il ragionamento essenziale.
Per semplificare le cose presentiamo prima in sintesi la nostra riflessione e poi cerchiamo di analizzarla. Con la fecondazione eterologa la vita del figlio viene segnata fin dall’inizio da una divisione/abbandono: il figlio viene diviso dal padre biologico, e il padre biologico abbandona il figlio. Questa divisione/abbandono è la madre di tutte le conseguenze che verranno a galla poco alla volta nel tempo. Il giurista che viene invitato a regolamentare questa materia può riscontrare che nella fecondazione eterologa non c’è ingiuria, perché nel figlio non c’è diritto nei confronti del genitore biologico, e nel genitore biologico non c’è dovere nei confronti del figlio, per il semplice motivo che il rapporto genitore/figlio non è regolato dallo jus, ma si regge su qualcosa di più intenso e profondo, si regge sull’amore. Per questo il giurista può concludere che dal suo punto di vista non c’è offesa, ma poi deve fermarsi perché sull’amore il giurista non ha competenza e tanto meno ha potere di legiferare, perché amor extra provinciam juris est, come diceva Paolo VI in un discorso alla Rota. Il giurista può affermare che la fecondazione eterologa è legalmente lecita, ma supera il confine delle sue competenze quando con questa sentenza dice (o la gente ritiene che dica) che la fecondazione eterologa è un modo umano di procreare.
La natura fa nascere il figlio da una comunione di amore e crea comunione.
Come procede la natura? Il figlio nasce da un gesto di amore e non può essere altrimenti, perché l’unica causa adeguata per la creazione di una vita umana è l’amore e solo l’amore. Con il gesto di amore l’uomo e la donna si uniscono e passano l’uno all’altra il proprio potenziale di vita, con il quale procreano il figlio, partecipandogli la loro vita. Al figlio i genitori non danno solo affetto, ma comunicano la loro stessa vita. Si viene così a stabilire tra loro una comunione vita che non ha eguali, perché fondata sulla presenza in tutti della stessa vita.
Per questo possiamo dire che il figlio nasce da una comunione di amore, e a sua volta crea comunione di amore. Il figlio resta per nove mesi nel seno della madre e crea con la madre una comunione di vita amorosa che sviluppa nel figlio la vita che la madre insieme al padre hanno deposto in lui. Per esprimere questo processo si usano parole mediche quali gameti, ovulo e spermatozoo, morula, embrione, feto, ma è un modo riduttivo di esprimere quello che avviene, perché tutti questi elementi sono solo l’espressione fisica di movimenti affettivi fatti di tenerezza, dolcezza, trepidazione, attesa, amore, che continua ad essere la vera causa formale del miracolo della vita. La stessa umanità pulsa nel figlio e nei genitori, e si prolungherà in tutti per tutta l’esistenza. Non esiste legame più profondo di quello che esiste tra generanti e generato, perché fondato sulla partecipazione alla stessa vita. Tutti portano in sé la propria vita e nello stesso tempo la vita di tutti gli altri.
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