Il Papa per la dignità di ogni uomo contro ogni sopruso e schiavitù
domenica 8 febbraio la celebrazione della giornata contro la tratta degli esseri umani e il monito di Bergoglio per una economia dal volto umano in vista dell'Expo di Milano
«Per capire questo dramma bisogna parlare con le donne che hanno subito violenza, che sono private della libertà, che sono sorvegliate e picchiate dagli uomini-padroni, violentate, minacciate, comprate e vendute. Bisogna condividere con loro sentimenti, emozioni, paure. È qualcosa di indescrivibile. Nella mia esperienza di missionaria ho incontrato tanti fratelli e sorelle in Paesi lontani. Al mio rientro in Italia ho conosciuto il fenomeno migratorio. Nel centro di ascolto della Caritas di Verona in vent’anni di servizio ho conosciuto tante donne che si sono trovate schiave e obbligate a vendere il loro corpo. Sono giovani, mamme di famiglia, minorenni. E tutte chiedono ascolto, accoglienza, un lavoro pulito, comprensione».
Domenica 8 febbraio è la prima «Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone». La testimonianza di suor Valeria Gandini, missionaria comboniana, è uno schiaffo in piena faccia, è un pugno nello stomaco. I giornalisti vaticanisti la ascoltano in un raggelato silenzio.
Racconta di «Lucy, costretta ad abortire otto volte. Era terrorizzata: vedeva uscire sangue dal rubinetto dell’acqua… Osagje era grave in ospedale e mi diceva: “Il freddo della notte mi è penetrato nelle ossa e in tutto il corpo, per questo mi sono ammalata”. È morta a 25 anni…Ho conosciuto donne impazzite, come Edith, che vedeva uomini cattivi entrare dalla finestra e sbucare da dietro le porte e gridava aiuto…Gala mi ripeteva: “Suora, nessuno può capire la vergogna e la paura che si prova a stare nuda sulla strada. Prima di uscire faccio il segno della croce e anche quando rientro e ringrazio Dio per essere tornata viva. Nonostante le sofferenze, queste donne hanno sempre desiderio di vivere e voglia di generare, di proteggere e di far crescere la vita anche in situazioni terribili… Ricordo Norah: volevano farla abortire e l’hanno riempita di botte e calci nella pancia ma, nonostante tutto, è riuscita a partorire e ha salvato il suo bambino. Mercy è riuscita a scappare da Roma e si è rifugiata al Nord perché un’altra ragazza, prostituta e africana come lei, le ha dato tutti i soldi guadagnati in una notte sul marciapiede».
Le cifre della peggiore schiavitù del XXI secolo sono terrificanti. L’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil) e l’Ufficio Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodc) valutano in 21 milioni di persone in tutto il mondo le vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale, lavoro forzato, espianto di organi, accattonaggio forzato, servitù domestica, matrimonio forzato, adozione illegale e altre forme. Ogni anno 2,5 milioni di persone sono ridotte in schiavitù e subiscono abusi inauditi e violenze. Per trafficanti e sfruttatori è un’attività che rende 2 miliardi di dollari l’anno: è il traffico più redditizio dopo la droga e le armi.
L’iniziativa, promossa dalle Unioni internazionali femminili e maschili dei superiori generali (Uisg e Usg), cade nella memoria di santa Giuseppina Bakhita (1869-1947), giovane schiava sudanese del Darfur, rapita a 9 anni dai trafficanti di schiavi e venduta a padroni feroci, divenuta «libera figlia di Dio», religiosa canossiana, canonizzata nel 2000.
Il Papa argentino definisce la tratta «piaga nel corpo dell’umanità, piaga nella carne di Cristo, abominevole fenomeno, reato di lesa umanità». Infinite le forme di schiavitù: vittime del lavoro schiavo; migranti privati della libertà, abusati, detenuti in modo disumano, ricattati dal datore di lavoro; schiavi sessuali; bambini-soldato, vittime di espianto di organi o di forme mascherate di adozione; rapite e schiavizzate dai terroristi del Califfato. All’origine ci sono le reti criminali che gestiscono il traffico, le guerre, il terrorismo, l’uso criminale di Internet per adescare i più giovani, la corruzione che solca le forze dell’ordine, le strutture dello Stato, la polizia e la magistratura.
Tante congregazioni religiose, specie femminili, e tanti «preti di frontiera» – per esempio don Oreste Benzi, per il quale è in corso la causa di beatificazione - da decenni operano a fianco delle vittime. In Italia una «pioniera» dell’apostolato antischiavista è suor Eugenia Bonetti, milanese di Bubbiano. Classe1939, a20 anni entra tra le Missionarie della Consolata, fondate dal beato Giuseppe Allamano nel 1911, e va in missione per 24 anni in Kenya: a Nairobi, Meru, Nyeri, Murang’a lavora nell’educazione e formazione di catechisti e insegnanti, nella pastorale parrocchiale e vocazionale, nell’animazione delle giovani e delle donne.
Dal 1991 è a Torino. Nella Caritas diocesana, allora diretta da don Sergio Baravalle, si occupa del Servizio migranti, che ha due sezioni, una maschile in via Principi d’Acaja e una femminile, di cui è responsabile - in via Parini 7, un centro di ascolto e accoglienza per donne immigrate nel palazzo delle opere e dei giornali cattolici. Era la logica attuazione della Quaresima di fraternità che in diocesi di Torino si celebra da oltre cinquant’anni.
Suor Eugenia frequenta un corso di specializzazione al Missionary Institute of London, realizzando una ricerca su migliaia di giovani donne importate dall’Africa in Europa, in particolare tremila nigeriane che da Torino sono costrette a prostituirsi in diverse città del Nord. Dal gennaio 2000 lavora a Roma all’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi) come responsabile del settore «Tratta donne e minori» nel quale coordina 250 religiose di 80 Congregazioni e un centinaio di case di accoglienza in Italia con oltre 6.000 vittime. Sollecita adeguate legislazioni contro i trafficanti e per la protezione delle vittime. Con suore di diversi Paesi e Congregazioni, visita donne immigrate detenute nel Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Ponte Galeria (Roma). Nel dicembre 2012 fonda con altri l’associazione «Slaves no More. Mai più schiave».
«Le religiose sono state tra le prime in Italia ad affrontare il fenomeno della tratta delle donne per lo sfruttamento sessuale e hanno cercato di dare risposte concrete, offrendo ospitalità nelle loro case e proponendo cammini di integrazione» dice suor Eugenia il 16 ottobre 2013 ricevendo a Strasburgo il «Premio Cittadino Europeo». La sua testimonianza di «missionaria di strada» manda in visibilio il milione di donne che partecipano alla manifestazione di Roma contro il governo di centrodestra di Silvio Berlusconi «Se non ora quando?» nel marzo 2011. L’8 marzo 2014 il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano le conferisce l’Ordine al merito della Repubblica, che lei considera un’«onorificenza rivolta a tutta la squadra delle religiose».
Le «missionarie di strada» esultano al sentire le severe parole di Papa Francesco che condanna l’immondo traffico: «La tratta delle persone è un’attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si dicono civilizzate! Sfruttatori e clienti a tutti i livelli dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a se stessi e davanti a Dio. In un mondo dove si parla tanto di diritti sembra che l'unico ad averli sia il denaro».
Su queste frontiere già Giovanni Paolo II schieròla Santa Sedeela Chiesadagli Anni Novanta del secolo scorso. «Nonostante gli anni di impegno e lavoro - conferma suor Bonetti – la tratta non tende a diminuire ma cambiano le modalità di reclutamento e sfruttamento, ed è sempre più difficile spezzare questa terribile catena di schiavitù».
Il messaggio di Francesco all'Expo di Milano
Primo: «rinunciare all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e agire anzitutto sulle cause strutturali della inequità». Secondo: adottare politiche economiche coraggiose per «la dignità della persona e il bene comune». Terzo: custodirela Terrache «chiede rispetto e non violenza o peggio arroganza da padroni», per consegnarla «migliorata» ai figli.
L’Esposizione universale di Milano si avvicina a grandi passi: il 1° maggio verrà inaugurata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Per la prima volta sarà presente anche il padiglione della Santa Sede. Alla Bicocca di Milano si è svolto il convegno «Expo delle idee, il modello alimentare italiano per nutrire il pianeta, tra innovazione e sostenibilità» poiché il tema, fino al 31 ottobre, sarà «Nutrire il Pianeta, energia per la vita». All’incontro hanno partecipato rappresentanti della politica e delle istituzioni, imprenditori e capitani d’industria, esponenti delle organizzazioni non governative, delle associazioni e delle organizzazioni internazionali.
Papa Francesco ha inviato un messaggio e, come è suo costume, ha parlato molto chiaro. Come ha fatto in numerose occasioni, dai discorsi alla Fao a Roma e all’Europarlamento a Strasburgo alle lettere inviate ai vertici del G8 e del G2, dalle visite in Italia e all’estero ai messaggi sulle tematiche sociali, dai discorsi nelle udienze generali a quelli rivolti a gruppi particolari. Come certamente farà dalla tribuna delle Nazioni Unite quando in settembre andrà negli Stati Uniti con tappe a Philadelphia, New York e Washington. Come certamente farà nella più volte annunciata enciclica ecologica.
Il dramma di quanti, tormentati dalla fame, lottano per la sopravvivenza è aggravato da quello che il Papa definisce il «paradosso dell’abbondanza»: alla produzione mondiale di cibo, sufficiente per tutti, non corrisponde un’equa distribuzione a causa di gravi fenomeni come speculazioni agricole e finanziarie, sprechi e scarti, iperalimentazione e consumi eccessivi di alimenti in Occidente. Papa Bergoglio suggerisce tre atteggiamenti concreti.
Il primo riguarda il modo di agire, nel senso che bisogna passare dall’analisi delle urgenze e delle emergenze alle priorità concrete e alle politiche strutturali. Dice agli esperti radunati nel capoluogo lombardo: «Abbiate uno sguardo e un cuore orientati non a un pragmatismo emergenziale che si rivela come proposta sempre provvisoria, ma a un orientamento deciso nel risolvere le cause strutturali della povertà». Cioè «se vogliamo realmente risolvere i problemi e non perderci nei sofismi e nei nominalismi è necessario risolvere la radice di tutti i mali che è l'inequità. Per fare questo ci sono alcune scelte prioritarie da compiere: rinunciare all'autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e agire anzitutto sulle cause strutturali della inequità».
Il secondo atteggiamento riguarda una sana politica economica: prioritaria è «la dignità della persona e il bene comune», due pilastri «che dovrebbero strutturare la politica economica e che invece spesso sembrano appendici aggiunte dall'esterno per completare un discorso politico senza prospettive né programmi». Il Papa chiede ai politici e ai capitani d’industria: «Per favore, siate coraggiosi e non abbiate timore di farvi interrogare nei progetti politici ed economici da un significato più ampio della vita perché questo vi aiuta a “servire veramente il bene comune” e vi darà forza nel moltiplicare e rendere più accessibili per tutti i beni di questo mondo».
Il terzo atteggiamento è custodirela Terrache ci è stata affidata «perché possa essere per noi madre, capace di dare quanto necessario a ciascuno per vivere. La terra è generosa e non fa mancare nulla a chi la custodisce. La terra chiede rispetto e non violenza, o peggio ancora, arroganza da padroni. Dobbiamo riportarla ai nostri figli migliorata e custodita perché è stato un prestito che è stato fatto a noi. La custodia della terra non è un impegno esclusivo dei cristiani, ma riguarda tutti».
Sul tasto dell’ingiustizia determinata dallo strapotere, irresponsabilità e arroganza dei mercati Papa Francesco insiste dalla sua elezione quasi due anni fa. Nella coraggiosissima esortazione apostolica «Evangelii gaudium» (24 novembre 2014), il manifesto-programma del pontificato, dedica alcuni capitoli a queste tematiche. «No a un’economia dell’esclusione e della inequità» e spiega: «Questa economia uccide. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Tutto entra nel gioco della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Così grandi masse sono escluse ed emarginate. Si considera l’essere umano come un bene di consumo, che si può usare e gettare. Non si tratta solo dello sfruttamento e dell’oppressione ma di qualcosa di nuovo: gli esclusi non sono solo “sfruttati” ma sono “rifiutati”, sono considerati degli “avanzi”».
«No alla nuova idolatria del denaro» poiché «accettiamo pacificamente il suo predomino su di noi e sulle nostre società. La crisi finanziaria ci fa dimenticare che all’origine vi è una profonda crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano. Abbiamo creato nuovi idoli. L’adorazione dell’antico vitello d’oro ha trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella dittatura di una economia senza volto e senza uno scopo veramente umano». Come già nella grande crisi del 1929, in quella iniziata nel 2008 e della quale portiamo le conseguenze ancora oggi, la responsabilità più grande, cioè la colpa, è l’ingordigia delle grandi banche d’affari americane ed europee, è la sete di soldi delle banche centrali e delle banche che hanno lanciato una colossale speculazione sul debito dei vari Paesi e hanno tratto immensi guadagni avvelenando i mercati di tutto il mondo, dalla Cina ai Paesi produttori di petrolio e di gas, dagli Stati Uniti all’Europa, soprattutto del Nord.
Di conseguenza, mentre i guadagni di pochi felici e fortunati crescono in maniera esponenziale, la gente comune fa la fame e non arriva a fine mese. Spiega la «Evangelii gaudium»: «Lo squilibrio procede da ideologie che difendono l’autonomia assoluta dei mercati e la speculazione finanziaria. Perciò negano il diritto di controllo degli Stati. Si instaura una nuova tirannia invisibile e virtuale, che impone in modo unilaterale e implacabile le sue leggi e le sue regole. Il debito e i suoi interessi allontanano i Paesi dalle possibilità praticabili dell’economia e i cittadini dal reale potere d’acquisto. Si aggiunge una corruzione ramificata e un’evasione fiscale egoista, che hanno assunto dimensioni mondiali. La brama del potere e dell’avere non conosce limiti». In sostanza bisogna dire «No a un denaro che governa invece di servire», un sistema che «rifiuta l’etica e rifiuta Dio. All’etica si guarda con disprezzo beffardo». In sostanza ci vuole «un vigoroso cambio di atteggiamento: il denaro deve servire e non governare». Conclude: «Il Papa ama tutti, ricchi e poveri, ma ha l’obbligo, in nome di Cristo, di ricordare che i ricchi devono aiutare e rispettare i poveri». Altro che comunista. Un Papa fedele servitore del Vangelo.
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