Papa Francesco riconosce il martirio di mons. Oscar Arnulfo Romero
Questa mattina Bergoglio ha autorizzato la Congregazione per le cause dei martiri a promulgare il decreto riguardante l'Arcivescovo di San Salvador, ucciso “in odio alla Fede" il 24 marzo 1980. Riconosciuti anche tre martiri in Perù, due polacchi e don Dordi
«L’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero diceva che le mamme vivono un "martirio materno". Nell’omelia per il funerale di un prete assassinato dagli squadroni della morte disse: “Tutti dobbiamo essere disposti a morire per la nostra fede, a dare la vita a poco a poco come la dà una madre che, con la semplicità del martirio materno, concepisce un figlio, lo dà alla luce, lo allatta, lo accudisce con affetto”».
Mercoledì 7 gennaio 2015 alla prima udienza generale dell’anno Papa Francesco tiene la catechesi «sulla nostra Santa madre Chiesa» e riporta la frase di Romero. Ora i primi quattro beati latinoamericani del primo Papa latinoamericano sono «martiri della fede»: l’arcivescovo salvadoregno Oscar Arnulfo Romero; il prete bergamasco don Alessandro Dordi e due frati minori conventuali polacchi missionari in Perù. «Il martirio di Oscar Arnolfo Romero Galdámez, arcivescovo di San Salvador, nato il 15 agosto 1917 a Ciudad Barrios (El Salvador) e ucciso, in odio alla fede, il 24 marzo 1980 a San Salvador; il martirio di Michele Tomaszek e Sbigneo Strzałkowski, sacerdoti dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali e di Alessandro Dordi, sacerdote diocesano, uccisi in odio alla fede il 9 e il 25 agosto 1991 a Pariacoto e nei pressi di Santa (Perú)».
«Amico dei comunisti» l’arcivescovo assassinato a colpi di pistola da un sicario degli «squadroni della morte» il 24 marzo 1980 mentre celebra Messa nella cappella dell’ospedale Divina Provvidenza. «Servi dell’imperialismo» per i maoisti e terroristi di «Sendero Luminoso» i tre sacerdoti uccisi in Perù nell’agosto 1991. «Martiri uccisi in odio alla fede» per la Chiesa. Saranno presto beatificati.
«Romero martire» - Giovanni Paolo nella visita in Centroamerica il 6 marzo 1983 va a pregare sulla sua tomba dove «riposa mons. Romero, zelante pastore che l’amore di Dio e il servizio ai fratelli portarono fino al sacrificio della vita in forma violenta. La luce del Buon Pastore risplenda sui pastori che si sacrificarono per tutti e invitarono tutti a ispirarsi a Gesù, che ebbe compassione delle moltitudini». Romero è tra i martiri celebrati al Colosseo domenica 7 maggio 2000. Il 19 novembre 2002 ai vescovi salvatoregni in visita ad limina, Wojtyla dice: «È un martire. Sì, mons. Romero è un martire».
Benedetto XVI il 19 giugno 2005 aggiunge: «Fu uomo di pace e di dialogo e la causa di beatificazione deve continuare». Recandosi ad Aparecida in Brasile (9-14 maggio 2007) per presiedere l’assemblea dei vescovi latinoamericani, rispondendo ai giornalisti sull’aereo, lo definisce «un grande testimone della fede, un uomo di grandi virtù cristiane che si è impegnato per la pace e contro la dittatura ucciso durante la consacrazione, un testimone della fede. Il problema è l’accaparramento che una parte politica vuole fare della sua figura prendendola come bandiera. Non dubito che meriti la beatificazione». Un prete salvadoregno nel 2007 durante quell’assemblea chiede all’arcivescovo di Buenos Aires cardinale Jorge Mario Bergoglio cosa ne pensa di Romero: «Per me è un santo e un martire, se io fossi Papa, lo avrei già canonizzato».
A spingere i suoi carnefici non è solo la brama di far fuori un nemico, ma l’odio scatenato dall’amore per la giustizia e dalla predilezione dei poveri che manifesta come applicazione della sua fede in Cristo e della sua fedeltà alla Chiesa. Papa Francesco fa piazza pulita della cortina fumogena di insinuazioni per accreditarlo come filo-guerrigliero, agitatore politico, soggiogato dal marxismo. Invece Romero è un vescovo obbediente alla Chiesa e al Vangelo, in un Salvador dove i militari e gli squadroni della morte reprimono con ferocia un popolo per conto dell’oligarchia. Per anni la causa rimane ferma con la scusa che omelie e scritti devono essere esaminati dalla Congregazione per la dottrina della fede. Tra i «frenatori» il cardinale colombiano Alfonso Lòpez Trujillo, membro dell’Opus Dei, già arcivescovo di Medellìn e portato a Roma da Papa Wojtyla. Per certi settori beatificare Romero equivale a beatificare la Teologia della liberazione, i movimenti marxisti, guerriglieri e rivoluzionari.
Malgrado gli avvertimenti e le minacce, l’arcivescovo denuncia le disuguaglianze nel continente latinoamericano, le ingiustizie del suo Paese, le torture della dittatura militare e fascista, le violenze del potere contro gli oppositori politici e i «campesinos» che reclamavano un po’ di terra. Vede cadere, sotto i colpi degli «squadroni della morte», sacerdoti e laici e uno dei suoi più stretti collaboratori, il sacerdote gesuita Rutilio Grande. È particolarmente odiato dal blocco militar-fascista-latifondista. A sbloccare la causa è nel 2010 il capitano Alvaro Rafel Saravia, condannato per l’omicidio: «Romero fu ucciso in odio alla fede».
Tre martiri in Perù – Sono i due francescani polacchi Michal Tomaszek e Zbigniew Strzalkowski, trucidati a Pariacoto il 9 agosto 1991, e don Alessandro Dordi, di Gromo San Martino (Bergamo), sacerdote «fidei domnum» che fu «ejecutado, matado» in un’imboscata lungo il Rio Santa il 25 agosto 1991. I guerriglieri di «Sendero Luminoso» bloccano la jeep sulla quale Dordi viaggia con due seminaristi: «Ci hanno detto di scendere e ci hanno accompagnato via. Mentre camminavamo abbiamo sentito i colpi degli spari». Dordi era già stato missionario tra gli emigrati italiani in Svizzera. Scrive a un amico sacerdote: «In questi giorni siamo particolarmente angosciati e preoccupati. Sicuramente hai saputo come il 9 agosto “Sendero Luminoso” ha ammazzato due sacerdoti della diocesi di Chimbote. Sono due francescani polacchi che lavoravano in una vallata come la mia: avevano 32 e 34 anni. Puoi immaginare la situazione di ansia in cui viviamo; ci sono delle minacce chiare di prossime uccisioni. “Sendero luminoso”, che con il terrore vuole arrivare al potere, ha preso di mira la Chiesa. La situazione del Perù è angosciosa. Ogni giorno ci chiediamo: a chi tocca oggi?». Salutando i parenti dice: «Addio, torno laggiù e mi uccideranno».
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