La via internazionale del sindaco Peyron
L'avvocato torinese guidò l'Amministrazione comunale negli Anni Cinquanta. lanciando la città nel grande processo di integrazione europea
Ricorre quest'anno il cinquantesimo anniversario della morte dell’avvocato Amedeo Peyron (Torino, 5 novembre 1903 – 22 luglio 1965), sindaco di Torino dal 1951 al 1962, esponente di spicco del laicato cattolico e della Democrazia Cristiana e – fra i primi – infaticabile fautore della vocazione europea di Torino. L’Europa fu un punto fermo, un ideale sempre presente nella sua azione politica, come hanno testimoniato alcune iniziative culturali promosse negli ultimi anni dal Centro Culturale Frassati, dallo Iuse, da Aiccre e dal Cesi.
Laureato in Giurisprudenza a Torino ed in Diritto canonico a Roma, esercitò la professione forense; eletto in Consiglio comunale per la DC, divenne Sindaco il 16 luglio 1951 in una città segnata ancora dalle conseguenze della guerra. Rieletto nel 1956 (con oltre 65 mila preferenze personali), fu confermato nel 1960, lasciando l’incarico di sindaco nel febbraio del 1962 (pur rimanendo in Consiglio comunale) alla conclusione delle celebrazioni di Italia 61 da lui fortemente volute e guidate. Iscritto all’Azione Cattolica, fu Gentiluomo d’onore del cardinal Fossati dal 1933 al 1951.
Tralasciando le sue numerose realizzazioni come Sindaco (dal Teatro Regio all’Aeroporto di Caselle, alla Gam all’Ospedale Martini nuovo, dalla Biblioteca Civica al Traforo del Gran San Bernardo, moltissime scuole…) in un periodo in cui Torino passava da 700 mila abitanti ad 1 milione 100 mila, ci soffermiamo qui sul contributo di Peyron alla causa europea.
Nel solco dell’impegno di grandi statisti cattolici come De Gasperi, Schuman, Adenauer (con cui intrattenne anche relazioni di amicizia) per Peyron l’Europa rappresentava un ideale di convivenza da realizzare a partire «dal basso», facendo leva sulla comunanza di ideali dei cittadini europei (molti dei quali accomunati anche dalla tradizione cristiana) e lavorando fra istituzioni locali (a partire dai comuni) dove riteneva essere più facile costruire una struttura giuridica comunitaria.
In questo senso Peyron si mosse nell'attività di rappresentanza «esterna» di Torino: convinto «federalista», egli era persuaso che la rinascita di Torino fosse legata con il rapporto con i paesi europei - ad iniziare dai rapporti transfrontalieri - e che il futuro delle città dipendesse in larga misura dalla creazione di uno spazio comune di ideali e di iniziative europee.
Dopo averne favorito la nascita, Peyron assunse la presidenza della Comunità europea di Credito Comunale (dal 1956 fino alla morte) trasferendone la sede da Ginevra a Torino (in Palazzo Reale) e facendone un motore importante dello sviluppo armonico delle autonomie locali come fattori attivi di un effettivo federalismo europeo.
Fu vicepresidente del Consiglio dei Comuni d'Europa e presidente della sezione italiana dello stesso, nonché della Conferenza europea dei Poteri Locali, cariche che conserverà anche negli anni successivi alle dimissioni da sindaco.
In questo ambito va segnalata la collaborazione fra Peyron e la sua giunta alle iniziative federaliste di Adriano Olivetti, Altiero Spinelli e di Umberto Serafini fin dal 1952, superando anche la perplessità di alcuni esponenti dell’opposizione e della stessa DC, oltre all’iniziativa di costituire l’Istituto Universitario di Studi Europei.
Di rilievo, nell’ambito delle attività intraprese per favorire l’apertura europea di Torino va segnalato senz’altro il gemellaggio della nostra Città con quelle di Colonia, Rotterdam, Liegi, Lille, Etsch, solennemente siglato da Peyron a Torino il 3 luglio 1958, pochi mesi dopo gli accordi stipulati con la capitale della Savoia, Chambéry.
Va ricordato, infine, che il 18 ottobre 1961, per specifico intervento del sindaco Peyron, i plenipotenziari dei paesi aderenti al Consiglio d’Europa firmarono solennemente a Torino, in Palazzo Madama, la «Carta Sociale Europea», espressamente richiamata dal Trattato di Maastricht (ed oggi menzionata dal Trattato di Nizza), sui diritti sociali inseriti tra i principi fondamentali dell’Unione Europea.
L’Europa di Peyron è stata l’Europa delle culture, della tradizione, della fede, dei «corpi intermedi» e della buona amministrazione (senza demagogie o illusioni utopiche), realtà di cui anche oggi è bene non dimenticarsi.
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