ANALISI
Dopo Grillo il non voto sconfigge Renzi
Amministrative secondo turno - balzo in avanti del Centro-destra. Ma il primo vincitore è l'astensionismo
Matteo Renzi come Beppe Grillo: «fermato» nella sua corsa al voto amministrativo che ha visto la rinascita della coalizione del centro-destra, vittoriosa in 16 capoluoghi su 25, in un quadro istituzionale preoccupante per le dimensioni drammatiche dell’astensionismo: il 54% degli elettori non è andato alle urne.
Il non-voto condiziona il giudizio generale sulla consultazione, anche perché alle politiche si è registrata sinora una partecipazione non inferiore al 70%. Questo aggrava il «flop» di Grillo e Renzi, con pochi elettori, e lascia incertezza sullo stesso successo del centro-destra, perché a livello nazionale Berlusconi e Salvini sono su sponde opposte: con l’Europa Forza Italia (il presidente del Parlamento europeo on. Tajani è un «azzurro»), contro Bruxelles la Lega, alleata con Marine Le Pen.
Le amministrative e i più recenti sondaggi rendono sempre più inquietante la scadenza delle prossime «politiche»: un Parlamento senza maggioranza per la frammentazione politica ed il previsto ritorno al sistema elettorale proporzionale. Rischiamo, nella prossima primavera, una situazione «spagnola», divenendo il «malato» politico dell’Ue.
Il centro-sinistra paga la rottura tra Renzi e Bersani, ma i due leader continuano come «fratelli-coltelli», dimenticando il dovere della governabilità; Renzi non vuole «aperture» a sinistra, ove intanto l’ex sindaco di Milano, Pisapia, sta preparando una lista alternativa, cui i sondaggi attribuiscono un valore possibile del 10% (con la riduzione del Pd al 25%); avremmo una «guerra fratricida», come in Francia, a favore del centro-destra; come ha scritto Marcello Sorgi su «La Stampa», sarebbe la fine politica della stagione del centro-sinistra.
Ma Renzi non ha alternative neppure nell’ipotesi di un’intesa post-elettorale con Berlusconi, valutato intorno al 15%.
Prima di una nuova sconfitta, dopo il referendum e le amministrative, il Pd (e non solo Renzi) dovrebbero criticamente analizzare le prospettive politiche della prossima legislatura, avendo a cuore il «bene comune», prima degli interessi personali di leadership, non abbandonando il buon lavoro del Cireneo Gentiloni, che potrebbe essere un punto di incontro fra Renzi e Pisapia.
Il centro-destra, per governare Roma, dovrebbe risolvere i contrasti politici seri tra Forza Italia e Lega, ma, nel contempo, dovrebbe dare una dimensione solida al risultato amministrativo, perché i sondaggi attuali lo inchiodano ad un insufficiente 33% (Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia; lo stesso Berlusconi è dubbioso su un’alleanza politica con Salvini; due soli esempi: il diverso giudizio sul decreto governativo salva-banche e l’opposizione radicale della Lega allo Ius soli.
Il M5S, valutato al 28%, ribadisce la sua non alleanza con alcuna forza politica e, quindi, si candida inevitabilmente ad una nuova stagione di opposizione; non giovano le discusse esperienze di Roma e Torino e le incertezze programmatiche: sullo Ius soli Grillo ha sposato la linea della Lega, ma con forti polemiche interne al gruppo parlamentare; è inoltre criticata la versione «monocratica» dello stesso Grillo sull’intero movimento.
L’opinione pubblica (ed anche i grandi media) appare delusa dalla politica, troppo personalizzata; anche il principale sostenitore del Pd, il gruppo editoriale l’Espresso-la Repubblica, ha preso le distanze dalla segreteria Renzi, mentre il «Corriere della Sera» insiste sui limiti della guida Grillo del M5S e sulle grandi divergenze Berlusconi-Salvini.
Le forze politiche, anziché pensare al proprio «orticello», dovrebbero confrontarsi su un disegno di società per i prossimi cinque anni, privilegiando ciò che unisce da ciò che divide e non lasciando quindi al Presidente Mattarella il compito impossibile di compiere «un miracolo politico». Ci sono pochi mesi per cambiare strada, prima di elezioni nel vuoto.
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