Aspettando Godot, l'Europa oggi

Ancora un anno di attesa per l'Unione Europea nel 2017?

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Aspettando Godot, l'Europa oggi

 

Per chi fosse superstizioso almeno una cosa è rassicurante: il 2017 non è un anno bisestile, come quello appena terminato. Potrebbe valere anche per l’Europa, ma è l’unica fragile rassicurazione che si può dare per l’anno che viene. Tutto il resto appartiene al registro dei miracoli, che possono però capitare quando meno te li aspetti. Speriamo.

Intanto però l’anno è cominciato male con il tragico attentato della notte di Capodanno a Istanbul, un corridoio che unisce l’Unione Europea alla Turchia, un Paese con il quale è in corso una problematica trattativa in vista di un’improbabile adesione e con il quale è stato sottoscritto un accordo leonino per frenare flussi migratori verso l’Europa. Senza dimenticare che la Turchia è un membro importante della NATO, ultimamente tentato da giri di valzer con la Russia che imbarazzano non poco gli alleati e, tra questi, l’UE e la sua assente politica di sicurezza e di difesa.

Ma già al netto dell’ultimo attentato terroristico, l’Unione Europea arriva sfiatata in questa apertura di nuovo anno. La sua irrilevanza nel mondo non fa che accentuarsi: basta pensare la sua assenza dalla scena mediorientale, che si tratti del conflitto siriano e di quello israelo-palestinese o della futura politica atlantica di sicurezza (come risulta chiaramente dall’articolo in questa stessa pagina).

Per l’UE non va molto meglio tra le sue mura di casa, e non solo per i molti muri che le sono cresciuti dentro, ma per i molti gravi problemi irrisolti che alimentano ondate crescenti di nazional-populismo e di euroscetticismo, con l’immancabile corteo di pratiche xenofobe.

La crescita progredisce stentatamente e in misura diseguale nei diversi Paesi UE, la disoccupazione nell’eurozona resta sulle due cifre percentuali, la povertà minaccia una persona su quattro nella ricca Europa, a testimonianza di quanto le diseguaglianze, sociali e territoriali, siano protagoniste anche in quella che chiamavamo “Comunità europea”.

Dopo anni di austerità imposta in nome del risanamento dei conti pubblici, assistiamo a loro ripetuti sforamenti e scopriamo che risorse importanti andranno a sostenere banche di prima grandezza – e non solo in Italia – che rischiano di schiantarsi e provocare disastri sistemici.

Lo scorso anno l’UE ha perso con Brexit un pezzo “pregiato” ma anche ingombrante, il Regno Unito, che continuerà ancora a lungo a ingombrare la scena istituzionale e politica dell’UE. Salvo ripensamenti del governo di Sua Maestà, partirà solo a marzo la procedura di divorzio e nessuno si arrischia più a dire se, come e quando si concluderà. Si tratta di un fattore di grande incertezza che fornirà alibi a chi o non sa che cosa fare o non osa mettere le carte sul tavolo.

Per completare il quadro, saranno almeno tre le elezioni importanti che terranno Bruxelles col fiato sospeso: in primavera in Olanda e in Francia e in autunno in Germania. A questi tre Paesi fondatori della prima Comunità potrebbero aggiungersene un quarto, l’Italia, con il suo governo appeso a un filo.

Tutto questo accade per l’anno per il quale a Bratislava, a luglio scorso, il Consiglio europeo aveva previsto nella sua riunione del prossimo 25 marzo, a sessant’anni dalla firma del Trattato di Roma, di puntare al rilancio dell’UE, con un particolare impegno annunciato dall’allora Premier Matteo Renzi. E’ improbabile che questo possa verificarsi all’indomani del probabile successo dei nazional-populisti olandesi e alla vigilia delle elezioni in una Francia ancora sempre soggiogata dal mito della sovranità nazionale. Ma, più di tutto questo, incombe sul futuro dell’UE l’esito della consultazione elettorale tedesca, con Angela Merkel confrontata a una campagna difficile e insidiata da movimenti nazionalisti di destra in vistosa crescita, grazie anche alla spregiudicatezza con cui cavalcano i recenti episodi di terrorismo.

Per l’Italia il 2017 avrebbe potuto essere l’anno delle occasioni, non solo per la celebrazione in Campidoglio dei sessant’anni del Trattato di Roma, ma anche grazie alla Presidenza UE della vicina Malta, preoccupata come noi per i flussi di migranti nel Mediterraneo, al turno di presenza nel Consiglio di Sicurezza ONU e alla presidenza del G7 che si riunirà a Taormina nel maggio prossimo. Difficile che con tutti i problemi di questa incerta fine legislatura l’Italia possa ricavarne molti vantaggi.

Per l’Europa rischia ancora di essere l’ennesimo anno di attesa, continuando ad “aspettare Godot”. Che, come nel dramma di Beckett, non arriva mai.

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