Che aria respiriamo?
Il monitoraggio dell'inquinamento è iniziato cinquant'anni fa e consente di ragionare sul futuro
Il cielo sopra Torino non sta benissimo, ma è ben sorvegliato. Con le prime centraline di controllo della qualità dell’aria installate a metà anni Settanta, Torino ha una delle serie storiche di dati relative agli inquinanti dell’atmosfera più antiche d’Europa. Numeri sporadici e casuali nel corso di un anno solare servirebbero a poco. I dati sono interessanti se raccolti in continuo, 365 giorni l’anno, per confrontare i momenti «peggiori» con l’andamento giorno per giorno, e con rilevazioni in parallelo fra le aree che si presumono a rischio inquinamento e quelle che si presumono fuori percolo.
«Dalla prima piccola stazione di monitoraggio sistemata a pochi passi dal santuario della Consolata, in centro a Torino, che risale alla fine degli anni Sessanta», spiega Francesco Lollobrigida, chimico, responsabile per l’ARPA Piemonte dei controlli della qualità dell’aria dell’Area Metropolitana, «oggi abbiamo 22 stazioni automatiche su tutto il territorio: dal centro città alle periferie, dalle zone industriali all’aperta campagna. Abbiamo anche una postazione a Ceresole per un raffronto con l’aria di montagna e per capire come le correnti spostano altrove le sostanze che hanno origine dalle attività dell’uomo».
Negli anni Cinquanta i controlli erano affidati al Sistema sanitario nazionale, tramite le ASL di territorio. Poi tutto è confluito nelle ARPA, enti regionali sorti a metà anni Novanta (il Piemonte è stato tra i primissimi a istituirla, nell’aprile 1995, insieme a Liguria, Emilia Romagna e Toscana), che si sono via via specializzati nel monitoraggio ambientale, inserendo di volta in volta controlli più specifici.
«I nostri apparecchi si sono da un lato affinati rispetto alle capacità di analisi», aggiunge Lollobrigida, «dall’altro abbiamo costantemente aggiunto strumenti per indagare nuovi inquinanti. Cinquant’anni fa si tenevano sotto controllo in particolare il biossido di zolfo (derivante dalla combustione di carbone e gasolio soprattutto) e il monossido di carbonio (anch’esso derivante dalla combustione di carbone e combustibili fossili, ma pure dal legno). Oggi sorvegliamo il benzene, gli ossidi di azoto, il particolato (PM10 e PM2,5), gli idrocarburi policiclici aromatici, l’ozono d’estate, i metalli pesanti come arsenico, nichel, cadmio…».
Un compito delicato e complesso, direttamente governato dalle normative europee che in tema di controllo degli inquinanti hanno fornito omogeneità, da Dublino ad Atene, su come tutelare la salute dei cittadini e la qualità dell’ambiente. Spetta poi agli amministratori locali e nazionali prendere provvedimenti e stabilire strategie di intervento in extremis o su lungo periodo (e in Italia le prime vanno per la maggiore…).
In 40 anni a Torino la qualità dell’aria è sempre quella di una città densamente abitata e industriale. Non è migliorata o peggiorata, è via via cambiata. Le auto in circolazione sono aumentate vertiginosamente; ma la benzina verde, il gasolio con meno zolfo e la capacità dei motori di produrre meno emissioni o trattenerle meglio hanno compensato le minori emissioni, ma più gravose, di un tempo. Le auto restano troppe e se le famiglie rinunciassero alla seconda o terza auto in favore del car-sharing o della bicicletta il vantaggio sarebbe più evidente. Il metano ha permesso di sostituire prima il carbone e poi il gasolio per il riscaldamento delle case. Ma il disinvolto ricorso alle piccole caldaie ha in parte vanificato i vantaggi di un combustibile meno impattante come il gas naturale.
Sulle questioni ambientali non c’è «LA» soluzione, la ricetta panacea che risolve tutti i guai. È sempre un mix di soluzioni che vanno accompagnate da una più raffinata cultura individuale o di categoria. Se state per comprare casa, ad esempio, sappiate che «termoautonomo» è una parolaccia dal punto di vista ambientale: una buona caldaia condominiale con valvole termostatiche ai singoli radiatori è enormemente meglio: ottimizza il combustibile e le emissioni sono più controllate. Ancora più ecologico il teleriscaldamento, su cui Torino è stata lungimirante (e la centrale IREN di Torino nord è tra le migliori al mondo per il controllo dei fumi).
Le soluzioni prese sull’onda dell’emergenza sono come un pannicello di acqua ghiacciata sulla fronte di un malato di polmonite. Occorre pensare in modo strutturale, imparare ad ascoltare i tecnici e non spaventarsi nell’intraprendere strade inizialmente impopolari. Negli anni Settanta si andava in auto a fare shopping in via Garibaldi. Oggi è pedonalizzata e nessuno la rimpiange. Ma questi sono ragionamenti da politici di razza. Come si proporranno sui tema ambientali i candidati a sindaco di Torino?
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