Mons. Cesare Nosiglia: «Due "madri", e una sentenza che non aiuta»
La dichiarazione dell'Arcivescovo di Torino sul pronunciamento della Corte d'Appello di Torino che ha stabilito, che i diritti "genitoriali" su un bambino vanno affidati alla pari alle sue due "mamme"
“Due "madri", è una sentenza che non aiuta”. Mons. Cesare Nosiglia esprime alcune considerazioni in merito al recente pronunciamento della Corte d'Appello di Torino che ha stabilito, che i diritti "genitoriali" su un bambino vanno affidati alla pari alle sue due "mamme", la coppia omosessuale che aveva avuto il figlio grazie all'inseminazione eterologa. Le due donne, che poi hanno divorziato, si erano rivolte al Tribunale di Torino per la trascrizione dell'atto di nascita del bambino. Le due "mamme" sono una cittadina spagnola e una italiana.
Senza entrare nel merito delle decisioni della Magistratura l’Arcivescovo sottolinea che “se è vero che l' "interesse primario" da tutelare è quello del minore, non si può non notare come certe situazioni "limite" creino dei veri paradossi, giuridici ed esistenziali. Non si tratta - prosegue in una nota – di appassionarsi alla problematica legislativa, ma di constatare come l'espansione senza fine di certi "diritti soggettivi" porti a situazioni di grande confusione (giuridica e non solo), con il rischio che a pagarne le conseguenze siano prima di tutto proprio quei "minori" che si intende tutelare”. Evidenzia poi che se da un lato è importante che “la Magistratura italiana, nei due gradi di giudizio, abbia comunque sottolineato l'attenzione prioritaria alla tutela della persona più debole”, rimane un ma.
“La crescita di questo bambino – scrive - avverrà comunque in una situazione dove si incrociano diverse, obiettive difficoltà, legate in particolare all'assenza di un vero contesto familiare. È augurabile che l'affidamento congiunto alle due "mamme" stimoli il reciproco senso di responsabilità degli adulti in questione; ma non si può non rilevare che proprio il merito della vicenda giudiziaria si caratterizza per le "assenze" di vari presupposti: l'assenza di figure materne e paterne chiare, riconoscibili e "presenti"; l'assenza di un contesto sociale, culturale e normativo che metta in esplicito collegamento i diritti degli «individui» con i doveri dei genitori e dei cittadini”.
Conclude la nota esprimendo l’augurio che: “Al di là della propaganda ideologica o politica, che cerca subito di tirare dalla propria parte la sentenza, ci auguriamo che nel buon senso della gente comune prevalga sempre il detto "di mamma ce n'è una sola"; e nessuna dichiarazione, anche trascritta nei registri come "madre A" e "madre B" potrà mai sostituire questa realtà nel cuore di un figlio”.
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