"Difendiamo i nostri figli", il Comitato torinese chiede più onestà sui gender
Polemiche sulla Giornata di Rivoli, molto rumore sulle discriminazioni "di genere" (1% del totale), "perché nessuno parla mai delle discriminazioni razziali (60%) o religiose (18%)?"
Le discriminazioni sociali sono molte, non esiste solo quella che colpisce la diversità "di genere", percentualmente molto contenuta. Su 100 episodi di discriminazione registrati dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri (Osservatorio Oscad) solo l'1% esprime attacchi all'identità di genere, il 13,5% colpisce l'orientamento sessuale, mentre ben il 60% riguarda l'etnia e il 18% l'orientamento religioso. E allora perché la discriminazione razziale e quella religiosa non fanno notizia? Perché i mass media si concentrano così tanto sulle discrimanazioni "di genere"? Se lo domanda il Comitato torinese "Difendiamo i nostri figli", che a margine della "Giornata in ricordo delle vittime della transfobia" di Rivoli (17 novembre) fa notare una sproporzionata amplificazione mediatica dei temi gender rispetto ad altre gravi problematiche sociali, poco o niente amplificate. "Pur essendo odioso anche un singolo caso di violenza per questioni di identità sessuale, i numeri mostrano che stiamo parlando di una non-emergenza", almeno rispetto ad altri problemi pressanti. Il Comitato chiede più serietà e chiarezza nelle campagne di comunicazione, appuntandosi tra l'altro sul fatto che la Giornata di Rivoli abbia visto la partecipazione di un relatore indicato come prete cattolico, pur essendo da tempo sospeso dal ministero sacerdotale: un'altra mancanza di chiarezza, "non si dovrebbe abusare della nuova fede degli ascoltatori inducendo a confondere le idee di questo relatore con quelle della Chiesa Cattolica".
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