Azione Cattolica Torino, invito ai parroci
Intervista al presidente Massaia - il 10 settembre presentazione del programma diocesano 2017-2018, la corresponsabilità dei laici nella Chiesa locale
Incontrando l’Azione Cattolica Italiana per le celebrazioni del 150° anniversario di fondazione (30 aprile) Papa Francesco ha ricordato ai laici di AC il loro impegno più caratteristico: «stare nelle parrocchie». Non perché l’associazione viva solo all’ombra del campanile (al contrario: anima il mondo del lavoro, della scuola, della cultura), ma perché in parrocchia – a fianco del parroco, del vescovo – l’Azione Cattolica esprime con particolare chiarezza la sua ragione di esistere: l’esercizio della corresponsabilità nella Chiesa locale. «Ci sono sacerdoti che guardano con qualche apprensione all’impegno dei fedeli in forma associativa – riflette il presidente diocesano di Torino Matteo Massaia – eppure il fatto di avere un gruppo organizzato in parrocchia, capace di garantire presenza continuativa, è una risorsa che può aiutare molto. Tutti i sacerdoti, in fondo, vorrebbero poter contare su una comunità organizzata, coordinata con il parroco ma capace di camminare sulle proprie gambe. Ecco, l’Azione Cattolica è proprio questo, una risorsa «interna» alle comunità, che però la può aiutare ad uscire da se stessa, ad essere casa tra le case…».
Matteo Massaia, 34 anni, avvocato, è presidente diocesano dallo scorso mese di gennaio. Viene dalla parrocchia torinese Beata Vergine delle Grazie (Crocetta), dov’è stato catechista e educatore nei gruppi del dopo cresima. Al centro del proprio mandato triennale (2017-2020), anche raccogliendo il dibattito in corso per il riassetto della diocesi (calo delle presenze sacerdotali, accorpamento di alcune parrocchie, decollo delle Unità pastorali) ha posto proprio il servizio alle parrocchie: «questo significherà – ci spiega – moltiplicare le occasioni di incontro fra le equipe diocesane dell’Azione Cattolica e le comunità, i loro pastori, per valutare insieme se e come l’Azione Cattolica possa rispondere ai bisogni concreti della vita parrocchiale, nel tempo che stiamo vivendo. Abbiamo recentemente tenuto a Villa Lascaris di Pianezza un incontro con 40 preti interessati ad approfondire l’argomento; invitiamo tutti a un incontro di presentazione del programma annuale dell’associazione il prossimo 10 settembre alle 18.30 in corso Matteotti 11. Ci piacerebbe incontrare i sacerdoti della diocesi anche durante l’Assemblea annuale dell’associazione nel gennaio 2018, dedicata al tema della «comunità»; offriremo in giugno un’occasione di riflessione particolare attorno alla figura di don Primo Mazzolari.
A quali bisogni della parrocchia risponde l’Azione Cattolica?
Innanzi tutto il bisogno di formazione. Il principale carisma dell’Azione Cattolica è la formazione dei fedeli laici, in tutte le età della vita. Esistono itinerari formativi per i bambini delle elementari e delle medie (catechesi Acr), delle scuole superiori (Giovanissimi) e della fascia d’età successiva (Giovani), degli Adulti fino alla terza età.
Cosa vuol dire, oggi, fare formazione?
Significa attrezzare ogni cristiano, nella sua condizione di vita e di età, a leggere la vita con gli occhi di Gesù, a scoprire la gioia che viene dal Vangelo e a fare della propria vita un capolavoro, secondo le celebri parole di Giovanni Paolo II. Sembrano cose ovvie, invece sono dirompenti in una società come la nostra, fortemente secolarizzata e in difficoltà a indicare orizzonti alti. Nel caso dei ragazzi e dei giovani, il percorso di formazione passa soprattutto attraverso le dinamiche di gruppo, il crescere insieme, la condivisione. Nel caso degli adulti, è centrale la dimensione del discernimento, l’educazione della coscienza: siamo al cuore del magistero di Papa Francesco, che nell’enciclica Amoris Letizia ha dichiarato con chiarezza – anche a costo di suscitare sconcerto – la centralità della coscienza. Di fronte alle sfide della modernità il Papa chiede discernimento, capacità di approfondire le questioni, di evitare le semplificazioni. Chiede, appunto, formazione.
Come si presentano gli itinerari formativi dell’Azione Cattolica?
Sono sussidi ideati anno per anno in funzione dei programmi della Chiesa Italiana. Muovono dalla dimensione nazionale, recepiscono i programmi della Chiesa torinese, sono adattabili ai programmi e allo stile particolare di ciascuna parrocchia. Strutturano un percorso formativo, offrono molti spunti per le attività, tecniche di animazione, approfondimenti. Mettono a disposizione un metodo di lavoro, che non sempre le parrocchie hanno modo di ideare autonomamente.
Come si apprendono le metodologie?
I sussidi, di per sé, sono pubblicazioni facili, direttamente applicabili. Per gli educatori e i catechisti che lo desiderano esistono poi anche corsi o campi estivi di formazione: esperienze che danno la carica, trasmettono idee, insegnano a progettare, «restituiscono» gli educatori alle loro parrocchie sempre carichi di entusiasmo. È bene peraltro ricordare che l'Azione Cattolica non «è» un metodo, ma «ha» un metodo, che si può vivere e condividere proprio attraverso la vita nell'associazione.
I corsi per educatori sono diocesani?
Solitamente sì, ma si può pensare anche a iniziative locali, per esempio a livello di Unità Pastorale, sull’esempio di alcune belle esperienze inter-parrocchiali già in corso.
Quali?
Solitamente le associazioni di Azione Cattolica sono organizzate come gruppi parrocchiali. In diocesi di Torino esistono 30 associazioni parrocchiali, ma a San Mauro Torinese opera da un decennio anche un’associazione di Unità Pastorale, esperienza nuova, che forse in futuro vedremo replicarsi in altre zone della Diocesi. Le iniziative che superano i confini della parrocchia hanno il pregio di far gustare il respiro ampio della Chiesa, quello dell’Unità pastorale ma soprattutto quello diocesano attorno al Vescovo. La collaborazione fra l’associazione e gli uffici della Diocesi è intensa e costante.
Dopo i campi di formazione estiva per futuri educatori, nei quali tanti giovani di parrocchie diverse si incontrano e imparano a conoscersi, restano in eredità relazioni di amicizia importante, contatti fra parrocchie, rapporti di collaborazione con il Centro Diocesano di Azione Cattolica (corso Matteotti 11, tel. 0115623285) che potrà continuare ad affiancare i gruppi parrocchiali, se ritenuto utile, anche durante l’anno.
Al di là della formazione degli educatori, l’Azione Cattolica diocesana propone campi estivi per tutte le fasce d’età nelle case alpine i Mompellato, Cesana e Claviere: quest’estate si sono tenuti 5 campi Acr, 3 per Giovanissimi, 1 per Adulti. Sono offerti a tutte le parrocchie, indipendentemente dall’adesione associativa: quest’anno vi hanno partecipato 430 ragazzi e giovanissimi. Durante l'anno ci sono poi gli esercizi spirituali, i ritiri nei tempi liturgici forti e altre iniziative diocesane che possono aiutare a vivere una dimensione di Chiesa più ampia di quella della propria parrocchia.
Quali altri bisogni può soddisfare l’associazione?
L’Arcivescovo Nosiglia ci ha indicato 3 compiti: la formazione, di cui ho detto; la comunione ecclesiale e la missione. Rispetto alla comunione ecclesiale credo che la vita associativa – nella sua dimensione parrocchiale, diocesana e nazionale – educhi molto al senso della Chiesa. È un fatto importante, a mio giudizio, se pensiamo che Papa Francesco sta chiedendoci proprio di riflettere sulla Chiesa: ci sta chiedendo di dar vita a una Chiesa più convintamente missionaria, in uscita, calata nella vita concreta degli uomini.
Sono le indicazioni di Evangelii Gaudium.
Esattamente. Non è un caso che nei programmi dell’associazione, anche quest’anno, ci sia l’approfondimento di Evangelii Gaudium. Dopo la grande stagione del Concilio Vaticano II la Chiesa vide moltiplicarsi le iniziative di studio e di divulgazione dei contenuti conciliari; ecco, occorre qualcosa di simile per Evangelii Gaudium, bisogna creare occasioni a tutti i livelli per conoscere il documento, studiarlo, calarlo nelle comunità. Le linee guida dell’Azione Cattolica per il triennio 2017-2020 vanno in questa direzione.
In che senso?
L’icona evangelica del triennio («Vi precede in Galilea») è il messaggio che le donne del mattino di Pasqua furono incaricate di portare ai discepoli dispersi e impauriti dopo la morte di Gesù. L’appuntamento con il Risorto non è a Gerusalemme, ma in Galilea, là dove tutto è iniziato, cioè nella vita ordinaria delle persone: l’esperienza dell’incontro con Gesù si realizza nella vita concreta, camminando accanto agli uomini del nostro tempo. È un dato di fede da riscoprire e «custodire», come propone specificamente il cammino associativo di quest’anno. Ritornare in Galilea, per un’associazione come l’Azione Cattolica, significa insistere sul dato caratteristico della «popolarità», l’essere con tutti e per tutti; significa investire il più possibile nel dialogo e nel confronto con le diverse culture.
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