In Francia la destra si consolida

Sempre più forte la destra nel paese della Grandeur. Socialisti in declino, Hollande in difficoltà nonostante la sua opposizione alla Germania di Angela Merkel

Parole chiave: Francia (38), Destra (1), Elezioni (53)
In Francia la destra si consolida

Domenica 28 settembre si sono svolte le elezioni in Francia per il rinnovo di 179 membri su 348 al Senato: il rinnovo della metà della Camera Alta avvienre ogni tre anni a suffragio indiretto, votano cioè circa 87 mila grandi elettori, per la maggior parte costituiti da amministratori locali. I risultati, non ancora definitivi, mostrano che l’Union Pour un Mouvement Populaire (UMP) e i partiti minori di centrodestra hanno ottenuto 13 seggi  in più rispetto alla maggioranza assoluta (175 seggi). Inoltre, per la prima volta dalla sua fondazione avvenuta nel 1972, ha conquistato due seggi anche il partito di estrema destra di Marine Le Pen, il Front National: «Una vittoria storica», ha commentato la presidente di FN aggiungendo su Twitter che il suo partito è ora presente in tutte le assemblee.

Tutto era iniziato con il secondo turno, domenica 30 marzo, ha confermato e amplificato la tendenza che si era già manifestata nel primo turno (domenica 23 marzo): crollo del Ps, vittoria storica del partito di centro-destra Ump, boom del Fronte nazionale di Marine Le Pen. Senza dimenticare il record delle astensioni (quasi il 40 per cento) che la dice lunga sui sentimenti negativi che i francesi nutrono nei confronti della politica e della “casta” che l’incarna. Unica consolazione per i socialisti: Parigi resta a sinistra. Per la prima volta nella sue tormentata storia, la Ville Lumière ha un sindaco donna. Anne Hidalgo, 54 anni, ha sconfitto l’avversaria di destra Nathalie Kosciusko-Morizet (ex portavoce di Sarkozy) e subentra a Bertrand Delanoë, sindaco per dodici anni, di cui era il braccio destro.

Di fronte a una disfatta che non ha precedenti nella storia politica recente della Francia, il presidente della Repubblica François Hollande ha reagito senza perdere tempo. Ha “licenziato” l’impopolarissimo primo ministro Jean-Marc Ayrault e nominato al suo posto il giovane (52 anni) e popolarissimo Manuel Valls, fino a ieri ministro degli Interni. Diversi commentatori vedono in Valls una sorta di “Renzi transalpino”. Da quasi sconosciuto nel 2011, ha fatto una carriera-lampo scalando gradi e posizioni fino all’apice del ministero degli Interni. Quello che fino a ieri era il primo flic (primo poliziotto) della Francia, incarna la “destra della sinistra”, ossia l’ala più socialdemocratica e più “liberale” del Partito socialista. Molto apprezzato dai francesi (sia a destra che a sinistra, come indicano i sondaggi), è però inviso all’ala sinistra del Ps e agli alleati radicali della gauche, con i quali il suo predecessore aveva governato. Gli ecologisti hanno subito annunciato che non entreranno nel nuovo governo, e il leader del parti de la gauche Jean-Luc Melenchon ha immediatamente dichiarato la guerra al nuovo premier.

Un po’ sulla falsariga di Renzi in Italia, Valls si propone di tagliare drasticamente la spesa pubblica, di ridurre le tasse per i meno abbienti, di ridare potere d’acquisto ai cittadini, di aiutare le imprese (grazie ad agevolazioni fiscali e riduzione dei contributi) a ritrovare la competitività. Non poteva fare altro che nominare Valls alla guida del governo, il presidente Hollande, responsabile della linea politica che gli elettori hanno bocciato in massa. Appena ventidue mesi dopo l’elezione a Presidente della Repubblica, Hollande è alle corde (il suo indice di popolarità, rivelano i sondaggi, è sceso al 19 per cento, la cifra più bassa nella storia della V repubblica), e non aveva altra via d’uscita se non correre ai ripari sostituendo il premier Ayrault. Non è detto, però, che cambiare il primo ministro e rimpastare il governo sia sufficiente per raddrizzare la situazione: la maggioranza della gauche è profondamente divisa fra coloro che auspicano una radicale svolta a sinistra e coloro che vorrebbero invece accentuare l’orientamento socialdemocratico o social-liberale indicato da Hollande e incarnato da Valls. Sono in gioco i rapporti con l’Unione europea e la questione della permanenza della Francia nella zona euro.

Ségolène Royal, ex candidata alla presidenza della Repubblica ed ex compagna di Hollande, che dovrebbe entrare nel nuovo governo, ha commentato senza peli sulla lingua il tracollo del Ps. «E’ un avvertimento molto severo, una punizione durissima che va presa molto sul serio». Le elezioni amministrative erano considerate come un referendum su Hollande dopo i primi due anni di permanenza all’Eliseo, e sulla portata della sconfitta della gauche la cifre parlano chiaro. Dopo aver strappato alla destra 90 municipi nel 2008, i socialisti e i loro alleati ne hanno perso ora 155 fra i più grandi (oltre 9 mila abitanti). Dieci città con più di 100 mila abitanti sono passate da sinistra a destra, così come 40 Comuni fra i 30 mila e i 100 mila abitanti e 105 fra i 9 mila e i 30 mila. Sono crollati numerosi bastioni “storici” della sinistra, e un caso emblematico è quello cella città di Limoges, dal 1912 amministrata dalla sinistra e ora passata al centro-destra. I socialisti hanno anche perso Tolosa, Saint-Etienne, Reims, Quimper, Nevers, Dunkerque, Angers, Tours e Amiens. Mantengono invece, oltre a Parigi, Rennes, Brest, Metz, Lens, Strasburgo e conquistano Avignone.

Ha ottenuto un successo anche il centrista François Bayrou, già candidato (sfortunato) alla presidenza della Repubblica, che è riuscito a strappare alla sinistra la poltrona di sindaco della città di Pau. Da parte sua il movimento d’estrema destra guidato da Marine Le Pen, che ha presentato candidati solo in 600 Comuni su oltre 36 mila, ha conquistato quindici municipi, fra cui quelli di due centri importanti, Fréjus e Beziers. Da notare che i maggiori successi del Fronte nazionale si sono registrati nella Francia meridionale (dove il partito ha conquistato anche uno degli otto settori di Marsiglia). Nella Francia settentrionale, il Fronte ha conquistato un solo comune, quelle di Hénin-Beaumont, nel cuore del bacino minerario sinistrato dalla crisi. Marine Le Pen, ovviamente, esulta. «Nelle europee del prossimo maggio il Fronte nazionale arriverà in testa», ha dichiarato. La bionda leader dell’estrema destra non ha mancato di sottolineare che il suo partito arrivava dal 2008 con 60 consiglieri e assessori municipali, e ora ne conta più di 1.200.

Significative anche le cifre relative all’affluenza alle urne: domenica 30 marzo, l’astensione ha sfiorato il 40 per cento (esattamente il 38,6), senza però battere il record delle politiche del 2012 (astensioni: 42,77 per cento). Sono percentuali che la dicono lunga sulla sfiducia nei confronti della politica che dilaga in Francia. La disfatta della gauche è anzitutto la sconfitta di un uomo, il presidente Hollande, che paga a caro prezzo le esitazioni, le promesse non mantenute, i dietrofront di questi due anni. Gli elettori hanno espresso la loro esasperazione nei confronti di un presidente che non è riuscito né ad arginare la disoccupazione, né a rilanciare la crescita. Sotto accusa anche il premier Ayrault e il suo governo, giudicati “inetti” dalla maggioranza di francesi. I socialisti, i quali avevano perfettamente capito che aria tirava, si erano sforzati di limitare i danni ripetendo fino alla nausea, prima della consultazione, che si trattava di elezioni “locali” senza ripercussioni “nazionali”. Ma gli elettori hanno inflitto loro una cocente smentita, trasformando le amministrative in una consultazione nazionale, pro o contro Hollande, il governo, il Partito socialista.

Il vincitore delle elezioni amministrative è indubbiamente il partito Ump, che nonostante i recenti scandali nei quali sono stati coinvolti diversi suoi leader (a cominciare dall’ex presidente Sarkozy) ha ottenuto un notevole successo. Diversi suoi esponenti sono stati eletti sindaci già fin dal primo turno (fra loro il segretario generale dell’Ump Jean-Ftançois Copé, sindaco di Meaux, e l’ex primo ministro Alain Juppé, sindaco di Bordeaux). Altri hanno vinto i ballottaggi, come Jean-Claude Gaudin, 75 anni, eletto per la quarta volta sindaco di Marsiglia.

Il nuovo governo designato da Hollande non avrà vita facile, e forse incontrerà altre, più gravi difficoltà. Proprio in coincidenza con le elezioni amministrative sono stati resi noti i dati relativi alla disoccupazione (ancora in aumento) e quelli relativi al deficit per il 2013, ben superiore al tetto del 3 per cento del Pil fissato da Bruxelles, superiore anche alle previsioni del governo di Parigi, 4,3 invece del 4,1. Prima delle elezioni, il governo aveva fatto balenare la speranza di un piccola riduzione delle imposte per i meno abbienti. Al tempo stesso si era impegnato a tagliare drasticamente la spesa pubblica, 50 miliardi di euro nei prossimi tre anni. Ma gli elettori hanno fatto chiaramente capire che non credono più alle promesse. La strada di Hollande, da qui alla fine del suo mandato (nel 2017) si profila tutta in salita.

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