Vita, giovani, famiglia e lavoro cardini della società le parole del cardinale Bagnasco
La prolusione del presidente della Cei Angelo Bagnasco al Consiglio permanente
«La legge sul fine vita è radicalmente individualista». L'utero in affitto «è colonialismo capitalistico». Con il gender «la sessualità è banalizzata». In Italia «la prima e assoluta urgenza resta il lavoro». A fronte della Brexit e dei populismi che infestano l’Italia e l’Europa «crediamo che l’Unione sia un percorso necessario». Ampio e articolato il ragionamento che il cardinale Angelo Bagnasco, arcivescovo di Genova e presidente della Conferenza episcopale italiana, svolge nella prolusione alla sessione primaverile (20-22 marzo 2017) del Consiglio permanente Cei.
DISOCCUPAZIONE E GIOVANI - Da molti anni la disoccupazione «taglia la carne viva di persone e famiglie, adulti e giovani. La gente urla questa sofferenza insopportabile. Sarebbe nefasto che la voce dei disoccupati e dei poveri arrivasse flebile e lontana». Bagnasco ripete che la famiglia è «il principale ammortizzatore sociale»; ricorda che «nel nostro splendido Meridione la disoccupazione giovanile arriva al 57 per cento mentre la media italiana è del 40». Ogni anno emigrano circa trentamila giovani. Eppure il 92 per cento dei giovani «dichiara il desiderio di farsi una famiglia e di avere due o più figli: è uno straordinario atto di fiducia, reso vano dalla mancanza di lavoro stabile».
SEMPRE PIÙ CULLE VUOTE - Il presidente Cei denuncia «la continua decrescita demografica», cosa che l’episcopato fa da oltre trent’anni. L’«inverno demografico» continua inesorabile: le 486.000 nascite del 2015 sono scese a 474.000 nel 2016. Quale politica per incoraggiare la natalità? «Sempre più siamo convinti che, oltre al lavoro, sia urgente incidere su una fiscalità più umana, e chiediamo di giungere al cosiddetto “fattore famiglia”». In sostanza «un fisco a misura di famiglia. Bagnasco prevede: «La bellezza e la necessità della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita, non verranno mai meno, anche se il pensiero unico denigra la famiglia e promuove altri tipi di unione».
LEGGE DI FINE VITA DA CAMBIARE – Scandisce il presidente: «La legge sul fine vita è lontana da un’impostazione personalistica ed è individualistica, adatta a un individuo che si interpreta a prescindere dalle relazioni, padrone assoluto di una vita che non si è dato. La vita è un bene originario e nessuno ha diritto di farsene padrone». L'impostazione personalista «ha ispirato leggi, costituzioni e carte internazionali e ha reso le società più vivibili, giuste e solidali». L’accanimento terapeutico è da escludere. La categoria «terapie proporzionate o sproporzionate» si presta alla discrezionalità e distingue tra intervento terapeutico e sostegno alle funzioni vitali: «Il medico è così ridotto a un funzionario notarile, che prende atto ed esegue, prescindendo dal giudizio in scienza e coscienza». In sostanza, «la morte non deve essere dilazionata tramite l’accanimento, ma neppure anticipata con l’eutanasia. Il malato va accompagnato con le cure, la vicinanza e l’amore».
IL DIRITTO A UN PAPÀ E A UNA MAMMA - Il presidente Cei ricorda «il diritto dei figli a essere allevati da papà e mamma, nella differenza dei generi che, come l’esperienza universale testimonia, completa l’identità fisica e psichica del bambino. Diversamente, si nega ai minori un diritto umano basilare, riconosciuto da sempre nella storia umana. Tale diritto non può essere schiacciato dagli adulti, neppure in nome dei propri desideri. Essere genitore è una cosa buona e naturale, ma non a qualunque condizione e a qualunque costo». E definisce «violenza discriminatoria» quella esercitata verso le donne con la pratica della maternità surrogata. È violata così la «Dichiarazione dei diritti del fanciullo»: redatta dalla Società delle nazioni nel 1924 in seguito alle devastazioni della prima guerra mondiale, è approvata dall’assemblea dell’Onu il 20 novembre 1959. La «Dichiarazione» recita: «Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre». Aggiunge Bagnasco: «Sono negati i diritti delle madri surrogate, che diventano madri nascoste e inesistenti, dopo essersi sottoposte a una nuova forma di colonialismo capitalistico: si commissiona un bambino, potendosi servire di “cataloghi” che indicano paesi, categorie di donne, opzioni e garanzie di riuscita del “prodotto” che – se non corrisponde – viene scartato». In alcuni Paesi europei «si trasmette la cultura del gender e si banalizza la sessualità ridotta a un vestito da cambiare a piacimento».
NO AI POPULISMI – Sull’immigrazione l’Unione Europea «deve uscire dai propri ambienti chiusi, e arrivare idealmente fino alle nostre coste; deve farsi più responsabile e meno giudicante. C’è ancora più bisogno d’Europa a condizione che l’Europa non diventi altro rispetto alle sue origini giudaico-cristiane, alla sua storia, alla sua identità, alle sue tradizioni e culture, ai suoi valori, alla sua missione. L’Unione non è fatta dai capi di Stato, ma dai popoli».
IL NUOVO PRESIDENTE DELLA CEI – Il cardinale accenna anche alle elezioni per il nuovo presidente dei vescovi. Bagnasco – che ha completato i due mandati quinquennali (2007-2012, 2012-2017) - elenca tre caratteristiche necessarie a ogni presidente: 1) Umiltà «che non si compiace ma rende capaci di ascoltare i confratelli, nel segno della stima e della fiducia, per tentare delle sintesi alte»; 2) Obbedienza «per accogliere le indicazioni del Papa, Primate d’Italia, e dei confratelli vescovi; 3) Discrezione. Merita ricordare che la Cei è l’unica Conferenza episcopale che non elegge il proprio presidente. Da sempre i vescovi italiani chiedevano di poter eleggere il loro capo, ma per statuto questa prerogativa era demandata al Papa. Di fronte alla disponibilità di Francesco a far eleggere il presidente dall’assemblea, la Cei ha preferito lasciare al Papa questa incombenza. Nell’assemblea del 22-25 maggio 2017 la Cei voterà tre nomi, tra i quali Francesco sceglierà il presidente.
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