Sarajevo pellegrino di riconciliazione "La Pace sia con voi"
Un giorno nella "Gerusalemme d'Europa", con Bergoglio un giorno storico in Bosnia a 17 anni dalla visita di San Giovanni Paolo II
«Sono andato a Sarajevo per incoraggiare il cammino di convivenza pacifica tra popolazioni diverse» spiega Papa Francesco ai fedeli in piazza San Pietro domenica 7 giugno. È rientrato nella tarda serata di sabato 6 giugno da Sarajevo, capitale della Bosnia Erzegovina: fra tanto male che c’è nel mondo, sottolinea gli aspetti positivi di una città per secoli luogo di convivenza tra popoli e religioni – in passato era «la Gerusalemmed’Occidente» - poi negli anni Novanta del secolo XX divenne «simbolo delle distruzioni della guerra». Oggi «è in corso un bel processo di riconciliazione. È un cammino faticoso e difficile ma possibile. E lo stanno facendo bene!». Ringrazia per l’accoglienza cattolici, ortodossi, musulmani, ebrei: «Ho apprezzato la collaborazione e la solidarietà, ho spronando tutti a portare avanti la ricostruzione spirituale e morale della società. Lavorano insieme come veri fratelli». Il viaggio di Francesco aveva per tema «Mir vama. La pace sia con voi» ed è stato il terzo viaggio papale dopo quelli di Giovanni Paolo II il 12-13 aprile 1997 a Sarajevo e il 22 giugno 2003 a Banja Luka.
I MARTIRI DI SARAJEVO - Grande commozione nella Cattedrale del Sacro Cuore, gravemente danneggiata dalla guerra e simbolo dell’assedio di Sarajevo. Incontra sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi, candidati e candidate alla vita religiosa. L’arcivescovo di Sarajevo, cardinale Vinko Puljić, ricorda che molti portano nelle carni le ferite della violenza e dell’intolleranza come don Zvonimir, fra’ Jozo e suor Ljubica. Raccontano lo strazio delle guerre balcaniche, «testimoni credibili» perché hanno perdonare gli aguzzini. Francesco abbraccia questi «tre martiri». Le sue lacrime si mescolano a quelle di don Zvonimir: per le percosse e i maltrattamenti è affetto da sclerosi multipla. Fra’ Jozo racconta che fu deportato dai poliziotti serbi in un campo di concentramento: fu salvato dall’aiuto di Dio «anche sotto forma di cibo di una donna musulmana». Suor Ljubica resistette ai miliziani che volevano convertirla.
LA MEMORIA DI UN POPOLO - Commenta Francesco: «Questa è la memoria del vostro popolo, dei vostri padri e madri nella fede. Un popolo che dimentica la sua memoria non ha futuro. Bisogna riprendere la memoria per fare pace. Nel vostro sangue e nella vostra vocazione c’è la vocazione e il sangue di questi tre martiri e di tanti preti, seminaristi e religiose perché un uomo o una donna che si consacra al Signore e non sa perdonare, non serve. Perdonare chi ti picchia, ti tortura, ti calpesta, ti minaccia con il fucile: questo è difficile. E loro lo hanno fatto».
«SIATE ARTIGIANI DI PACE IN UN CLIMA DI GUERRA» - Parla a una folla immensa, che si perde a vista d’occhio nello stadio Kosevo, gremito in ogni angolo: tra loro mutilati e feriti del conflitto. Qui si aprirono le Olimpiadi invernali del 1984, otto anni prima della guerra. A pochi metri di distanza una distesa di tombe bianche perché nella città assediata i morti venivano sepolti ovunque. «Anche nel nostro tempo l’aspirazione alla pace e l’impegno per costruirla si scontrano con il fatto che nel mondo sono in atto numerosi conflitti armati. È una sorta di terza guerra mondiale combattuta a pezzi». E c’è chi specula sulle guerre: sono i trafficanti di armi e di morte. «Guerra significa bambini, donne e anziani nei campi profughi; significa dislocamenti forzati; significa case, strade, fabbriche distrutte; significa tante vite spezzate. Oggi si leva ancora una volta da questa città il grido del popolo di Dio e di tutti gli uomini e le donne di buona volontà: mai più la guerra!». Si congeda dall’immensa folla invocando la grazia di «un cuore capace di lottare e lavorare per la giustizia, di essere misericordiosi, di operare per la pace, di seminare la pace».
PREGHIERA INTERCONFESSIONALE PERLA PCE- Al Centro internazionale studentesco francescano incontra i rappresentanti delle confessioni religiose che pregano: «Noi, discendenti di Abramo secondo la fede in Te, unico Dio, ebrei, cristiani e musulmani, umilmente siamo davanti a Te e con fiducia Ti preghiamo per questo Paese,la Bosniaed Erzegovina, affinché possano abitarvi in pace e armonia uomini e donne credenti di diverse religioni, nazioni e culture. Ti preghiamo, o Padre, perché ciò avvenga in tutti i Paesi del mondo». Proprio partendo da questa preghiera Francesco auspica che il dialogo interreligioso non si limiti ai responsabili delle comunità religiose ma si estenda «a tutti i credenti coinvolgendo le diverse sfere della società civile». Sarajevo,la BosniaErzegonia, i Balcani possono diventare un messaggio: «Attestare che è possibile vivere uno accanto all’altro, nella diversità ma nella comune umanità, costruendo insieme un futuro di pace e di fratellanza».
TUTTI I PAESI BALCANICI NELL’UNIONE EUROPEA- Davanti al presidente di turno, Mladen Ivanić, Papa Francesco sottolinea: «Sarajevo, dopo aver sofferto per i sanguinosi conflitti, torna a essere luogo di dialogo e pacifica convivenza». Aggiunge a braccio: «Sarajevo è passata dalla cultura della guerra a una cultura dell’incontro». Da secoli qui ci sono «comunità che professano religioni diverse e appartengono a diverse etnie e culture»: questo non ha impedito relazioni amichevoli e cordiali». Tutti i Paesi Balcanici, nati dalle macerie della ex-Jugoslavia, come sono entrati nel novero delle Nazioni Unite, devono entrare nell’Unione Europea. È falso affermare chela SantaSedee il Papa sostengono solo i Paesi cattolici. Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco chiedono il processo di unificazione europea si completi. Francesco lo disse il 21 settembre 2014 in Albania. Lo ripete in Bosnia Erzegovina: «È parte integrante dell’Europa; i suoi successi e i suoi drammi si inseriscono a pieno titolo nella storia dei successi e dei drammi europei e sono un serio monito a compiere ogni sforzo perché i processi di pace diventino sempre più solidi e irreversibili».La Santa Sede«si felicita» per il cammino fatto e «assicura» l’impegno nel promuovere collaborazione, dialogo e solidarietà.
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