Perché il Papa dà fastidio
Da tempo all'interno della Chiesa cattolica si fanno sentire reazioni di fastidio e di opposizione a papa Francesco. L'intervento di don Lucio Casto
Da tempo all'interno della Chiesa cattolica si fanno sentire reazioni di fastidio e di opposizione a papa Francesco: i suoi numerosi interventi moralizzatori e riformatori dentro e fuori il Vaticano, le sue parole forti e i suoi gesti profetici a favore dei poveri e degli oppressi, il suo coraggio nel percorrere vie di pace e di dialogo con le altre confessioni cristiane, con gli ebrei e con altre religioni, tutto questo scuote credenti e non credenti. Se papa Francesco riscuote mediamente plauso e apprezzamento fuori della Chiesa, all'interno gli animi sono divisi: molti cattolici sono favorevolmente sorpresi e stanno seguendo il papa sulla strada che egli sta indicando, ma certi settori minoritari del cattolicesimo, che non è sbagliato definire tradizionalisti, si stanno arroccando sempre più su posizioni di crescente perplessità, anzi di aperta opposizione.
In questo clima la pubblicazione dell'esortazione apostolica post-sinodale «Amoris laetitia» ha contribuito a rendere ancora più evidente e decisa la reazione di fastidio di certi settori della Chiesa verso il pontificato di Francesco. Ora si è aggiunta anche l'accusa di eresia.
Una posizione di perplessità e di dubbio nei confronti del cap. VIII della «Amoris laetitia» era stata espressa in una lettera al papa del 19 settembre 2016 da parte di quattro cardinali. Questi, dopo la decisione del papa di non rispondere per non innestare un'inutile polemica e anche perché un'attenta lettura del testo dell'esortazione contiene già le risposte, decidevano a novembre di consegnare alle agenzie di stampa la loro lettera, minacciando addirittura una «pubblica correzione del pontefice». Anche qualche altro vescovo prendeva posizione contro le aperture dell'esortazione, ma enormemente più numerosi erano gli episcopati che dichiaravano di riconoscersi nella «Amoris laetitia».
A distanza di un anno siamo ad un nuovo capitolo dell'opposizione al papa: si tratta della dichiarazione, firmata da 62 personalità del mondo cattolico tra cui però non c'è nessun vescovo in comunione con Roma, che nei giorni scorsi è apparsa in sei lingue su un sito web, nella quale si dice che papa Francesco in alcuni suoi interventi e nella «Amoris laetitia» avrebbe sostenuto 7 proposizioni false ed eretiche; ma subito si aggiunge che le eresie e gli errori dottrinali di papa Francesco sarebbero decisamente di più. La sfida si fa molto alta e non si teme di puntare l'indice contro un papa sospettato di eresia formale.
La cosa che colpisce subito è che i firmatari non temono di unire le loro firme a quella di noti esponenti del movimento lefebvriano non in comunione con il Romano Pontefice: viene allora da chiedersi veramente da che parte stia l'ortodossia delle posizioni!
Non entro nel merito delle accuse, ma rilevo che i firmatari della denuncia fanno un'operazione a dir poco scorretta, prendendo frasi staccate dal contesto e qualche volta distorcendone il senso. La cosa che più colpisce è il coraggio sfrontato di accusare nientemeno il papa di eresia. Secondo costoro la solenne promessa di Cristo di assistere la sua Chiesa, e in essa colui che è costituito quale roccia incrollabile della fede, perché le forze del male (quindi anche dell'errore) non prevalgano mai su di essa, sarebbe venuta meno: il Signore Gesù, contrariamente alle sue promesse solenni, avrebbe lasciato cadere in grave errore di eresia il papa stesso, successore di Pietro e continuatore del ministero petrino di essere garante della vera fede. La Sede di Roma non sarebbe più quella a cui tutte le Chiese guardano per essere confermate nell'autentica fede cattolica (cf. Lc 22,32). Chi afferma questo, si mette automaticamente fuori dalla Chiesa ed è lui l'eretico.
Ma chiediamoci: perché un'opposizione tanto accanita contro papa Francesco? Il movimento di opposizione nasce più a monte e la «Amoris laetitia» se non un pretesto, è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Questo vaso è l'insofferenza, anzi il sordo rifiuto di buona parte dei documenti del concilio Vaticano II, che in vario modo è cresciuto tra frange di cattolici che, in nome della cosiddetta tradizione perenne, non ammettono che la Chiesa sia condotta dallo Spirito Santo ad una sempre migliore comprensione della divina rivelazione e ad un aggiornamento delle forme in cui si esplica tale comprensione. Queste persone pensano che l'autentica Tradizione cattolica consista nel restare fermi a quella comprensione della rivelazione e a quelle forme espressive della fede e del culto che furono il patrimonio di un tempo, in questo caso la riforma tridentina. Secondo costoro, dopo quel tempo lo Spirito Santo non avrebbe più continuato a condurre la Chiesa ad un ulteriore approfondimento della divina rivelazione e le forme assunte allora dalla vita e dal culto cattolico non potrebbero più essere aggiornate: insomma, lo Spirito Santo sarebbe incapace di produrre qualcosa di meglio della riforma tridentina! Si dovrebbe chiedere alle voci critiche perché nel XVI secolo fu legittimo varare una riforma della Chiesa che in molti punti correggeva certe forme della Chiesa medievale, mentre la riforma operata dal Vaticano II sarebbe un allontanarsi dall'autentica Tradizione.
Ciò che veramente disturba la mente e il cuore di tali frange così critiche, tra le quali il primo posto hanno i lefebvriani, sono alcuni temi divenuti, o ritornati ad essere, patrimonio della Chiesa soprattutto grazie al Vaticano II: la libertà religiosa nel rispetto della coscienza individuale, la presenza di numerosi elementi di verità anche nelle confessioni cristiane non cattoliche e addirittura nelle altre religioni, l'esegesi della Sacra Scrittura che utilizza il metodo storico-critico e tiene conto dei diversi generi letterari usati dagli scrittori ispirati, l'affermazione del sacerdozio regale dei fedeli al cui solo servizio esiste il sacerdozio ministeriale, la possibilità e l'opportunità di una liturgia che parli maggiormente al cuore e alla mente dei fedeli e non rimanga ingessata in una lingua e in forme estranee alla sensibilità religiosa odierna, l'importanza della collegialità episcopale accanto e insieme al primato papale... Questi e altri temi sono patrimonio ormai comune, anche se sempre perfettibile, della Chiesa cattolica, irrorata dalla grazia dello Spirito Santo nel concilio Vaticano II.
C'è da pregare molto, perché come dicevano già gli antichi, nei momenti di crisi le armi della Chiesa sono la preghiera e la penitenza. Chi si oppone al concilio e al papa ha bisogno di luce per avere la grazia di comprendere le gravi contraddizioni in cui si dibatte. Ma la grazia della luce richiede dei cuori umili e sinceramente desiderosi della verità. Se umiltà e sincerità ci saranno in tutti, allora non mancherà di operare la grazia di Dio.
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