Quattro anni di Bergoglio, il Papa dalla fine del mondo

13 marzo 2013- 13 marzo 2017 come è cambiata la Chiesa quale l'impronta del nuovo pontefice

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Quattro anni di Bergoglio, il Papa dalla fine del mondo

«Perché sei diventato Papa?». «Perché ci sono i “colpevoli”. Uno dei colpevoli è questo (e indica il cardinale Agostino Vallini, vicario di Roma, e i bambini scoppiano a ridere, n.d.r.). Voi sapete come si fa il Papa?». «Nooooo».

«Si paga, per diventare Papa?». «Nooooo».

«Ma se uno paga tanto, tanto, tanto, alla fine lo fanno Papa?». «Nooooo».

«Si fa a sorteggio, il Papa?». «Nooooo».

«Non si fa a sorteggio. E come si fa? Chi sono quelli che eleggono il Papa? Pensate bene: chi sono?». «I cardinali».

«I cardinali. E don Agostino (Vallini n.d.r.) è il cardinale vicario di Roma: lui era tra quei 115 che erano riuniti per eleggere il Papa. Si riuniscono, parlano tra loro:  “Pensiamo a questo, pensiamo a questo, e questo ha questo vantaggio, questo ha l’altro vantaggio”. E ragionano, ma soprattutto – ed è la cosa più importante - si prega. Questa gente che è in clausura, non possono parlare con gente di fuori, da Casa Santa Marta vanno alla Cappella Sistina a eleggere il Papa. Parlano su ciò di cui ha bisogno la Chiesa: una personalità di questo profilo o di quell’altro. Tutti ragionamenti umani. E il Signore invia lo Spirito Santo che aiuta nell’elezione. Poi, ognuno dà il suo voto e si fanno i conti, e quello che ha i due terzi dei voti viene eletto Papa: è un processo fatto di molta preghiera. Non si paga, non ci sono amici potenti che spingono, no, no. Dunque, chi fa il Papa? No, la domanda è così: chi è la persona più importante in quel gruppo che fa il Papa? Pensateci bene».

(Un ragazzo): «Il Papa». «No, il Papa non è fatto ancora».

(Alcuni ragazzi): «Dio». «Dio, lo Spirito Santo, che tramite il voto fa il Papa. Poi, quello che viene eletto, forse non è il più intelligente, forse non è il più furbo, forse non è il più sbrigativo per fare le cose, ma è quello che Dio vuole per la Chiesa. Capito?».

«Sììììì». «Vi faccio una domanda: quelli che mi hanno fatto Papa a me, eravamo 115. Chi era il più intelligente?».

«Tuuuuu». «No».

(Alcuni altri): «Tutti». «No. Il più, il più…»

(Altri ancora): «Dio». «Dio. Dio è il 116°. Quello che viene eletto non necessariamente è il più intelligente. Ci sono più intelligenti di lui, ma Dio ha scelto quello. E come in tutte le cose della vita, il tempo passa, il Papa deve morire come tutti, o andare in pensione, come ha fatto il grande Papa Benedetto, perché non aveva buona salute, e arriverà un altro, che sarà diverso, forse più intelligente o meno, non si sa. Ma arriverà quest’altro eletto dai cardinali sotto la luce dello Spirito Santo. Avete capito? Alessandro, sei soddisfatto della risposta? Non ho detto una bugia? Grazie». 

                                                               ***

Il dialogo tra Papa Francesco e i ragazzi della parrocchia Santa Maria Josefa del Cuore di Gesù a Ponte di Nona a Roma, durante la visita di domenica 19 febbraio 2017, rivela molto della personalità e spiritualità di questo Papa argentino, con solide radici subalpine – i nonni astigiani, il papà nato e battezzato a Torino – eletto quattro anni fa, mercoledì 13 marzo 2013.   

Un Papa capace di parlare a tutti. Saluta: «Fratelli e sorelle, buonasera». Chiede a tutti i pregare per lui. Difende il suo predecessore. Molti lessero la rinuncia di Benedetto XVI come una resa e un segno di impotenza. E invece fu un atto di coraggio. Papa Ratzinger ha subìto in silenzio un’ingiusta «lapidazione». Si ricordano i suoi errori e si dimenticati i suoi meriti: la «tolleranza zero» verso i preti colpevoli di pedofilia; la prima pietra della trasparenza in economia; la «nuova evangelizzazione» in un Occidente disorientato e scristianizzato; la discesa dal trono.

Un Conclave brevissimo - dalle 17,33 del 12 marzo alle 19,06 del 13 – elegge un Papa sudamericano, gesuita, vocazione adulta, perito chimico. Scegliere Francesco, il nome del poverello di Assisi, indica una libertà incommensurabile e un coraggio formidabile. Rifiuta il Palazzo Apostolico, sceglie Casa Santa Marta, mangia in refettorio con i dipendenti vaticani, viaggia in utilitaria, si porta la borsa nera, esce per andare dall’ottico.

Con Francesco il papato si umanizza e si desacralizza, entra in sintonia e parla «alla» e «con» la gente, suscita entusiasmo e innesca conversioni. Il suo si qualifica come il «pontificato della misericordia» negli eventi scrutati dalla mondovisione e negli incontri più riservati con i detenuti, i tossicodipendenti, le vittime degli abusi del clero, le donne stuprate, i sacerdoti che hanno lasciato il ministero. Come motto sceglie la frase «Miserando atque eligendo», dalle «Omelie» di San Beda il Venerabile che, commentando l’episodio evangelico della vocazione di Matteo 9,9, scrive: «Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: “Seguimi”». Una traduzione possibile è «Lo guardò con sentimento di amore e lo scelse» o ancora «Con occhi di misericordia».

Nell’esortazione apostolica «Evangelii gaudium» (2013) la parola «misericordia» appare ben 31 volte: «Il nome di Dio è misericordia». Indice il Giubileo straordinario 2015-16 che ha al centro la misericordia di Dio: «Siate misericordiosi come il Padre» (Luca 6,36) perché «la Chiesa e il mondo hanno tanto bisogno di misericordia». Declina la misericordia nelle situazioni in cui vive l’uomo, come nel matrimonio e nella famiglia. Dice alla chiusura del Sinodo sulla famiglia 2015: «I veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono. Ciò non significa diminuire l’importanza dei comandamenti divini, ma esaltare la grandezza di Dio, che non ci tratta secondo i nostri meriti e nostre opere ma secondo la sua misericordia».

Francesco vuole una Chiesa libera dal peccato, povera «per» e «con» i poveri, che annuncia Cristo «la buona novella». Denuncia il male. Sferza i mercanti di armi, di guerra, di morte, degli esseri umani: «C’è una parola brutta che dice il Signore: “Maledetti”. Questi che operano la guerra, che fanno le guerre sono maledetti, sono delinquenti».

Qualcuno dice: «Il Papa è un comunista». Niente di nuovo sotto il sole: dopo l’enciclica di Leone XIII «Rerum novarum» (1891) il giornale della borghesia lombarda «Corriere della Sera» tuonò: «Attenti, questo Papa è socialista». Bergoglio condanna il circolo vizioso generato dalla «cultura dello scarto» che espelle gli anziani e sopprime i bambini: «L’aborto non è un male minore. È un crimine. È fare fuori uno per salvare un altro. È quello che fa la mafia. La corruzione “spuzza”, la società corrotta “spuzza”. Chi pratica tangenti dà ai figli pane sporco».

Ha un ritmo di vita che sfiancherebbe un quarantenne. Non fa mai ferie. Sveglia alle 4,45. Legge i «cifrati» provenienti dalle nunziature di tutto il mondo. Prega e medita.  Alle 7 celebra Messa a Santa Marta con omelia a braccio e saluta a uno a uno i partecipanti. Dopo colazione, udienze e incontri. Alle 13 pranzo e mezz’ora di siesta. Nel pomeriggio preghiera, incontri, disbrigo della corrispondenza e telefonate. Un’ora di adorazione eucaristica, cena, a letto presto. Sempre sorridente quando è tra la folla, serio quando riceve, assorto quando celebra: è in dialogo con Dio.

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