Papa Francesco: l’umiltà spalanca il cuore di Dio
Il fariseo “fa finta di pregare ma riesce solo a pavoneggiarsi davanti allo specchio”. All’Udienza Generale la Parabola del fariseo e del pubblicano.
“Quel fariseo prega Dio, ma in verità guarda a sé stesso. Prega se stesso, invece di avere davanti agli occhi il Signore, ha uno specchio”. Con queste efficaci parole Papa Francesco ha descritto il fariseo della parabola che “pur trovandosi nel tempio, non sente la necessità di prostrarsi dinanzi alla maestà di Dio; sta in piedi, si sente sicuro, quasi fosse lui il padrone del tempio!”.
Il fariseo prega se stesso
Entrambi i protagonisti salgono al tempio per pregare, ma agiscono in modi molto differenti, ottenendo risultati opposti. Il fariseo prega «stando in piedi» (v. 11), e usa molte parole. La sua è, sì, una preghiera di ringraziamento rivolta a Dio, ma in realtà è uno sfoggio dei propri meriti, con senso di superiorità verso gli “altri uomini”, qualificati come “ladri, ingiusti, adulteri”, come, ad esempio “questo pubblicano” (v. 11).
“Ma proprio qui - ha sottolineato Papa Francesco - è il problema: quel fariseo prega Dio, ma in verità guarda a sé stesso. Prega se stesso! Invece di avere davanti agli occhi il Signore, ha uno specchio”. Egli elenca le buone opere compiute: è irreprensibile, osservante della Legge oltre il dovuto, digiuna “due volte alla settimana” e paga le “decime” di tutto quello che possiede. “Insomma - ha proseguito il Santo Padre - più che pregare, il fariseo si compiace della propria osservanza dei precetti”. Eppure il suo atteggiamento e le sue parole sono lontani dal modo di agire e di parlare di Dio, il quale ama tutti gli uomini e non disprezza i peccatori. Il fariseo “che si ritiene giusto”, trascura il comandamento più importante: “l’amore per Dio e per il prossimo”.
Pregare semplicemente come siamo
Non basta dunque domandarci quanto preghiamo, dobbiamo anche chiederci come preghiamo, o meglio, com’è il nostro cuore: è importante esaminarlo per valutare i pensieri, i sentimenti, ed estirpare arroganza e ipocrisia. “Ma, io domando: si può pregare con arroganza? No. Si può pregare con ipocrisia? No. Soltanto, dobbiamo pregare ponendoci davanti a Dio così come siamo. Non come il fariseo che pregava con arroganza e ipocrisia”.
Siamo tutti presi dalla frenesia del ritmo quotidiano, spesso in balìa di sensazioni, frastornati, confusi. È necessario imparare a ritrovare il cammino verso il nostro cuore, recuperare il valore dell’intimità e del silenzio, perché è lì che Dio ci incontra e ci parla. Soltanto a partire da lì possiamo a nostra volta incontrare gli altri e parlare con loro. Il fariseo si è incamminato verso il tempio, è sicuro di sé, ma non si accorge di aver smarrito la strada del suo cuore.
Il pubblicano, icona del vero credente
Il pubblicano invece si presenta nel tempio con animo umile e pentito: “fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto” (v. 13). La sua preghiera è brevissima, non è così lunga come quella del fariseo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. Niente di più. Una bella preghiera che Papa Francesco ha chiesto ai fedeli in Piazza San Pietro di ripetere per tre volte: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”.
Gli esattori delle tasse, detti appunto “pubblicani”, erano considerati persone impure e in genere associati ai peccatori. I gesti di penitenza e le poche e semplici parole del pubblicano testimoniano la sua consapevolezza circa la sua misera condizione. La sua preghiera è essenziale. Agisce da umile, sicuro solo di essere un peccatore bisognoso di pietà.
Come ha osservato Papa Francesco: “Se il fariseo non chiedeva nulla perché aveva già tutto, il pubblicano può solo mendicare la misericordia di Dio. E questo è bello: mendicare la misericordia di Dio! Presentandosi a mani vuote, con il cuore nudo e riconoscendosi peccatore, il pubblicano mostra a tutti noi la condizione necessaria per ricevere il perdono del Signore. Alla fine proprio lui, così disprezzato, diventa un’icona del vero credente”.
Il fariseo, icona del corrotto, che fa finta di pregare
Gesù conclude la parabola con una sentenza: “Io vi dico: questi – cioè il pubblicano –, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato” (v. 14). Il fariseo è proprio “l’icona del corrotto che fa finta di pregare, ma riesce soltanto a pavoneggiarsi davanti a uno specchio”.
“Nella vita - ha aggiunto il Papa - chi si crede giusto e giudica gli altri e li disprezza, è un corrotto e un ipocrita. La superbia compromette ogni azione buona, svuota la preghiera, allontana da Dio e dagli altri”. Se Dio predilige l’umiltà non è per avvilirci: “l’umiltà è piuttosto condizione necessaria per essere rialzati da Lui, così da sperimentare la misericordia che viene a colmare i nostri vuoti”.
Se la preghiera del superbo “non raggiunge il cuore di Dio”, “l’umiltà del misero lo spalanca”. Dio ha una debolezza: la debolezza per gli umili. Davanti a un cuore umile, Dio apre totalmente il suo cuore. “E’ questa - ha concluso il Pontefice - umiltà che la Vergine Maria esprime nel cantico del Magnificat: Ha guardato l’umiltà della sua serva. […] di generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ci aiuti lei, la nostra Madre, a pregare con cuore umile”.
I saluti ai fedeli di Mondovì e Casale Monferrato
Al termine dell’Udienza il Papa ha rivolto un saluto particolare ai fedeli delle Diocesi di Mondovì e quelli di Casale Monferrato, con il Vescovo Mons. Alceste Catella; i gruppi parrocchiali, le associazioni e le scolaresche: “vi invito tutti a perseverare nei rispettivi impegni con umiltà, diffondendo attorno a voi la misericordia e la consolazione cristiana, specialmente verso quanti vivono nel bisogno”.
Il Sacratissimo Cuore di Gesù e il Giubileo dei sacerdoti
Venerdì ricorrerà la Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, quest’anno “arricchita” dal Giubileo dei sacerdoti. Papa Francesco ha invitato tutti “a pregare in tutto il mese di giugno il Cuore di Gesù e a sostenere con la vicinanza e l’affetto i vostri sacerdoti affinché siano sempre immagine di quel Cuore pieno di amore misericordioso”.
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