Papa Francesco e il dialogo interreligioso
Udienza generale «interreligiosa» di Papa Francesco nel ricordo della «Nostra aetate» del Concilio Vaticano II
Cinquant’anni fa questi erano i mesi in cui i «padri conciliari» raccoglievano il frutto di tante fatiche e di tanti dibattiti.
Nella quarta e ultima sessione (14 settembre-8 dicembre 1965) vengono approvati: il 28 ottobre tre decreti - sull’ufficio pastorale dei vescovi «Christus Dominus», sul rinnovamento della vita religiosa «Perfectae caritatis», sulla formazione sacerdotale «Optatam totius» - e due dichiarazioni: sull’educazione cristiana «Gravissimum educationis» e sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane «Nostra aetate». Il 18 novembre la costituzione dogmatica sulla Divina Rivelazione «Dei Verbum» e il decreto sull’apostolato dei laici «Apostolicam actuositatem». Il 7 dicembre i decreti sull’attività missionaria della Chiesa «Ad gentes», sul ministero e la vita sacerdotale «Presbyterorum ordinis» e la costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo «Gaudium et spes», pietra angolare del Vaticano II.
«Nostra aetate» è un documento fondamentale del Concilio, anche se fu approvato con il minor numero di voti favorevoli (2.221) e con il maggior numero di voti contrari (88). Paolo VI esulta: «Venerabili fratelli, per questo siete venuti, ed ecco che questi atti conclusivi del Concilio ce ne danno esperienza: la Chiesa parla, la Chiesa prega, la Chiesa cresce, la Chiesa si costruisce».
Il decreto, pur nella sua brevità, rispecchia il desiderio della Chiesa di incontrare tutti e di esortare i suoi figli e figlie a entrare con amore in un dialogo attivo con gli altri credenti. Il testo si compone di un’introduzione e 4 punti: «Le diverse religioni»; «La religione musulmana»; «La religione ebraica»; «Fraternità universale». Ribadisce Cristo «è via, verità e vita, in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa»; sottolinea che «la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo» nelle altre religioni riconosciute come tali: «Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini».
In rapporto all’Ebraismo, sì definitivo alle radici ebraiche del Cristianesimo e no irrevocabile all’antisemitismo. La Chiesa «crede che Cristo, nostra pace, ha riconciliato gli ebrei e i gentili per mezzo della sua croce e dei due ha fatto una sola cosa in se stesso. Gli ebrei, in grazia dei padri, rimangono ancora carissimi a Dio, i cui doni e la cui vocazione sono senza pentimento». Infine «quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo».
Papa Francesco sottolinea che «il rispetto reciproco è la condizione e il fine del dialogo interreligioso». All’udienza del 28 ottobre sono presenti esponenti ebrei, musulmani, hindu, buddisti, cristiani e cattolici. Si apre con il saluto dei cardinali Kurt Koch e Jean-Louis Tauran, presidenti rispettivamente dei dicasteri dell’unità dei cristiani e del dialogo interreligioso. Qualche minuto di preghiera silenziosa e comune e in piazza San Pietro si respira lo «spirito di Assisi», suscitato nel 1986 da Giovanni Paolo II. Bergoglio spiega in modo semplice e diretto perché «Nostra aetate» abbia cambiato per sempre l’approccio della Chiesa con le altre fedi e in particolare i rapporti tra cristiani ed ebrei: «Da nemici ed estranei siamo diventati amici e fratelli.
Il Concilio, con la “Nostra ætate”, ha tracciato la via: sì alla riscoperta delle radici ebraiche del Cristianesimo; no a ogni forma di antisemitismo e condanna di ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione che ne derivano».
Assicura il Pontefice: «La Chiesa guarda con stima i credenti di tutte le religioni e ne apprezza impegno spirituale e morale» come collaborazione a tutto campo: dal lavoro comune per la pace alla lotta contro la miseria, la corruzione, il degrado ambientale e contro la violenza che si fa scudo di Dio e suscita «il sospetto o addirittura la condanna delle religioni. Noi credenti non abbiamo ricette per questi problemi, ma abbiamo una grande risorsa: la preghiera. La preghiera è il nostro tesoro, a cui attingiamo secondo le rispettive tradizioni».
Nessuna religione «è immune dal rischio di deviazioni fondamentalistiche o estremistiche, ma si tratta di alzare lo sguardo e di andare avanti verso un dialogo aperto e rispettoso. Il dialogo basato sul fiducioso rispetto può portare semi di bene che diventano germogli di amicizia e di collaborazione in tanti campi: nel servizio ai poveri, ai piccoli, agli anziani, nell’accoglienza dei migranti, nell’attenzione a chi è escluso. Possiamo camminare insieme prendendoci cura gli uni degli altri e del creato».
L’attenzione alle fasce più deboli avrà un’«occasione propizia» per essere praticata durante l’Anno Santo: «La misericordia alla quale siamo chiamati abbraccia tutto il creato, che Dio ci ha affidato perché ne siamo custodi, e non sfruttatori o, peggio, distruttori. Senza il Signore, nulla è possibile; con Lui, tutto lo diventa! Possa la nostra preghiera aderire alla volontà di Dio».
Papa Francesco
archivio notizie
Bergoglio: "Chi alza muri e barriere rinuncia all'incontro con l'altro"
Il messaggio di Papa Francesco per la giornata dei migranti e dei rifugiati
Perché il Papa dà fastidio
Da tempo all'interno della Chiesa cattolica si fanno sentire reazioni di fastidio e di opposizione a papa Francesco. L'intervento di don Lucio Casto
Colombia, il primo passo per una pace giusta
Il Papa ha visitato la Colombia nei giorni della pacificazione nazionale. Dal Sud America ha lanciato parole che stanno facendo il giro del mondo, un appello universale a lavorare per la pace, gettare ponti, compiere sempre «il primo passo» per la riconciliazione. Parole rivolte anche alla Chiesa
Il Papa: “Ogni vita è sacra"
All’Angelus la preghiera del Papa per i bambini “in pericolo d’interruzione della gravidanza” e per le persone “che stanno alla fine della vita”