Papa Francesco a Ground Zero: No a odio e rancore. Pace, solo pace!
Il discorso del Pontefice er non dimenticare l'11 settembre 2001
Dopo il vibrante discorso davanti ai potenti della terra riuniti nella Sede dell'Onu, Papa Francesco si è calato in mezzo al dolore delle vittime dell'undici settembre. Con una cerimonia davvero carica di trasporto emotivo, il Santo Padre ha ricordato i caduti, i soccorritori, ed ha dimostrato vicinanza ed affetto alle famiglie dei deceduti.
"Ancora una volta - ha detto Papa Francesco - ho potuto constatare che la distruzione non è mai impersonale, astratta o solo di cose; ma che soprattutto ha un volto e una storia, è concreta, possiede dei nomi. Nei familiari, si può vedere il volto del dolore, un dolore che ci lascia attoniti e grida al cielo".
I volti. Papa Francesco ci chiede oggi di guardare il volto addolorato dei parenti delle vittime, come ieri ci ha chiesto di guardare il volto degli immigrati, dei più sfortunati. Ma anche di guardare il volto dei nostri "avversari", in politica, sul lavoro, nella vita di tutti i giorni. Guardando in volto chi ci fa paura, forse perchè lo reputiamo ostile, o forse solo perchè sembra "diverso", possiamo relazionarci con l'altro, provare la strada del dialogo per risolvere i nostri conflitti. Come ci ha fatto riflettere oggi Papa Francesco: "nelle differenze, nelle discrepanze è possibile vivere in un mondo di pace. Davanti ad ogni tentativo di rendere uniformi è possibile e necessario riunirci dalle diverse lingue, culture, religioni e dare voce a tutto ciò che vuole impedirlo. Insieme oggi siamo invitati a dire: no ad ogni tentativo uniformante e sì ad una differenza accettata e riconciliata".
Dopo l'introduzione del Card. Dolan, Arcivescovo di New York, Papa Francesco ha catturato l'attenzione di tutti con la sua Preghiera della Pace: “O Dio dell’amore, della compassione e del conforto, guarda a noi, genti di molte fedi e tradizioni religiose diverse, che si sono riunite oggi in questo luogo di dolore e violenza indicibili. Ti chiediamo nella tua bontà di dare luce e pace eterna a tutti coloro che morirono qui”. La preghiera è proseguita con un appello: “Dio della pace, porta la pace nel nostro mondo violento, pace nei cuori degli uomini e delle donne, pace fra le nazioni della Terra. Conduci verso la tua strada dell’amore coloro che hanno cuori e menti consumate dall’odio, e che giustificano le uccisioni nel nome della religione”.
In seguito è stata data lettura di alcune brevi meditazioni da parte dei rappresentati delle principali confessioni religiose di New York: indù, buddista, sikh, cristiana, musulmana ed ebraica. Sono stati momenti molto intensi, la memoria del dolore era palpabile nell'atmosfera.
Papa Francesco ha poi pronunciato il discorso che riportiamo di seguito:
Cari amici!
Diversi sentimenti, emozioni provoca in me il trovarmi qui a Ground Zero, dove migliaia di vite sono state strappate in un atto insensato di distruzione. Qui il dolore è palpabile. L’acqua che vediamo scorrere verso questo centro vuoto, ci ricorda tutte quelle vite che stavano sotto il potere di quelli che credono che la distruzione sia l’unico modo di risolvere i conflitti. E’ il grido silenzioso di quanti hanno sofferto nella loro carne la logica della violenza, dell’odio, della vendetta. Una logica che può produrre solo dolore, sofferenza, distruzione, lacrime. L’acqua che scorre giù è simbolo anche delle nostre lacrime. Lacrime per le distruzioni di ieri, che si uniscono a quelle per tante distruzioni di oggi. Questo è un luogo in cui piangiamo, piangiamo il dolore provocato dal sentire l’impotenza di fronte all’ingiustizia, di fronte al fratricidio, di fronte all’incapacità di risolvere le nostre differenze dialogando. In questo luogo piangiamo per la perdita ingiusta e gratuita di innocenti, per non poter trovare soluzioni per il bene comune. E’ acqua che ci ricorda il pianto di ieri e il pianto di oggi.
Qualche minuto fa ho incontrato alcune famiglie dei primi soccorritori caduti in servizio. Nell’incontro ho potuto constatare ancora una volta come la distruzione non è mai impersonale, astratta o solo di cose; ma che soprattutto ha un volto e una storia, è concreta, possiede dei nomi. Nei familiari, si può vedere il volto del dolore, un dolore che ci lascia attoniti e grida al cielo.
Ma, a loro volta, essi mi hanno saputo mostrare l’altra faccia di questo attentato, l’altra faccia del loro dolore: la potenza dell’amore e del ricordo. Un ricordo che non ci lascia vuoti. I nomi di tante persone care sono scritti qui dove c’erano le basi delle torri, e così li possiamo vedere, toccare e mai più dimenticarli.
Qui in mezzo al dolore lacerante, possiamo toccare con mano la capacità di bontà eroica di cui è anche capace l’essere umano, la forza nascosta a cui sempre dobbiamo fare appello. Nel momento di maggior dolore, sofferenza, voi siete stati testimoni dei più grandi atti di dedizione e di aiuto. Mani tese, vite offerte. In una metropoli che può sembrare impersonale, anonima, di grandi solitudini, siete stati capaci di mostrare la potente solidarietà dell’aiuto reciproco, dell’amore e del sacrificio personale. In quel momento non era una questione di sangue, di origine, di quartiere, di religione o di scelta politica; era questione di solidarietà, di emergenza, di fraternità. Era questione di umanità. I pompieri di New York sono entrati nelle torri che stavano crollando senza fare tanta attenzione alla propria vita. Molti sono caduti in servizio e col loro sacrificio hanno salvato la vita di tanti altri. Questo luogo di morte si trasforma anche in un luogo di vita, di vite salvate, un canto che ci porta ad affermare che la vita è sempre destinata a trionfare sui profeti della distruzione, sulla morte, che il bene avrà sempre la meglio sul male, che la riconciliazione e l’unità vinceranno sull’odio e sulla divisione. Mi riempie di speranza, in questo luogo di dolore e di ricordo, l’opportunità di associarmi ai leader che rappresentano le molte religioni che arricchiscono la vita di questa città. Spero che la nostra presenza qui sia un segno potente delle nostre volontà di condividere e riaffermare il desiderio di essere forze di riconciliazione, forze di pace e giustizia in questa comunità e in ogni parte del mondo. Nelle differenze, nelle discrepanze è possibile vivere in un mondo di pace. Davanti ad ogni tentativo di rendere uniformi è possibile e necessario riunirci dalle diverse lingue, culture, religioni e dare voce a tutto ciò che vuole impedirlo. Insieme oggi siamo invitati a dire: “no” ad ogni tentativo uniformante e “sì” ad una differenza accettata e riconciliata.
Per questo scopo abbiamo bisogno di bandire i nostri sentimenti di odio, di vendetta, di rancore. E sappiamo che ciò è possibile soltanto come un dono del cielo. Qui, in questo luogo della memoria, ciascuno nella sua maniera, ma insieme. Vi propongo di fare un momento di silenzio e preghiera. Chiediamo al cielo il dono di impegnarci per la causa della pace. Pace nelle nostre case, nelle nostre famiglie, nelle nostre scuole, nelle nostre comunità. Pace in quei luoghi dove la guerra sembra non avere fine. Pace sui quei volti che non hanno conosciuto altro che dolore. Pace in questo vasto mondo che Dio ci ha dato come casa di tutti e per tutti. Soltanto, pace.
Così la vita dei nostri cari non sarà una vita che finirà nell’oblio, ma sarà presente ogni volta che lottiamo per essere profeti di ricostruzione, profeti di riconciliazione, profeti di pace.
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