Papa Francesco: Sogno un’Europa che...
Il Papa riceve il Premio Carlo Magno per offrirlo all’Europa: non un gesto celebrativo, ma l’occasione per auspicare insieme uno slancio nuovo.
Un discorso profondo quello di Papa Francesco, che parla davanti alle maggiori cariche europee riunite in Vaticano. Ad ascoltarlo ci sono la cancelliera Angela Merkel, il presidente del Parlamento Europeo Martin Schultz, il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, il re di Spagna Filippo VI. Ci sono anche il presidente del Consiglio Matteo Renzi e l’alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri Federica Mogherini.
Un’Europa nonna
“Nel Parlamento europeo mi sono permesso di parlare di Europa nonna - ha ricordato Papa Francesco - Dicevo agli Eurodeputati che da diverse parti cresceva l’impressione generale di un’Europa stanca e invecchiata, non fertile e vitale, dove i grandi ideali che hanno ispirato l’Europa sembrano aver perso forza attrattiva; un’Europa decaduta che sembra abbia perso la sua capacità generatrice e creatrice. Un’Europa che si va trincerando invece di privilegiare azioni che promuovano nuovi dinamismi nella società…”.
Le preoccupazioni per il rischio di chiusura, di “sgretolamento” dell’Europa sono emerse chiaramente anche dai discorsi del presidente Martin Schultz che ha osservato come 25 anni dopo la caduta della cortina di ferro “alcuni vogliono costruire in Europa nuovi muri e recinzioni, mettendo quindi a repentaglio una delle più grandi conquiste europee, la libertà di circolazione”.
Cosa ti è successo Europa?
“Che cosa ti è successo, Europa umanistica, paladina dei diritti dell’uomo, della democrazia e della libertà?”. Sono le domande di Papa Francesco: “Che cosa ti è successo, Europa terra di poeti, filosofi, artisti, musicisti, letterati? Che cosa ti è successo, Europa madre di popoli e nazioni, madre di grandi uomini e donne che hanno saputo difendere e dare la vita per la dignità dei loro fratelli?”.
Una trasfusione di memoria
Lo scrittore Elie Wiesel, sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti, diceva che oggi è capitale realizzare una “trasfusione di memoria”. E’ necessario “fare memoria”, prendere un po’ di distanza dal presente per ascoltare la voce dei nostri antenati. Francesco ha ricordato i Padri fondatori dell’Europa, ed ha citato Robert Schuman: “L’Europa non si farà in un colpo solo, né attraverso una costruzione d’insieme; essa si farà attraverso realizzazioni concrete, creanti anzitutto una solidarietà di fatto”. Proprio ora, in questo nostro mondo dilaniato e ferito, occorre ritornare a quella solidarietà di fatto, alla stessa generosità concreta che seguì il secondo conflitto mondiale, perché “la pace mondiale non potrà essere salvaguardata senza sforzi creatori che siano all’altezza dei pericoli che la minacciano”. I progetti dei Padri fondatori, araldi della pace e profeti dell’avvenire, non sono superati: ispirano, oggi più che mai, a costruire ponti e abbattere muri. Un “lavoro costruttivo che esige tutti i nostri sforzi di paziente e lunga cooperazione”, come diceva Alcide De Gasperi.
Capacità di integrare
Le radici dei nostri popoli, le radici dell’Europa si andarono consolidando nel corso della sua storia imparando a integrare in sintesi sempre nuove le culture più diverse e senza apparente legame tra loro. “L’identità europea - ha osservato Papa Francesco - è, ed è sempre stata, un’identità dinamica e multiculturale”.
Siamo invitati a promuovere un’integrazione che trova nella solidarietà il modo in cui fare le cose, il modo in cui costruire la storia. Una solidarietà che “non può mai essere confusa con l’elemosina”, ma come “generazione di opportunità perché tutti gli abitanti delle nostre città – e di tante altre città – possano sviluppare la loro vita con dignità”. “Il tempo ci sta insegnando che non basta il solo inserimento geografico delle persone, ma la sfida è una forte integrazione culturale”.
In questo modo la comunità dei popoli europei potrà vincere la tentazione di ripiegarsi su paradigmi unilaterali e di avventurarsi in “colonizzazioni ideologiche”; riscoprirà piuttosto l’ampiezza dell’anima europea, nata dall’incontro di civiltà e popoli, più vasta degli attuali confini dell’Unione e chiamata a diventare modello di nuove sintesi e di dialogo.
Capacità di dialogo
Se c’è una parola che dobbiamo ripetere fino a stancarci è questa: dialogo. Siamo invitati “a promuovere una cultura del dialogo cercando con ogni mezzo di aprire istanze affinché questo sia possibile e ci permetta di ricostruire il tessuto sociale”. Occorre “riconoscere l’altro come un interlocutore valido; che ci permetta di guardare lo straniero, il migrante, l’appartenente a un’altra cultura come un soggetto da ascoltare, considerato e apprezzato”.
“La pace - ha proseguito Papa Francesco - sarà duratura nella misura in cui armiamo i nostri figli con le armi del dialogo, insegniamo loro la buona battaglia dell’incontro e della negoziazione. In tal modo potremo lasciare loro in eredità una cultura che sappia delineare strategie non di morte ma di vita, non di esclusione ma di integrazione”.
Capacità di generare
I nostri giovani hanno un ruolo preponderante: “Essi non sono il futuro dei nostri popoli, sono il presente; sono quelli che già oggi con i loro sogni, con la loro vita stanno forgiando lo spirito europeo. Non possiamo pensare il domani senza offrire loro una reale partecipazione come agenti di cambiamento e di trasformazione. Non possiamo immaginare l’Europa senza renderli partecipi e protagonisti di questo sogno”.
Papa Francesco ha riflettuto su questo aspetto e si è chiesto: “Come possiamo fare partecipi i nostri giovani di questa costruzione quando li priviamo di lavoro; di lavori degni che permettano loro di svilupparsi per mezzo delle loro mani, della loro intelligenza e delle loro energie? Come pretendiamo di riconoscere ad essi il valore di protagonisti, quando gli indici di disoccupazione e sottoccupazione di milioni di giovani europei sono in aumento? Come evitare di perdere i nostri giovani, che finiscono per andarsene altrove in cerca di ideali e senso di appartenenza perché qui, nella loro terra, non sappiamo offrire loro opportunità e valori?”.
“La giusta distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano non è mera filantropia. E’ un dovere morale”. Se vogliamo pensare le nostre società in un modo diverso, abbiamo bisogno di creare posti di lavoro dignitoso e ben remunerato, specialmente per i nostri giovani.
Il sogno di Papa Francesco
“Con la mente e con il cuore, con speranza e senza vane nostalgie, come un figlio che ritrova nella madre Europa le sue radici di vita e di fede - ha concluso Papa Francesco - sogno un nuovo umanesimo europeo». Il Papa sogna: “Un’Europa giovane, capace di essere ancora madre: una madre che abbia vita, perché rispetta la vita e offre speranze di vita. Un’Europa che si prende cura del bambino, che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo. Un’Europa che ascolta e valorizza le persone malate e anziane, perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto. Un’Europa, in cui essere migrante non è delitto, bensì un invito ad un maggior impegno con la dignità di tutto l’essere umano. Un’Europa dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile. Un’Europa delle famiglie, con politiche veramente effettive, incentrate sui volti più che sui numeri, sulle nascite dei figli più che sull’aumento dei beni. Un’Europa che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti. Un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stato la sua ultima utopia”.
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