Papa Francesco: "C'è bisogno di tenerezza, contro ogni sopruso nei confronti del bambini"

Il richiamo del Pontefice nel giorno del Santo Natale contro tutte le violenze che colpiscono i più piccoli

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Papa Francesco: "C'è bisogno di tenerezza, contro ogni sopruso nei confronti del bambini"

Gesù trasformi l’indifferenza in vicinanza, il rifiuto in accoglienza, le lacrime in speranza. Prega Papa Francesco nel messaggio «Urbi etorbi» di Natale, ricordando le lacrime delle vittime di «guerre, persecuzioni, schiavitù». In particolare i bambini «vittime degli Erode di oggi». Denuncia il silenzio complice di tanti e la globalizzazione dell'indifferenza.

«Gesù è la salvezza di ogni persona e di ogni popolo» ma «tante lacrime ci sono insieme con le lacrime di Gesù. Sono le persone umili, piene di speranza nella bontà di Dio, che accolgono Gesù e lo riconoscono» mentre in tante  situazioni prevale indifferenza e rifiuto, odio e violenza: «Il mio pensiero va a tutti i bambini uccisi e maltrattati, sia a quelli che lo sono prima di vedere la luce, privati dell’amore generoso dei loro genitori e seppelliti nell’egoismo di una cultura che non ama la vita; sia a quei bambini sfollati a motivo delle guerre e delle persecuzioni, abusati e sfruttati sotto i nostri occhi e il nostro silenzio complice; e ai bambini massacrati sotto i  bombardamenti, anche là dove il figlio di Dio è nato. Ancora oggi il loro silenzio impotente grida sotto la spada di tanti Erode. Sopra il loro sangue campeggia oggi l’ombra degli attuali Erode». 

Invoca Papa Francesco: «Gesù salvi i troppi fanciulli vittime di violenza, fatti oggetto di mercimonio e della tratta delle persone, oppure costretti a diventare soldati, tanti bambini abusati. Dia conforto alle famiglie dei bambini uccisi in Pakistan».

Nomina Iraq, Siria, Medio Oriente, Nigeria e altri focolai nel continente africano, Ucraina. Poi «i gruppi etnici e religiosi che patiscono una brutale persecuzione», i malati e le vittime di Ebola. Prega perché Dio tocchi i cuori di tanti distratti osservatori o responsabili: «Che con la sua mansuetudine questo potere divino tolga la durezza dai cuori di tanti uomini e donne immersi nella mondanità e nell’indifferenza, nella globalizzazione dell’indifferenza. Che la sua forza redentrice trasformi le armi in aratri, la distruzione in creatività, l’odio in amore e tenerezza».

Iraq e Siria: «Al Salvatore del mondo domando che guardi i nostri fratelli e sorelle dell’Iraq e della Siria che da troppo tempo soffrono gli effetti del conflitto in corso e, insieme con gli appartenenti ad altri gruppi etnici e religiosi, patiscono una brutale persecuzione. Il Natale porti loro speranza, come ai numerosi sfollati, profughi e rifugiati. Quanti sono ora nella prova possano ricevere i necessari aiuti umanitari per sopravvivere, alla rigidità dell’inverno, fare ritorno nei loro Paesi».

In Medio Oriente «possa il Signore aprire alla fiducia i cuori e donare la sua pace a tutto il Medio Oriente, a partire dalla Terra benedetta dalla sua nascita, sostenendo gli sforzi di coloro che si impegnano fattivamente per il dialogo fra Israeliani e Palestinesi». Alla Nigeria «Cristo Salvatore doni pace, dove altro sangue viene versato e troppe persone sono ingiustamente sottratte ai propri affetti e tenute in ostaggio o massacrate. Pace invoco anche per altre parti del continente africano»: Libia, Sud Sudan, Repubblica Centroafricana, Repubblica Democratica del Congo. All’Ucraina «Gesù conceda a quell’amata terra di superare le tensioni, vincere l’odio e la violenza e intraprendere un nuovo cammino di fraternità e riconciliazione». 

Ricorda anche le vittime di Ebola in Liberia, Sierra Leone, Guinea

La tenerezza di Dio, la sua umiltà e la sua pazienza verso gli uomini: al centro delle parole di Papa Francesco alla Santa Messa della notte di Natale in san Pietro: «Gesù è il bambino-sole che rischiara l’orizzonte sorgendo dall’alto». Per vedere questo miracolo «dobbiamo aprire il cuore».

Papa Francesco parla della pazienza di Dio nei confronti degli uomini: violenze, guerre, odio e sopraffazione non hanno portato Dio a rinunciare all’uomo. Il Signore ha continuato ad aspettare, con pazienza: «Lungo il cammino della storia, la luce che squarcia il buio ci rivela che Dio è Padre e che la sua paziente fedeltà è più forte delle tenebre e della corruzione. In questo consiste l’annuncio della notte di Natale. Dio non conosce lo scatto d’ira e l’impazienza; è sempre lì, come il padre della parabola del figlio prodigo, in attesa di intravedere da lontano il ritorno del figlio perduto. E tutti i giorni, con pazienza. La pazienza di Dio».

Oggi il mondo ha bisogno di tenerezza, di bontà e di mansuetudine. Si chiede Papa Bergoglio: «Come accogliamo la tenerezza di Dio? Ci lasciamo raggiungere da Lui o gli impediamo di avvicinarsi? La cosa più importante è lasciare che sia Lui a trovarci, ad accarezzarci con amorevolezza. Permetto a Dio di volermi bene? Abbiamo il coraggio di accogliere con tenerezza le situazioni difficili e i problemi di chi ci sta accanto, oppure preferiamo le soluzioni impersonali, magari efficienti ma prive del calore del Vangelo? Quanto bisogno di tenerezza ha oggi il mondo! La risposta del cristiano non può essere diversa da quella che Dio dà alla nostra piccolezza. La vita va affrontata con bontà, con mansuetudine».

Alla vigilia di Natale Papa Francesco ha raggiunto - grazie a un collegamento satellitare attraverso Sat 2000, la televisione della Chiesa italiana - il campo di Ankawa in Iraq. Le parole del Papa, diffuse dall'emittente, sono state tradotte in arabo da un sacerdote: «Buona sera. Saluto tutti voi. Voi siete pronti a celebrare la Messa e io mi unisco a tutti voi in questa celebrazione. Abbraccio tutti voi e auguro a tutti voi un santo Natale. Voi siete come Gesù la notte del suo Natale: per lui non c'era posto e lui è stato cacciato via ed è dovuto fuggire in Egitto per salvarsi. Voi siete come Gesù questa sera e io vi benedico tanto e sono vicino a voi».

Un Natale di sofferenza e di speranza quello delle comunità cristiane presenti in Iraq, terra sconvolta dalla furia dei jihadisti del cosiddetto Stato islamico. Per le famiglie che sono rimaste nella loro terra è difficile credere ancora nel futuro ma “il Natale rinnova in ciascuno la certezza che Dio non ci abbandona mai”. Lo ha testimoniato in un’intervista alla «Radio Vaticana» mons. Giorgio Lingua, nunzio apostolico in Iraq e Giordania. Piemontese di Fossano racconto che «la prima cosa che mi viene in mente, pensando al Natale in Iraq è la frase del Vangelo: “Non c’era posto per loro nell’albergo”. Purtroppo, tante famiglie si trovano in questa realtà: non c’è posto per loro in una casa, in una struttura, in un villaggio, addirittura in un Paese che era il loro. Fanno l’esperienza della famiglia di Nazaret che si vede chiudere le porte in faccia».

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