Lotta senza tregua alla pedofilia

Le dimissioni di Marie Collins, vittima di abusi, non blocca il processo di pulizia nella chiesa iniziato con Benedetto XVI e che prosegue con Francesco

Parole chiave: pedofilia (8), chiesa (665), abusi (7), contrasto (3), lotta (4)
Lotta senza tregua alla pedofilia

Un conto è la funzione della Pontificia Commissione per la tutela dei minori dagli abusi dei preti, istituita da Papa Francesco il 22 marzo 2014 con «il compito specifico di proporre a me le iniziative più opportune per la protezione dei minori e degli adulti vulnerabili, in modo che possiamo fare tutto il possibile per assicurare che crimini come quelli che si sono verificati non possano più ripetersi». Un altro conto è il compito della Congregazione per la dottrina della fede (Cdf), presieduta dal cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller, incaricata di fare il processo (canonico) ai preti pedofili, accusati di abusi: se non vuole fare «giustizia sommaria» o una «giustizia ingiusta» deve moltiplicare le cautele e procedere con i piedi di piombo: in genere sono passati alcuni decenni, i ricordi sono spesso confusi, le testimonianze contraddittorie. È la prima considerazione di fronte alla grancassa mediatica sulla signora irlandese Marie Collins, vittima di abusi sessuali di un prete, che si è dimessa dalla Commissione.

PAPA FRANCESCO NON MOLLA - «Ho conosciuto Daniel Pittet. Non potevo immaginare che quest'uomo fosse stato vittima di abusi da parte di un prete. Eppure questo è ciò che mi ha raccontato e la sua sofferenza mi ha molto colpito. Ho visto i danni spaventosi causati dagli abusi sessuali. Come può un prete causare tanto male? Come può consacrare la vita per condurre i bambini a Dio e finire per divorarli in un “sacrificio diabolico"? Alcune vittime sono arrivate al suicidio. Questi morti pesano sul mio cuore, sulla mia coscienza e su quella di tutta la Chiesa. Alle loro famiglie porgo i miei sentimenti di amore e di dolore e, umilmente, chiedo perdono». Cosi scrive Francesco nella prefazione del libro «La perdono, padre» (Piemme, 2017), scritto dal francese Daniel Pittet, abusato per quattro anni da un prete che nel novembre 2016 ha voluto incontrare dopo 44 anni. 

«ORRENDO PECCATO» - Aggiunge Francesco: «Si tratta di una mostruosità assoluta, di un orrendo peccato, radicalmente contrario a tutto ciò che Cristo ci insegna e che usa parole molto severe: “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare” (Matteo 18, 6). La Chiesa deve proteggere con affetto particolare i più deboli e indifesi. Abbiamo dichiarato che è nostro dovere dar prova di severità estrema con i sacerdoti che tradiscono la loro missione, e con vescovi o cardinali, che li proteggeono, come è successo in passato. Nella disgrazia, Daniel Pittet ha scelto di incontrare il suo aguzzino e di guardare negli occhi l’uomo che l’ha ferito nel profondo e gli ha teso la mano. Ringrazio Daniel perché queste testimonianze abbattono il muro di silenzio che soffoca gli scandali e le sofferenze, fanno luce su una terribile zona d’ombra nella vita della Chiesa, aprono la strada a una giusta riparazione».

PERCHÉ LE DIMISISONI - Marie Collins si dimette il 1° marzo 2017: «Da quando la Commissione ha iniziato i lavori sono stata impressionata dall'impegno dei miei colleghi e dal genuino desiderio di Francesco nell'affrontare gli abusi sessuali del clero. Nonostante che il Papa abbia approvato tutte le raccomandazioni della Commissione, vi sono stati ostacoli. La mancanza di cooperazione, in particolare da parte del dicastero più direttamente coinvolto (Dottrina della fede, n.d.r.) è vergognosa». La Sala Stampa vaticana parla di «frustrazione per mancanza di cooperazione da parte di uffici della Curia. Il Papa ha accettato le dimissioni con profondo apprezzamento per il suo lavoro».

UNA LOTTA MONDIALE – Il gesuita Hans Zollner, uomo di punta della Commissione, afferma:«Il bilancio della Commissione è positivo. Dobbiamo impegnarci per un cambiamento di mentalità e di cultura che non si fa istantaneamente ma vuole molta pazienza. La lotta alla pedofilia nella Chiesa si è rafforzata. Lo testimoniano le mie visite in una quarantina di Paesi. Adesso andrò in Sudafrica e Malawi, Paesi dove questo tema era tabù. A maggio andremo a Bangkok per la Federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia. Non dimentichiamo che la Chiesa è la più grande e più antica istituzione e che ha 1 miliardo e 300 milioni di membri». La Chiesa reagisce con «tolleranza zero» perché anche un solo caso è un caso di troppo. Non spetta alla Chiesa infliggere pene giudiziarie perché questo è compito degli Stati. Il 21 maggio 2010 Benedetto XVI approva le «Nuove norme sui delitti più gravi» contro la fede (eresia, apostasia, scisma), contro i Sacramenti, contro la persona: si equipara al minore il maggiorenne con un limitato uso della ragione; si aggiunge l’acquisizione, la detenzione e la divulgazione di materiale pedopornografico; si può sottoporre a giudizio i nunzi (ed è già successo), i vescovi, i patriarchi, i cardinali; si può procedere «per decreto extragiudiziale»; si inserirono i laici nei Tribunali ecclesiastici; si allunga la prescrizione da 10 a 20 anni; si dà facoltà di presentare direttamente il caso al Papa per la riduzione allo stato laicale.  

GIUSTIZIA SEVERA E SEGRETA – È una disciplina severa: i processi canonici vengono avocati dalla Cdf sin dal primo sospetto per evitare pressioni e insabbiamento; i tempi di prescrizione sono allungati (fino a 20 anni) per permettere al presunto «abusato» l’intervento in giudizio contro il presunto «abusatore». L’accusa alla Chiesa, che copra i preti pedofili, è senza fondamento perchéla Chiesa colpisce i preti che approfittano della Confessione per avere rapporti sessuali con le penitenti; scomunica chi, venuto a conoscenza, non denuncia all’autorità ecclesiastica il prete; impone alle vittime «la denuncia entro un mese»; estende l’obbligo della denuncia a qualunque fedele abbia «notizia certa»; chi non ottempera alla denuncia «incorre nella scomunica». È esattamente il contrario della segretezza perché scomunica non chi «denuncia» ma chi «non denuncia».

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