Le parole di Bergoglio contro la violenza e l'odio

E' necessario fermare gli aggressori e soprattutto educare alla pace e alla convivenza tra i popoli 

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Le parole di Bergoglio contro la violenza e l'odio

«Non si può mai uccidere in nome di Dio». Papa Francesco – come i predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - tiene ferma la barra: «Utilizzare il nome di Dio per giustificare la violenza è una bestemmia». In giornate tristissime e convulse per Parigi e la Francia, per l’Europa e il Medio Oriente, la Santa Sede e la Chiesa ribadiscono a tutti e in tutte le sedi una ferma condanna della barbarie dei terroristi islamici, la netta opposizione al conflitto fra le religioni, la irreversibile scelta del dialogo e del confronto fra le tre religioni monoteiste.

«PARLARE CHIARO, PREGARE E SERVIRE» - Ma che fare? Nella visita di domenica 15 novembre alla Christuskirche e alla comunità evangelica-luterana in via Sicilia a Roma, risponde: «Bisogna parlare chiaro, pregare e servire. Fate gli ultimi, lavate i piedi, prestate servizio ai fratelli e alle sorelle più bisognosi. Tutti noi battezzati, luterani e cattolici, siamo in questa scelta: il servizio. Tra noi cattolici e luterani ci sono stati tempi brutti e persecuzioni, ci siamo anche bruciati vivi. Dobbiamo chiederci perdono per questo, perdono dello scandalo della divisione. Quando condividiamo la Cena del Signore ricordiamo e imitiamo il Signore Gesù. In comune cattolici e luterani abbiamo una fede, un Battesimo, un Signore». La visita avviene in vista del V centenario delle «95 tesi» che Martin Lutero propose il 31 ottobre 1517 come inizio della Riforma protestante. Una visita che richiama quella che compì al Tempio valdese di Torino lo scorso 23 giugno e quelle compiute alla chiesa luterana romana da Giovanni Paolo II l'11 dicembre 1983 e da Benedetto XVI il 14 marzo 2010.

IL 17 GENNAIO 2016 NELLA SINAGOGA DI ROMA - Il 17 gennaio 2016 Bergoglio visiterà la comunità ebraica nella sinagoga di Roma, dopo quelle compiute da Giovanni Paolo II il 13 aprile 1986 e da Benedetto XVI il 17 gennaio 2010. Da 27 anni in Italia il 17 gennaio si celebra la «Giornata del dialogo ebraico-cattolico». Iniziative che il mondo ebraico considera importanti, come dice Fabio Perugia, portavoce della comunità di Roma: «Guardiamo a questa visita con rinnovata gioia perché avviene trent’anni dopo quella storica di Giovanni Paolo II, che fu in un qualche modo un nuovo inizio, un percorso che potrà aprire nuove porte nel dialogo interreligioso fra i due grandi fratelli della storia della Bibbia». Anche gli ebrei condannano «chi usa il nome di Dio, bestemmiando, per giustificare la violenza».

UN TAVOLO COMUNE TRA CATTOLICI ED EBREI - Un altro passo avanti nel dialogo ebraico-cristiano è stato l’incontro il 17 novembre a Roma, nella sede della Conferenza Episcopale Italiana, tra il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, e una rappresentanza dell'assemblea dei rabbini d'Italia, formata dal presidente Giuseppe Momigliano, dal vicepresidente Avraham Alberto Funaro e dal rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni. Un incontro molto cordiale e fraterno sui drammatici fatti di Parigi: la prossima visita del Papa alla sinagoga potrebbe offrire «un’ottima occasione per promuovere momenti di incontro e di confronto anche nelle diocesi italiane dove sono presenti una sinagoga e una comunità ebraica». Emerge la volontà di dare «un segnale forte di maggiore compattezza, in un contesto politico e sociale in cui prevale la tendenza alla disgregazione e alla divisione e in cui il sentimento religioso è esposto alla tentazione del fondamentalismo». In concreto si propone un «Tavolo permanente» di dialogo ebraico-cristiano «per rendere la comunicazione più rapida ed efficace, per studiare progetti di collaborazione su diversi temi, per procedere più agilmente a comuni prese di posizione» attraverso i media. Continuerà anche la meditazione a due voci sulla Scrittura, divenuta consuetudine della Giornata del dialogo ebraico-cattolico.

I DIFENSORI DEGLI OPPRESSI NON SONO I TERRORISTI - Per il cardinale Jean Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, «il dialogo è sempre possibile, anzi è un dovere. Siamo condannati al dialogo altrimenti c'è la guerra. Dobbiamo concordare sul carattere sacro della vita perché siamo tutti creature di Dio. Il Papa ha parlato giustamente di una bestemmia. Dobbiamo condannare in maniera assoluta le azioni terroristiche. Gli estremisti si trasformano facilmente in terroristi: si presentano come difensori della giustizia e dell'uguaglianza, in realtà cercano di reclutare i soldati di Allah. I difensori degli oppressi non sono i terroristi ma i credenti, insieme agli uomini e donne di buona volontà». Il cardinale ricorda che «spesso l'ignoranza fa da base alla paura. La maggior parte dei musulmani sono umiliati perché è stata danneggiata la loro religione. L'auspicio è che trionfi l’amore e non l'odio».

FERMARE L’INGIUSTO AGGRESSORE - Il cardinale Pietro Parolin fa un passo avanti: occorre fermare gli aggressori ma anche lavorare per il dialogo. La Santa Sede afferma la legittimità di fermare l’ingiusto aggressore. Lo Stato ha il dovere di difendere i suoi cittadini da questi attacchi ma ha anche il dovere di lavorare perché si crei un clima di comprensione e di dialogo. Non sono soluzioni immediate, però sono le uniche che pongono le basi per un mondo riconciliato e un mondo pacifico».

IL CARDINALE PAROLIN: «L’ANNO SANTO SI FARÀ» - A chi vorrebbe fermare l’Anno Santo straordinario della misericordia – che inizierà l’8 dicembre – il cardinale Parolin risponde: «Nessuna interruzione per il Giubileo. Dopo quello che è successo penso che non ci sia nessuno che possa sentirsi completamente tranquillo, neanche il Vaticano. Pur tenendo conto della minaccia, si affronta il pericolo. L’importante è non cedere alla paura». In un’intervista al quotidiano cattolico francese «La Croix» Parolin afferma che il Giubileo è un evento aperto anche ai seguaci dell’Islam e un’occasione per il dialogo interreligioso attraverso il denominatore comune della misericordia. Uno degli attributi di Dio anche per i musulmani è quello di essere “misericordioso”. Ho fatto il nome di Dio proprio perché Dio è la misericordia che si manifesta con la pace e la bontà e non con la violenza». Invariato anche il programma del viaggio di Francesco in Africa il 25-30 novembre con tappe in Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana.

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