Il Papa per una chiesa misericordiosa: "non si condanna eternamente nessuno"
L'omelia di Francesco con i nuovi cardinali che dice: "Per Gesù ciò che conta è salvare i lontani e riportali a Dio"
Due anni fa, mercoledì 13 marzo 2013, i cardinali riuniti in Conclave eleggevano Papa Francesco. Dei 115 votanti, 60 erano europei (28 italiani), 19 latinoamericani, 14 nordamericani, 11 africani, 11 da Asia e Oceania. Nel Concistoro del 14-15 febbraio 2015 i cardinali elettori sono 125 di cui 57 europei (26 italiani), 21 latinoamericani, 15 nordamericani, 15 africani e 17 da Asia e Oceania. Il Collegio cardinalizio è sempre meno europeo e sempre più «periferico» nel senso che rispecchia sempre più quelle che Francesco definisce «periferie» perché - come dice nell’appassionata omelia alla Messa con i nuovi cardinali domenica 15 febbraio - «la strada della Chiesa è andare a cercare, senza pregiudizi e senza paura, i lontani. Gesù ha scosso la mentalità chiusa nella paura e autolimitata dai pregiudizi» e insegna a vincere la «tentazione di isolarsi in una casta».
LA RIFORMA DELLA CHIESA SULLA BASE DEL CONCILIO – In questi 24 mesi la riforma della Chiesa ha viaggiato a un ritmo molto sostenuto. Francesco fa riferimento alle riunioni pre-Conclave 2013, dal quale uscì eletto, nelle quali i cardinali chiesero una decisiva riforma: i cardinali elessero proprio lui per fare la riforma. Essa affonda le radici nel Vaticano I1 che si concludeva cinquant’anni fa (8 dicembre 1965). Più sinodalità e più collegialità significa maggiore decentramento verso le Chiese locali per realizzare una più ampia condivisione dell'autorità magisteriale e pastorale. La costituzione dogmatica «Lumen gentium» (21 novembre 1964) afferma la natura intrinsecamente collegiale della «potestas» nella Chiesa: «Come San Pietro e gli altri apostoli costituiscono, per istituzione del Signore, un unico collegio apostolico, similmente il Romano Pontefice, successore di Pietro, e i vescovi, successori degli apostoli, sono congiunti fra di loro» (numero 22).
I VESCOVI «CUM E SUB» PIETRO - L’esercizio dell'autorità nella Chiesa compete a ciascun vescovo nella Chiesa locale e nella Chiesa universale compete al collegio episcopale «cum e sub» Pietro, come afferma il decreto sull’ufficio pastorale dei vescovi «Christus Dominus» (28 ottobre 1965): «Una più efficace collaborazione al supremo pastore della Chiesa la possono prestare, nei modi dallo stesso Romano Pontefice stabiliti o da stabilirsi, i vescovi scelti da diverse regioni del mondo riuniti nel consiglio chiamato Sinodo dei vescovi: rappresentando tutto l'episcopato cattolico, il Sinodo dimostra che tutti i vescovi sono partecipi della sollecitudine della Chiesa universale» (numero 5).
LE QUATTRO MOSSE DI PAPA FRANCESCO – Il Pontefice dà attuazione e spessore a quegli adempimenti conciliari, che finora sono stati compiuti solo in parte, per volontà dei Pontefice Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e della Curia che di fatto ha svolto un ruolo al di là del servizio al Papa e alle Chiese locali. Il Concilio chiedeva l'istituzione di un Sinodo permanente che affiancasse il Papa nel governo della Chiesa. Paolo VI lo istituì con la «Apostolica sollicitudo» (15 settembre 1965) come organo consultivo. Ora Francesco sta facendo i passi successivi in quattro mosse. 1) Un mese dopo l’elezione, il 13 aprile 2013, ha chiamato 9 cardinali – il cosiddetto C9 - «per consigliarlo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della costituzione apostolica “Pastor bonus” sulla Curia Romana». 2) Un anno dopo, il 1° aprile 2014, nella lettera al segretario generale del Sinodo, cardinale Lorenzo Baldisseri, dice che il Vescovo di Roma desidera «valorizzare la preziosa eredità» del Sinodo perché «ha bisogno della presenza dei suoi confratelli vescovi, del loro consiglio e della loro prudenza ed esperienza». 3) Nel Sinodo straordinario dell’ottobre 2014 sulla famiglia – tema che verrà completato nel Sinodo ordinario nell’ottobre 2015 – contro tutte le resistenze interne, afferma che i lavori si sono svolti «cum Petro et sub Petro»: compito del Papa è garantire l’unità della Chiesa, «ricordare ai pastori che il loro primo dovere è nutrire il gregge e accogliere, con paternità e misericordia e senza false paure, le pecorelle smarrite». 4) La riunione del C9 (9-11 febbraio 2015) e poi del Concistoro segna un altro passo avanti.
ASSOLUTA TRASPARENZA E COLLEGIALITA’ – Il lavoro si svolge in assoluta trasparenza e collegialità tenendo conto dei suggerimenti. Ricorda il Papa: «La meta da raggiungere è favorire maggiore armonia nel lavoro dei dicasteri e uffici per realizzare una più efficace collaborazione in quell’assoluta trasparenza che edifica l’autentica sinodalità e collegialità. La riforma non è fine a se stessa, ma un mezzo per dare una forte testimonianza cristiana; per favorire una più efficace evangelizzazione; per promuovere un più fecondo spirito ecumenico; per incoraggiare un dialogo più costruttivo con tutti. La riforma dovrà perfezionare l’identità della Curia Romana che deve coadiuvare il successore di Pietro per il bene e il servizio della Chiesa universale e delle Chiese particolari».
CI VORRANNO TEMPI LUNGHI – Il portavoce vaticano padre Federico Lombardi – che sembra assumere un ruolo sempre più grande e incisivo - prevede «tempi abbastanza lunghi». Si parla della creazione di due dicasteri, uno per laici-famiglia-vita; un altro per carità-giustizia-pace, che ingloberanno i relativi Pontifici Consigli. Da escludere, per ora, che a capo del primo ci possa essere un laico. Ancora da definire la figura del moderatore di Curia: «Non si pensa a una figura aggiuntiva» perché è compito della Segreteria di Stato». Ma non si tratta solo di far funzionare la macchina. Il rapporto tra Santa Sede e Conferenze episcopali è uno dei principali assi della riforma. Si procederà per parti: «Quando le decisioni sembrano mature, saranno attuate senza attendere il completamento di tutta l’opera».
Papa Francesco
archivio notizie
Bergoglio: "Chi alza muri e barriere rinuncia all'incontro con l'altro"
Il messaggio di Papa Francesco per la giornata dei migranti e dei rifugiati
Perché il Papa dà fastidio
Da tempo all'interno della Chiesa cattolica si fanno sentire reazioni di fastidio e di opposizione a papa Francesco. L'intervento di don Lucio Casto
Colombia, il primo passo per una pace giusta
Il Papa ha visitato la Colombia nei giorni della pacificazione nazionale. Dal Sud America ha lanciato parole che stanno facendo il giro del mondo, un appello universale a lavorare per la pace, gettare ponti, compiere sempre «il primo passo» per la riconciliazione. Parole rivolte anche alla Chiesa
Il Papa: “Ogni vita è sacra"
All’Angelus la preghiera del Papa per i bambini “in pericolo d’interruzione della gravidanza” e per le persone “che stanno alla fine della vita”