Il Papa per una chiesa misericordiosa: "non si condanna eternamente nessuno"

L'omelia di Francesco con i nuovi cardinali che dice: "Per Gesù ciò che conta è salvare i lontani e riportali a Dio" 

Parole chiave: concistoro (5), porporati (1), Papa (648), vaticano (68), cardinali (7)
Il Papa per una chiesa misericordiosa: "non si condanna eternamente nessuno"

Due anni fa, mercoledì 13 marzo 2013, i cardinali riuniti in Conclave eleggevano Papa Francesco. Dei 115 vo­tanti, 60 erano europei (28 ita­liani), 19 latinoamericani, 14 nor­damericani, 11 africani, 11 da Asia e Oceania. Nel Concistoro del 14-15 febbraio 2015 i cardinali elettori sono 125 di cui 57 europei (26 italiani), 21 latinoamericani, 15 nordamericani, 15 africani e 17 da Asia e Oceania. Il Collegio cardinalizio è sempre meno europeo e sempre più «periferico» nel senso che rispecchia sempre più quelle che Francesco definisce «periferie» perché - come dice nell’appassionata omelia alla Messa con i nuovi cardinali domenica 15 febbraio - «la strada della Chiesa è andare a cercare, senza pregiudizi e senza paura, i lontani. Gesù ha scosso la mentalità chiusa nella paura e autolimitata dai pregiudizi» e insegna a vincere la «tentazione di isolarsi in una casta».

LA RIFORMA DELLA CHIESA SULLA BASE DEL CONCILIO – In questi 24 mesi la riforma della Chiesa ha viaggiato a un ritmo molto sostenuto. Francesco fa riferimento alle riunioni pre-Conclave 2013, dal quale uscì eletto, nelle quali i cardinali chiesero una decisiva riforma: i cardinali elessero proprio lui per fare la riforma. Essa affonda le radici nel Vaticano I1 che si concludeva cinquant’anni fa (8 dicembre 1965). Più sinodalità e più collegialità si­gnifica maggiore decentramento verso le Chiese locali per realizzare una più ampia condivisione dell'autorità magisteriale e pastorale. La costituzione dogmatica «Lumen gen­tium» (21 novembre 1964) afferma la natura intrinseca­mente collegiale della «potestas» nella Chiesa: «Come San Pietro e gli al­tri apostoli costituiscono, per istituzio­ne del Signore, un unico collegio apo­stolico, similmente il Romano Pontefi­ce, successore di Pietro, e i vescovi, successori degli apostoli, sono con­giunti fra di loro» (numero 22).

I VESCOVI «CUM E SUB» PIETRO - L’e­sercizio dell'autorità nella Chiesa compete a ciascun vescovo nella Chiesa locale e nella Chiesa universale compete al collegio episcopale «cum e sub» Pietro, come afferma il decreto sull’ufficio pastorale dei vescovi «Christus Dominus» (28 ottobre 1965): «Una più efficace collaborazione al supremo pastore della Chiesa la possono prestare, nei modi dallo stes­so Romano Pontefice stabiliti o da sta­bilirsi, i vescovi scelti da diverse regio­ni del mondo riuniti nel consiglio chiamato Sinodo dei ve­scovi: rappresentando tutto l'episco­pato cattolico, il Sinodo dimostra che tutti i vescovi sono partecipi della sollecitudine della Chiesa universale» (numero 5).

LE QUATTRO MOSSE DI PAPA FRANCESCO – Il Pontefice dà attuazione e spessore a quegli adempimenti conci­liari, che finora sono stati compiuti solo in parte, per volontà dei Pontefice Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e della Curia che di fatto ha svolto un ruolo al di là del servizio al Papa e alle Chiese locali. Il Concilio chiede­va l'istituzione di un Sinodo perma­nente che affiancasse il Papa nel go­verno della Chiesa. Paolo VI lo istituì con la «Apostolica sollicitudo» (15 settembre 1965) come organo consultivo. Ora Francesco sta facendo i passi successivi in quattro mosse. 1) Un mese dopo l’elezione, il 13 aprile 2013, ha chiamato 9 cardinali – il cosiddetto C9 - «per consigliarlo nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della costituzione apostolica “Pastor bonus” sulla Curia Romana». 2) Un anno dopo, il 1° aprile 2014, nella lettera al segretario generale del Sinodo, cardinale Lorenzo Baldisseri, dice che il Vescovo di Roma desidera «valorizzare la preziosa eredità» del Sinodo perché «ha biso­gno della presenza dei suoi confratelli vescovi, del loro consiglio e della loro prudenza ed esperienza». 3) Nel Sinodo straordinario dell’ottobre 2014 sulla famiglia – tema che verrà completato nel Sinodo ordinario nell’ottobre 2015 – contro tutte le resistenze interne, afferma che i lavori si sono svolti «cum Petro et sub Petro»: compito del Papa è garantire l’unità della Chiesa, «ricordare ai pastori che il loro primo dovere è nutrire il gregge e accogliere, con paternità e misericordia e senza false paure, le pecorelle smarrite». 4) La riunione del C9 (9-11 febbraio 2015) e poi del Concistoro segna un altro passo avanti.

ASSOLUTA TRASPARENZA E COLLEGIALITA’ – Il lavoro si svolge in assoluta trasparenza e collegialità tenendo conto dei suggerimenti. Ricorda il Papa: «La meta da raggiungere  è favorire maggiore armonia nel lavoro dei dicasteri e uffici per realizzare una più efficace collaborazione in quell’assoluta trasparenza che edifica l’autentica sinodalità e collegialità. La riforma non è fine a se stessa, ma un mezzo per dare una forte testimonianza cristiana; per favorire una più efficace evangelizzazione; per promuovere un più fecondo spirito ecumenico; per incoraggiare un dialogo più costruttivo con tutti. La riforma dovrà perfezionare l’identità della Curia Romana che deve coadiuvare il successore di Pietro per il bene e il servizio della Chiesa universale e delle Chiese particolari».

CI VORRANNO TEMPI LUNGHI – Il portavoce vaticano padre Federico Lombardi – che sembra assumere un ruolo sempre più grande e incisivo - prevede «tempi abbastanza lunghi». Si parla della creazione di due dicasteri, uno per laici-famiglia-vita; un altro per carità-giustizia-pace, che ingloberanno i relativi Pontifici Consigli. Da escludere, per ora, che a capo del primo ci possa essere un laico. Ancora da definire la figura del moderatore di Curia: «Non si pensa a una figura aggiuntiva» perché è compito della Segreteria di Stato». Ma non si tratta solo di far funzionare la macchina. Il rapporto tra Santa Sede e Conferenze episcopali è uno dei principali assi della riforma. Si procederà per parti: «Quando le decisioni sembrano mature, saranno attuate senza attendere il completamento di tutta l’opera».

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