Il Papa: La vera missione non è mai proselitismo, ma attrazione a Cristo
Il giorno dopo la visita alle popolazioni terremotate, il Santo Padre ha tenuto in Piazza San Pietro l’Udienza Generale: dal Caucaso frutti di ecumenismo, dialogo e pace. Un progetto interessante per gli studenti dell’Africa, e il saluto agli ex prigionieri di Auschwitz.
Il giorno dopo la visita alle popolazioni terremotate, il Papa ha tenuto in Piazza San Pietro l’Udienza Generale: dal Caucaso frutti di ecumenismo, dialogo e pace. Un progetto interessante per gli studenti dell’Africa, e il saluto agli ex prigionieri di Auschwitz.
Sono tantissimi i fedeli giunti in Piazza San Pietro da ogni parte d’Italia e del mondo per dimostrare il loro affetto al Papa che, al ritorno dal suo viaggio in Georgia e Azerbaijan, ha subito voluto affrontare un altro trasferimento, più breve, ma non meno difficile, ed abbracciare le popolazioni dell’Italia centrale colpite dal terremoto.
Le immagini del Papa che si aggira tra le rovine, con la veste impolverata, sono ancora lì nei cuori di tutti, ma lui, con molta umiltà, non ne fa cenno e dedica l’Udienza alla ricerca della pace, in Caucaso e nel mondo intero, all’ecumenismo con i cristiani ortodossi ed al dialogo con i rappresentanti delle altre religioni.
Un progetto che piace
Poco prima di raggiungere la Piazza il Papa ha ricevuto in Aula Paolo VI, una delegazione di dirigenti della Fondazione Vodafone che hanno presentato l’iniziativa “Instant Schools for Africa”, un progetto per portare istruzione online gratuita ai giovani africani. Forte l'apprezzamento di Francesco: “quello che ho sentito mi piace tanto, è costruttivo, e oggi bisogna essere costruttivi, fare cose che portino l’umanità avanti e non soltanto vedere come cadono le bombe sopra persone innocenti, bambini, ammalati, città intere. Costruire, non distruggere! Grazie”.
Un viaggio che è il “completamento” del precedente
Raccontando le principali tappe della visita in Caucaso, il Papa ha osservato che “questo viaggio è stato il proseguimento e il completamento di quello effettuato in Armenia, nel mese di giugno. In tal modo ho potuto – grazie a Dio – realizzare il progetto di visitare tutti e tre questi Paesi caucasici, per confermare la Chiesa Cattolica che vive in essi e per incoraggiare il cammino di quelle popolazioni verso la pace e la fraternità. Lo evidenziavano anche i due motti di quest’ultimo viaggio: per la Georgia Pax vobis e per l’Azerbaigian Siamo tutti fratelli”.
Entrambi questi Paesi hanno radici storiche, culturali e religiose molto antiche, ma nello stesso tempo stanno vivendo una fase nuova: infatti, tutt’e due celebrano quest’anno il 25° della loro indipendenza, essendo stati per buona parte del secolo XX sotto il regime sovietico. E in questa fase essi incontrano parecchie difficoltà nei diversi ambiti della vita sociale. “La Chiesa Cattolica - ha proseguito Francesco - è chiamata ad essere presente, ad essere vicina, specialmente nel segno della carità e della promozione umana; ed essa cerca di farlo in comunione con le altre Chiese e Comunità cristiane e in dialogo con le altre comunità religiose, nella certezza che Dio è Padre di tutti e noi siamo fratelli e sorelle”.
La reliquia della tunica di Cristo, simbolo dell’unità della Chiesa
In Georgia questa missione passa naturalmente attraverso la “collaborazione con i fratelli ortodossi”, che formano la grande maggioranza della popolazione. Perciò è stato un segno molto importante il fatto che “quando sono arrivato a Tbilisi ho trovato a ricevermi all’Aeroporto, insieme con il Presidente della Repubblica, anche il venerato Patriarca Ilia II”. L’incontro con lui quel pomeriggio “è stato commovente”, come pure lo è stata all’indomani la visita alla Cattedrale Patriarcale, dove si venera la reliquia della tunica di Cristo, simbolo dell’unità della Chiesa. “Questa unità è corroborata dal sangue di tanti martiri delle diverse confessioni cristiane. Tra le comunità più provate c’è quella Assiro-Caldea, con la quale ho vissuto a Tbilisi un intenso momento di preghiera per la pace in Siria, in Iraq e in tutto il Medio Oriente”.
Non proselitismo, ma attrazione
La Messa con i fedeli cattolici della Georgia – latini, armeni e assiro-caldei – è stata celebrata nella memoria di Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle missioni: “lei ci ricorda che la vera missione non è mai proselitismo, ma attrazione a Cristo a partire dalla forte unione con Lui nella preghiera, nell’adorazione e nella carità concreta, che è servizio a Gesù presente nel più piccolo dei fratelli”. E’ quello che fanno i religiosi e le religiose che il Papa ha incontrato a Tbilisi, come poi anche a Baku: “lo fanno con la preghiera e con le opere caritative e promozionali”. “Li ho incoraggiati ad essere saldi nella fede, con memoria, coraggio e speranza. E poi ci sono le famiglie cristiane: quant’è preziosa la loro presenza di accoglienza, accompagnamento, discernimento e integrazione nella comunità!”.
Incontro e dialogo in Azerbaigian
Questo stile di presenza evangelica come “seme del Regno di Dio” è, se possibile, ancora più necessario in Azerbaigian, dove la maggioranza della popolazione è musulmana e i cattolici sono poche centinaia, “ma grazie a Dio hanno buoni rapporti con tutti”, in particolare mantengono vincoli fraterni con i cristiani ortodossi. Per questo a Baku, capitale dell’Azerbaigian “abbiamo vissuto due momenti che la fede sa tenere nel giusto rapporto: l’Eucaristia e l’incontro interreligioso”.
“L’Eucaristia con la piccola comunità cattolica, dove lo Spirito armonizza le diverse lingue e dona la forza della testimonianza; e questa comunione in Cristo non impedisce, anzi, spinge a cercare l’incontro e il dialogo con tutti coloro che credono in Dio, per costruire insieme un mondo più giusto e fraterno. In tale prospettiva, rivolgendomi alle Autorità azere, ho auspicato che le questioni aperte possano trovare buone soluzioni e tutte le popolazioni caucasiche vivano nella pace e nel rispetto reciproco”.
Il saluto agli ex prigionieri di Auschwitz
All'Udienza Generale erano presenti anche alcuni ex prigionieri di Auschwitz: "Saluto cordialmente - ha detto Papa Francesco, rivolgendosi ai diversi gruppi linguistici - tutti i Polacchi qui presenti e in modo particolare gli ex prigionieri del campo di concentramento d'Auschwitz". La Piazza ha accolto queste parole con un intenso applauso agli ex deportati.
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