Francesco chiede mai più crimini contro l'infanzia
Il primo Papa americano e il primo Presidente afroamericano insieme alla Casa Bianca.
«Vengo come figlio di migranti - dice il Vescovo di Roma – e sono lieto di essere ospite in questa Nazione». Cita Martin Luther King. Sostiene l'impegno ambientale di Barack. Elogia la riconciliazione con Cuba. Chiede di difendere la libertà religiosa. Barack Hussein Obama II, 44° presidente degli Stati Uniti d’America, nasce il 4 agosto 1961 a Honolulu nelle Hawaii da madre statunitense, Stanley Ann Dunham, da una famiglia di origini inglesi e tedesche e dal padre, Barack Obama senior, keniota di etnia Luo. Al presidente della maggiore potenza mondiale, nel Paese che vede premere sulle frontiere milioni di ispanici, il primo Papa latinoamericano si presenta come un immigrato.
Obama lo accoglie con un «Grazie per il grande dono della speranza, non solo per il ruolo, ma per le qualità uniche come persona. Nell’umiltà, nella semplicità, nella dolcezza delle parole e nella generosità dello spirito vediamo in lei un esempio vivente degli insegnamenti di Gesù. Lei ci ricorda come il più potente messaggio di Dio è la misericordia. E questo significa accogliere lo straniero con empatia e con cuore realmente aperto».
Prosegue: «Voi ci ricordate l’obbligo sacro di proteggere il Pianeta, dono magnifico di Dio. Appoggiamo il vostro appello a tutti i capi mondiali per sostenere le comunità più vulnerabili al cambiamento climatico e per unirci per preservare il nostro prezioso mondo alle generazioni future. Voi ci ricordate i costi della guerra e ci spingete verso l'imperativo della pace. Ci ricordate che la gente è libera solo quando può praticare liberamente la propria fede. In America lo facciamo, ma nel resto del mondo, i figli di Dio, compresi i cristiani, sono nel mirino e sono uccisi a causa della fede, ai credenti è impedito riunirsi nei luoghi di preghiera, i fedeli vengono imprigionati, le chiese distrutte. Siamo con voi nel difendere la libertà religiosa e il dialogo interreligioso, riconoscendo che le persone devono essere libere».
Papa Bergoglio dice di essere venuto ad «ascoltare e condividere molti dei sogni e delle speranze del popolo americano». Parlerà al Congresso e spera «quale fratello di questo Paese, di dire una parola di incoraggiamento a quanti sono chiamati a guidare il futuro politico della Nazione nella fedeltà ai principi fondativi». Spiega che l’incontro delle famiglie a Filadelfia ha come scopo «celebrare e sostenere il matrimonio e la famiglia, in un momento critico della storia e della civiltà».
Ricorda che i cattolici americani, insieme agli altri cittadini, «sono impegnati a costruire una società veramente tollerante e inclusiva, a difendere i diritti degli individui e delle comunità, e a respingere qualsiasi forma di ingiusta discriminazione. Essi si attendono che gli sforzi per costruire una società giusta e sapientemente ordinata rispettino le loro preoccupazioni più profonde e i loro diritti inerenti alla libertà religiosa, una delle conquiste più preziose dell’America. Tutti sono chiamati alla vigilanza, in quanto buoni cittadini, per preservare e difendere la libertà da qualsiasi cosa che la possa mettere in pericolo o compromettere».
Il Papa di Roma definisce «promettente» l’iniziativa di Obama «per la riduzione dell’inquinamento dell’aria. Considerata l’urgenza, mi sembra chiaro che il cambiamento climatico è un problema che non può più essere lasciato alle generazioni future. La storia ci ha posto in un momento cruciale per la cura della nostra “casa comune”. I cambiamenti esigono un riconoscimento serio e responsabile del tipo di mondo che possiamo lasciare ai nostri figli e ai milioni di persone sottoposte a un sistema che le ha trascurate. La “casa comune” è parte di questo gruppo di esclusi che grida al cielo e che bussa con forza alle nostre case, città, società. Riprendendo le sagge parole di Martin Luther King, possiamo dire che siamo stati inadempienti in alcuni impegni, e ora è giunto il momento di onorarli».
Due sono i tempi forti che Francesco affronterà al Congresso Usa e all’Onu: l’ospitalità da dare alle masse di immigrati; la cura che si deve al creato. Bergoglio ha ben presente che la scadenza dalla quale dipenderà la vita o la morte della Terra sarà al vertice sul clima che si terrà da fine novembre a Parigi. Alla sua prima enciclica del 24 maggio 2015 ha dato il titolo «Laudato si’ sulla cura della casa comune».
Dopo l’incontro alla Casa Bianca, nel santuario nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington D. C. procede alla canonizzazione di fray Junípero Serra, apostolo della California. Al fondatore di San Francisco è stata elevata una statua, l’unica a un cattolico, a Capitol Hill. Una canonizzazione che rientra nello stile di Francesco che preferisce «figure che hanno compiuto una forte evangelizzazione e sono in sintonia con la spiritualità e la teologia della “Evangelii gaudium”». Santi e sante elevati agli altari con il metodo, previsto dal Diritto Canonico, della «canonizzazione equipollente».
Santi canonizzati tutti da Francesco. Sant’Angela da Foligno (1248-1309) il 9 ottobre 2013; San Pietro Favre (506-1546) il 17 dicembre 2013; San José de Anchieta Llarena (1534-1597) il 3 aprile 2014; Saint François-Xavier de Montmorency-Laval (1623-1708) il 3 aprile 2014; San Giuseppe Vaz (1651-1711) il 14 gennaio 2015 nel suo viaggio in Sri Lanka. Ora, il 23 settembre 2015, Junípero Serra (1713-1784).
Il 2 maggio scorso Francesco ne ha parlato nel Collegio nordamericano di Roma come uno di «quella moltitudine di missionari che portarono il Vangelo al Nuovo Mondo e al tempo stesso difesero gli indigeni contro i soprusi dei colonizzatori». L’immagine di Nostra Signora di Guadalupe, la «Morenita», «era presente nelle 21 missioni che fray Junípero fondò lungo la costa californiana. Nostra Signora di Guadalupe diventòla Patronadi tutto il continente americano».
Il Papa argentino lo colloca a fianco dei santi e delle sante del continente americano: «Contemplative come Rosa da Lima, Mariana di Quito e Teresita de los Andes; pastori che emanavano il profumo di Cristo e l’odore delle pecore, come Toribio di Mogrovejo, François de Laval, Rafael Guizar Valencia; umili operai della vigna del Signore, come Juan Diego e Kateri Tekakwhita; servitori dei sofferenti e degli emarginati, come Pedro Claver, Martín de Porres, Damián de Molokai, Alberto Hurtado e Rose Philippine Duchesne; fondatrici di comunità consacrate al servizio di Dio e dei poveri, come Francesca Cabrini, Elisabeth Ann Seaton e Catalina Drexel; missionari instancabili, come fray Francisco Solano, José de Anchieta, Alonso de Barzana, María Antonia de Paz y Figueroa, José Gabriel del Rosario Brochero; martiri come Roque González, Miguel Pro e Oscar Arnulfo Romero».
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