Francesco, Spirito Santo, il fuoco d’amore sotto la cenere delle nostre colpe

Nella domenica di Pentecoste l’invito del Papa a non essere cristiani “tifosi”, di destra o di sinistra prima che di Gesù, ma ad aprirsi allo Spirito che unisce

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Francesco, Spirito Santo, il fuoco d’amore sotto la cenere delle nostre colpe

“Lo Spirito doni pace al mondo intero; guarisca le piaghe della guerra e del terrorismo, che anche questa notte, a Londra, ha colpito civili innocenti: preghiamo per le vittime e i familiari”. E’ l’appello che Papa Francesco ha rivolto al Regina Caeli, dopo la Messa di Pentecoste.

 

Un cammino di cinquanta giorni

 

Si conclude oggi il tempo di Pasqua, cinquanta giorni che, dalla Risurrezione di Gesù alla Pentecoste, sono contrassegnati in modo speciale dalla presenza dello Spirito Santo: “È lui infatti il Dono pasquale per eccellenza. È lo Spirito creatore, che realizza sempre cose nuove”. Due novità ci vengono mostrate nelle Letture di oggi: nella prima, lo Spirito fa dei discepoli “un popolo nuovo”; nel Vangelo, crea nei discepoli “un cuore nuovo”.

 

Un popolo nuovo

 

Nel giorno di Pentecoste lo Spirito discese dal cielo, in forma di “lingue come di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno […], e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue” (At 2,3-4). La Parola di Dio così descrive l’azione dello Spirito, che prima si posa su ciascuno e poi mette tutti in comunicazione. “A ognuno dà un dono - ha osservato il Santo Padre - e tutti raduna in unità. In altre parole, il medesimo Spirito crea la diversità e l’unità e in questo modo plasma un popolo nuovo, variegato e unito: la Chiesa universale”. Dapprima, “con fantasia e imprevedibilità”, crea la diversità; in ogni epoca fa infatti fiorire carismi nuovi e vari. Poi lo stesso Spirito realizza l’unità: “collega, raduna, ricompone l’armonia”. Citando Cirillo di Alessandria, il Papa ha sottolineato che “con la sua presenza e la sua azione riunisce nell’unità spiriti che tra loro sono distinti e separati”. Cosicché ci sia l’unità vera: “quella secondo Dio, che non è uniformità, ma unità nella differenza”.

 

Prima tentazione: diversità senza unità

 

Il Papa ci ha messo in guardia da due errori definiti “tentazioni ricorrenti”. La prima è quella di “cercare la diversità senza l’unità”. Succede quando ci si vuole distinguere, quando si formano schieramenti e partiti, quando ci si irrigidisce su posizioni escludenti, quando ci si chiude nei propri particolarismi, “magari ritenendosi i migliori o quelli che hanno sempre ragione”. Sono i cosiddetti “custodi della verità”. “Allora si sceglie la parte, non il tutto, l’appartenere a questo o a quello prima che alla Chiesa; si diventa ‘tifosi’ di parte anziché fratelli e sorelle nello stesso Spirito; cristiani “di destra o di sinistra” prima che di Gesù; “custodi inflessibili del passato” o “avanguardisti del futuro” prima che “figli umili e grati della Chiesa”. Così c’è la “diversità senza l’unità”.

 

 

Seconda tentazione: unità senza diversità
La tentazione opposta è invece quella di cercare “l’unità senza la diversità”. In questo modo “l’unità diventa uniformità, obbligo di fare tutto insieme e tutto uguale, di pensare tutti sempre allo stesso modo”. Così l’unità finisce per essere omologazione e non c’è più libertà. Ma, dice San Paolo, “dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà” (2 Cor 3,17).

 

Papa Francesco raccomanda allora di chiedere allo Spirito Santo la grazia di accogliere la sua unità, “uno sguardo che abbraccia e ama”, al di là delle preferenze personali; di farci carico dell’unità tra tutti, di “azzerare le chiacchiere che seminano zizzania” e le “invidie che avvelenano”, perché “essere uomini e donne di Chiesa significa essere uomini e donne di comunione”; è chiedere anche un cuore che senta la Chiesa nostra madre e nostra casa: “la casa accogliente e aperta, dove si condivide la gioia pluriforme dello Spirito Santo”.

 

Un cuore nuovo

 

Gesù Risorto, apparendo per la prima volta ai suoi, dice: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati” (Gv 20,22-23). Gesù non condanna i suoi, che lo avevano abbandonato e rinnegato durante la Passione, ma dona loro lo Spirito del perdono. Lo Spirito è il primo dono del Risorto e viene dato anzitutto per perdonare i peccati. “Ecco l’inizio della Chiesa”, “ecco - prosegue il Santo Padre - il collante che ci tiene insieme, il cemento che unisce i mattoni della casa: il perdono”. Perché “il perdono è il dono all’ennesima potenza”, è “l’amore più grande”, quello che tiene uniti nonostante tutto, che impedisce di crollare, che rinforza e rinsalda. “Il perdono libera il cuore e permette di ricominciare: il perdono dà speranza, senza perdono non si edifica la Chiesa”.

 

Lo Spirito del perdono, “che tutto risolve nella concordia”, ci spinge a rifiutare altre vie: “quelle sbrigative di chi giudica”, “quelle senza uscita di chi chiude ogni porta”, “quelle a senso unico di chi critica gli altri”. Lo Spirito ci esorta invece a percorrere “la via a doppio senso del perdono ricevuto e del perdono donato”, della misericordia divina che si fa amore al prossimo, della carità come “unico criterio secondo cui tutto deve essere fatto o non fatto, cambiato o non cambiato”.

 

Correggere prima noi stessi, poi gli altri

 

Il Papa ha anche chiesto la grazia di “rinnovarci con il perdono” e “correggere noi stessi”, solo allora potremo “correggere gli altri nella carità”.

 

L’omelia si chiude con un’immagine estremamente efficace dello Spirito Santo: “fuoco d’amore che arde nella Chiesa e dentro di noi”, anche se spesso “lo copriamo con la cenere delle nostre colpe”. Infine l’invocazione: “Spirito di Dio, Signore che sei nel mio cuore e nel cuore della Chiesa, tu che porti avanti la Chiesa, plasmandola nella diversità, vieni. Per vivere abbiamo bisogno di Te come dell’acqua: scendi ancora su di noi e insegnaci l’unità, rinnova i nostri cuori e insegnaci ad amare come Tu ci ami, a perdonare come Tu ci perdoni. Amen”.

 

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