"Cibo per tutti gli uomini, Dio ci giudicherà"
Papa Francesco apre la 20ª assemblea della Caritas internationalis (12-17 maggio)
Dio chiamerà a giudizio un giorno i «potenti della terra e si manifesterà se davvero hanno cercato di provvedere il cibo per Lui in ogni persona e se hanno operato perché l’ambiente non sia distrutto». Papa Francesco, con una Messa in San Pietro, apre la 20ª assemblea della Caritas internationalis (12-17 maggio) «Una famiglia umana, cibo per tutti», federazione di 165 Caritas nazionali: l’ultima aggregata è quella del Sud Sudan. La Caritas «non è una semplice organizzazione umanitaria», ma rivela «il desiderio della Chiesa di andare incontro a Gesù in ogni persona, soprattutto quando è povera e soffre». Senza dimenticare «i fratelli cristiani cacciati dalle loro case e dalle loro chiese, a volte distrutte».
La Caritas è conosciuta per le sue realizzazioni in moltissime parti del mondo e «deve trovare ancora più diffusione nelle parrocchie e comunità. La radice del servizio sta nell’accoglienza di Dio e del prossimo. Se si toglie questa radice, la Caritas muore. Andate nel mondo e servite, nel nome di Cristo, ogni fratello e sorella. Non ci sono Caritas grandi e Caritas piccole, sono tutte uguali. Non cadiamo nel centralismo organizzativo: la Caritas è solo servizio, esperienza di comunione, periferia. Quello della Caritas non è un semplice operatore ma un testimone di Cristo che ama la gratuità. Senza questo amore, le nostre strategie e pianificazioni restano vuote».
Bergoglio sostiene la campagna «Una famiglia umana, cibo per tutti» e sottolinea: «Tanta gente aspetta di mangiare a sufficienza. Il Pianeta ha cibo per tutti, ma sembra che manchi la volontà di condividere con tutti. Preparare la tavola per tutti, chiedere e fare in modo che abbiano da mangiare, ricordare ai potenti che Dio li chiamerà a giudizio» e si vedrà «se davvero hanno cercato di provvedere il cibo per Lui in ogni persona e se hanno operato perché l’ambiente non sia distrutto».
Tematiche non dissimili da quelle emerse nel dialogo con 7 mila bambini italiani della «Fabbrica della pace»: «Perché tante persone potenti non vogliono la pace? Perché vivono delle guerre, l'industria delle armi è grave! I potenti guadagnano con la fabbrica delle armi e vendono le armi: è l'industria della morte, ci guadagnano».
Il cardinale salesiano Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegugicalpa, capitale dell’Honduras, e presidente di Caritas internationalis – in scadenza dopo otto anni – ricorda che nel dicembre 2015 a Parigi ci sarà un vertice decisivo sui cambiamenti climatici. E l’enciclica ecologica di Francesco? L’approccio del Papa non è scientifico ma etico e pastorale, ma i capitalisti continuano a distruggere il creato e a desertificare l’ambiente per non rinunciare ai guadagni. Quelli americani poi accusano Papa Francesco di essere un comunista. Confida Maradiaga, che è il coordinatore del C9 il Consiglio dei 9 cardinali che cooperano con Francesco nel governo della Chiesa: «Sono stato negli Stati Uniti e ho sentito critiche all’enciclica» prima ancora che sia pubblicata. Critiche insensate: «Come si può criticare una cosa che non si conosce?».
Ricorda le aree in guerra e di sofferenza: Medio Oriente, Repubblica Centrafricana, Sud Sudan, Ucraina, il Nepal continuamente scosso dal terremoto; esorta a «conservare i poveri al centro dei nostri cuori»; elogia la nuova stella «nel firmamento della Chiesa», l’arcivescovo martire mons. Oscar Arnulfo Romero y Gadames che verrà beatificato a San Salvador sabato 23 maggio.
Alla Caritas internationalis prende la parola il domenicano peruviano Gustavo Gutierrez, di fatto l’iniziatore della «teologia della liberazione», che tanti grattacapi ebbe da Giovanni Paolo II e dal prefetto della Congregazione per la dottrina della fede cardinale Joseph Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI. Da vero signore, di 86 anni, oggi dice: «Con la Santa Sede ci fu un dialogo, a volte difficile».
Spiega: «La nozione centrale della teologia della liberazione è la “opzione preferenziale per i poveri”. Credo sia più chiaro adesso, grazie alla testimonianza di Papa Francesco. Ma nella questione non è tanto importante la “teoria della liberazione”, ma vedere l'importanza dei poveri nella Chiesa e il fatto di andare a cercare l’insegnamento dei Vangeli. È veramente ciò che conta, questo andare verso le periferie. E questo è un tempo opportuno».
Cinquant’anni fa il Concilio Vaticano II (1962-1965) ribadì la fedeltà della Chiesa al Vangelo di Gesù Cristo con «la scelta preferenziale dei poveri», una scelta riproposta dall’arcivescovo di Torino cardinale Michele Pellegrino nella lettera pastorale «Camminare insieme» del 1971. Il prossimo 18 settembre sarà il 50° della nomina di mons. Pellegrino ad arcivescovo di Torino, con una scelta a sorpresa fatta da Papa Paolo VI. Romero come Pellegrino, Papa Francesco come Papa Paolo vogliono «una Chiesa povera e amica dei poveri» perché la povertà non è tanto una questione sociale – come dice Gutierrez – ma «è una questione teologica, una questione centrale nel messaggio cristiano. Quando parliamo di carità, non dimentichiamo la giustizia. Siamo nell’epoca post-socialista, post-capitalista, post-industriale. Alle persone piace dire che siamo nell’epoca post. Ma non siamo nell’epoca post-povertà».
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