Santo Marello tutto il Piemonte ne parla
Un Symposiym partito da Torino raggiungerà Asti, Acqui e le altre sedi dove il religioso ha operato. La galleria fotografica del convegno nel capoluogo
Giuseppe Marello un santo subalpino tutto da scoprire. Cuore di padre e di pastore, generoso apostolo del «sociale», proclamato santo a Roma da Giovanni Paolo II 25 novembre 2001. La canonizzazione riempie un medaglione vuoto. Nella laboriosa fucina di personaggi e nell’affollata galleria di santi, beati, venerabili e servi di Dio di Torino e del Piemonte – un papa riformatore (San Pio V) e mistici, sacerdoti e parroci, buoni samaritani e fondatori di Congregazioni religiose, laici e laiche, nobildonne e umili persone del popolo, missionari e giovani, apostoli e principesse, adolescenti e madri di famiglia, vergini e popolane, martiri ed evangelizzatori – mancavano i vescovi. Ora la lacuna è colmata da San Giuseppe Marello e dal Beato Edoardo Rosaz.
Marello si colloca a buon diritto accanto ai cinque giganti: Giuseppe Benedetto Cottolengo, Giuseppe Cafasso, Giovanni Bosco, Leonardo Murialdo, Luigi Orione. Nato a Torino, è sacerdote ad Asti ed è vescovo ad Acqui Terme. Di «San Giuseppe Marello sacerdote e vescovo della misericordia» si è occupato il «II symposium internazionale», organizzato dagli Oblati di San Giuseppe, da lui fondati, che ha ripercorso le tappe della sua vita: Torino, Asti, Acqui Terme, Alba, San Martino Alfieri. Ne hanno parlato, dopo il saluto di Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, docenti qualificati: Giovenale Dotta, Severino Dalmaso, Luigi Berzano, Guido Miglietta, Maurilio Guasco, Giuseppe Demarcus, Anna Rosa Miotti, Alberto Santiago, Lucilla Rapetti, Vittorio Rapetti, Michele Piscopo.
Nasce il 26 dicembre 1844 in centro a Torino. I genitori, commercianti venuti da San Martino Alfieri nell’Astigiano, avevano aperto un negozio in «via dei pasticceri», ora via Berchet. Nel 1852 la famiglia torna a San Martino. Avverte la vocazione al sacerdozio ed entra nel Seminario di Asti, occupato nel 1859 – come altri – dall’esercito. Giuseppe è in crisi ed è frastornato. Nel 1862 la famiglia torna a Torino e si stabilisce in via Seminario 2, oggi via XX Settembre 72. Guarisce da una malattia e rientra in Seminario ad Asti: il vescovo, il torinese Carlo Savio, lo ordina sacerdote, lo sceglie come suo segretario e si fa accompagnare a Roma al Concilio Vaticano I (1869-70) indetto da Pio IX che, con la costituzione «Pastor aeternus» del 18 luglio 1870, proclama il dogma dell’infallibilità pontificia. Vi partecipano 700 presuli. I vescovi subalpini sono divisi sull’infallibilità ma poi tutti la accettano. Il Concilio è interrotto bruscamente dalla «presa di Porta Pia», che segna la fine del potere temporale dei papi.
Rientrato ad Asti, Marello alterna gli impegni in Curia all’apostolato attivo. Il 1878 è un anno di svolta. Il 9 gennaio al Quirinale muore Vittorio Emanuele II, assolto in extremis dalle scomuniche dopo una generica ammissione delle sue colpe contro la Chiesa. E il 7 febbraio lo segue nella tomba Pio IX.
Marello si sente ispirato a fondare un nuovo istituto che faccia rinascere in Asti la vita consacrata. Il 14 marzo 1878 avvia con quattro giovani in gamba, nella povertà più assoluta, la nuova Congregazione: gli «Oblati» di San Giuseppe, «offerti», pronti ad andare ovunque ci sia bisogno per «curare gli interessi di Gesù». Fonda l’Istituto in corso Alfieri 384, due stanze presso l’«Opera pia Michelerio», davanti al palazzo dei Conti Alfieri. In un secolo e mezzo in Piemonte vengono fondati 47 Istituti religiosi: 7 maschili e 40 femminili;24 indiocesi di Torino e 23 nel resto del Piemonte.
Un altro, importante e delicato compito lo attende. Il 23 novembre 1888 Leone XIII lo nomina vescovo di Acqui Terme. Ha 44 anni: nel pieno del vigore fisico, non si risparmia. Annuncia Cristo e costruisce la Chiesa; compie la visita pastorale a tutte le parrocchie, a piedi o a dorso di mulo, nelle località più impervie degli Appennini. Si fa prossimo a tutti: va a trovare i malati nelle case; cresima i ragazzi infermi a domicilio; apre la porta del cuore e di casa a ogni povero che bussa; si batte per il rispetto degli umili e i diritti dei lavoratori. Quando il 15 maggio 1891 Leone XIII pubblica l’enciclica «Rerum novarum» – la «Magna charta» dell’apostolato sociale dei cattolici – il vescovo di Acqui ne diffonde le copie, ne commenta il testo, ne traduce le iniziative. Ma è un ministero breve: dura solo sei anni. Muore il 30 maggio1895 a50 anni.
Maestro e apostolo dei giovani, guida e padre della sua gente, Marello deve far fronte a due gravosi impegni: seguire la crescita della Congregazione ed essere pastore attento e sensibile. È il vescovo della misericordia, della dolcezza, della carità, della santità. L’antica diocesi di Acqui annovera così un nuovo santo dopo Maggiorino, Guido, Paolo della Croce e Maria Domenica Mazzarello ed è in corso la causa per Paolo Pio Perazzo. Dopo Marello, sulla Cattedra dei Santi Maggiorino e Guido si sono succeduti altri tre vescovi torinesi: Giuseppe Dell’Omo (1943-1976), Livio Maritano (1979-2000), Pier Giorgio Micchiardi dal 2000.
Marello è beatificato in piazza del Palio ad Asti da Giovanni Paolo II domenica 26 settembre 1993 durante la visita. Il Papa lo addita ai pastori del popolo di Dio, agli Oblati e ai fedeli come «esempio e modello di carità verso tutti e di instancabile e silenziosa operosità a favore dei giovani e degli abbandonati». Ne mette in evidenza la figura di educatore e pastore, sulla scia della santità subalpina.
Marello ha significativi rapporti con i santi torinesi. Quando progetta di fondare un istituto religioso ha contatti con i successori del Cottolengo alla Piccola Casa; con il beato Michele Rua, continuatore di don Bosco alla guida dell’opera salesiana; con il beato Giuseppe Allamano, rettore del santuario e del convitto della Consolata e fondatore dell’Istituto Missionario. Comuni gli ideali con Murialdo: tra i collaboratori di quest’ultimo emergono due «venerabili»: il torinese don Eugenio Reffo, poliedrica figura di sacerdote e giornalista; Paolo Pio Perrazzo, nativo di Nizza Monferrato (provincia di Asti e diocesi di Acqui Terme) «il ferroviere santo» che lavorò alla stazione di Porta Nuova a Torino.
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