Comunità di Bose: Enzo Bianchi lascia, il priorato a Luciano Manicardi
Il fondatore della comunità monastica ed ecumenica nata nel 1965 comunica l'avvicendamento
Carissimi amici e ospiti,
oggi, nella festa dei santi abati di Cîteaux, i fratelli e le sorelle professi della comunità, riuniti per il consiglio generale annuale, hanno proceduto – alla presenza del garante esterno p. Michel Van Parys osb, già abate di Chevetogne – all’elezione del nuovo priore secondo quanto previsto dallo Statuto approvato dal vescovo di Biella Gabriele Mana. Ho la grande gioia di annunciarvi che è stato eletto fr. Luciano Manicardi
La comunità, in grande pace, ringrazia il Signore per la sua fedeltà e chiede a tutti voi di partecipare alla nostra gioia e alla nostra preghiera.
«Si dice che i cervi quando camminano nella loro mandria appoggiano ciascuno il capo su quello di un altro. Solo uno, quello che precede, tiene alto senza sostegno il suo capo e non lo posa su quello di un altro. Ma quando chi porta il peso («qui pondus capitis in primatu portabat») è affaticato, lascia il primo posto e un altro gli succede». Questo scrive Sant’Agostino a commento del Salmo 41. E con queste parole fratel Enzo Bianchi, fondatore e priore della comunità di Bose, annuncia le sue dimissioni e l’elezione del successore, fratel Luciano Manicardi.
Le dimissioni di Bianchi - che compirà 75 anni l’anno prossimo - erano previste nel 2014, ma furono rimandate in obbedienza alla richiesta dei «visitatori fraterni» di portare a compimento lo Statuto della comunità. «Così ho continuato a presiedere, ma avvertendo più volte i miei fratelli e le mie sorelle che erano gli ultimi mesi del mio servizio e assentandomi sovente». Annunciate nel capitolo del 26 dicembre 2016, le dimissioni sono scattate il 25 gennaio 2017. Il 26 mattina la comunità con il voto ha scelto come nuovo priore fratel Luciano Manicardi: «I fratelli e le sorelle professi, riuniti per il Consiglio generale annuale, hanno proceduto - alla presenza del garante esterno padre Michel Van Parys, abate emerito di Chevetogne – all’elezione del nuovo priore secondo quanto previsto dallo Statuto approvato dal vescovo di Biella, Gabriele Mana».
Commenta Marcello Semeraro, vescovo di Albano e segretario del Consiglio di cardinali (C9): «È un gesto di grande rispetto e profondo amore alla comunità monastica». Nella scelta di Enzo Bianchi «si può intravvedere anche un insegnamento spirituale di una norma canonica: quella di Paolo VI che fissa al compimento del 75° anno la rinuncia agli incarichi pastorali. Bianchi non è un vescovo, ma è un padre. La sua decisione è l’altra faccia della medaglia, spirituale e carismatica, della norma».
Nato nel 1957 a Campagnola Emilia (Reggio Emilia), Luciano Manicardi, si laurea a Bologna con una tesi sul Salmo 68. Entrato nella comunità monastica di Bose nel 1980, continua gli studi biblici. È Vicepriore e responsabile della formazione dei novizi. Attento all'intrecciarsi dei dati biblici con l'antropologia, riesce a far emergere dalla Scrittura lo spessore esistenziale e la sapienza di vita. Le sue opere: (con Enzo Bianchi) «La carità nella Chiesa» (1991); (con Enzo Bianchi) «Magnificat. Benedictus. Nunc Dimittis» (1991); (con Enzo Bianchi) «Accanto al malato. Riflessioni sul senso della malattia e sull'accompagnamento dei malati» (2000); «Nelle tenebre una luce. Itinerari di vita nella sofferenza» (2004); «Il corpo. Via di Dio verso l'uomo, via dell'uomo verso Dio» (2005); (con Guido Dotti) «Una vita ricca di senso» (2005); «L'umano soffrire. Evangelizzare le parole sulla sofferenza» (2006).
Quella di Bose è una comunità monastica unica nel suo genere in Italia e in Europa. Dal 1963 una ventina di universitari torinesi si riuniscono per ascoltare la Parola di Dio in via Piave a Torino da Enzo Bianchi, nato a Castel Boglione (Asti) il 3 marzo nel 1943, studente di Economia e commercio, che ospita cattolici, valdesi, battisti. Si ritira in solitudine nella cascina «Le buche» a Bose, villaggio abbandonato nel Comune di Magnano, provincia di Vercelli (oggi Biella) e diocesi di Biella, sulla Serra. L'8 dicembre 1965, giorno in cui finisce il Concilio Vaticano II, inaugura la comunità di Bose sottoponendo il progetto al cardinale arcivescovo di Torino Michele Pellegrino che - di fronte alle difficoltà del vescovo di Biella, Carlo Rossi - si fa garante dell’ortodossia del gruppo e della comunione con la Chiesa. Il 3-6 agosto 1968 il Capitolo di fondazione fissa le caratteristiche della comunità: monastica, ecumenica, laicale. Che si ispira: ai trappisti francesi di Tamié in Savoia, ai monaci ortodossi di Monte Athos, ai fratelli riformati di Taizé. Che fa riferimento a figure di grande levatura come Athenagoras, Patriarca ecumenico di Costantinopoli.
Il 7 novembre 1967 il vescovo Carlo Rossi proibisce le celebrazioni liturgiche pubbliche, ma Pellegrino fa rimuovere l'interdetto, va a Bose il 29 giugno 1968 e celebra l'Eucaristia. Nell’ottobre 1968 i giovani cattolici Domenico Ciardi e Maritè Calioni e il pastore riformato svizzero Daniel Attinger si uniscono a fratel Enzo – che da tre anni vive in solitudine - per iniziare la vita comunitaria, assieme a una sorella della comunità riformata di Grandchamp in Svizzera. La comunità si ispira agli Atti degli apostoli 2,42: «Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere».
Tre i punti focali: la Bibbia, la liturgia, l’ecumenismo. Lasciano case e famiglie; lavorano per non dipendere da nessuno; condividono stipendi e offerte; coltivano amicizia, accoglienza, ospitalità; si incontrano per la preghiera (mattino, mezzodì, sera) e per i pasti. Non è una fuga dal mondo e non hanno paura di sporcarsi le mani.
Celibi, vivono di preghiera e lavoro. Bianchi non ha mai voluto ricevere alcun ordine e vuole «restare un semplice cristiano, laico come sono i monaci». Scrive su giornali e riviste. Il 28 agosto 2004 fa parte della delegazione guidata dal cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, incaricata di consegnare ad Alessio II, patriarca di Mosca, la celebre icona della Madonna di Kazan. Scelto da Benedetto XVI partecipa come «perito» ai Sinodi dei vescovi «Parola di Dio» (2008) e «Nuova evangelizzazione» (2012). Il 22 luglio 2014 è nominato da Francesco consultore del Pontificio Consiglio per l’unità. Bianchi offre un lucido contributo alla due-giorni del 2016 «Michele Pellegrino. Memoria del futuro» nel 30° della morte e nel 45° della «Camminare insieme»: «Sono consapevole del grande debito che io e la mia comunità abbiamo verso di lui. Con lui ho avuto non solo conoscenza, ma anche assidua frequentazione e profonda amicizia: un legame approfondito anche dall’ascolto delle sue omelie a sant’Alfonso e sant’Anna quando, studente universitario, alloggiavo in via Morghen. “Io e lei siamo entrambi segnati dalla perdita della madre in tenera età” mi disse più volte».
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