Ogni giorno ripartire dagli ultimi
Colloquio con padre Gianfranco Testa, Missionario della Consolata, docente di filosofia, tornato in Italia nel 2009 dopo molti anni in America Latina, un bilancio sulla visita di Papa Francesco
Qual è la valutazione su quanto ha detto e soprattutto fatto il papa in questo viaggio Bolivia, Ecuador e Paraguay?
L’impressione generale su quello che ha detto e fatto è un’estrema coerenza con le sue scelte, con il suo credo e la sua mentalità. La scelta degli ultimi anzitutto e poi, ha detto delle parole molto decise contro la corruzione. Sapeva che avrebbe avuto a che fare con dei presidenti che avrebbero cercato di manipolarlo a loro favore: Correa, Morales, popolari ma anche abbastanza populisti. Quando ha parlato di corruzione il Papa ha detto «Non mi riferisco a nessuno, parlo per me stesso», ma la gente ha capito che era una battuta anche proprio specificamente per il presidente e forse anche un po’ le autorità che erano lì presenti a questa grande Messa. Ma io penso che per chi viene dall’America latina non è strano questo modo di parlare, questo discorso, c’è una sensibilità molto chiara. La teologia che nasce in America latina è una teologia che si può chiamare una «teologia seconda», cioè non parliamo di Dio, il dogma della teologia è parlare di Dio: si sono scritte montagne di libri su Dio e poi chi lo conosce davvero? È difficile dirlo. Invece la «teologia seconda» è partire dall’uomo, dalla realtà. Guardare l’uomo. Qui si è preoccupati se l’uomo è ateo, se l’uomo ha perso la fede in Dio, se l’uomo ha perso la sua dignità di persona. È questo tema il Papa lo affronta con molta decisione quando dice che la fede è solidarietà, che il cristiano è colui che sa accogliere. Noi qui diremmo «No, calma. Il cristiano è colui che crede in Gesù Cristo, che crede in Dio, il Dio di Gesù Cristo!». Lui va alla concretezza perché c’è una teologia de «Il Signore è il Signore» e c’è una teologia di «Colui che fa la volontà del Padre». Non è che si devono contrapporre, però, certamente, di fronte all’ortodossia, l’ortoprassi sembra più urgente. Poi di Dio possiamo dire cose bellissime e magari fermarci lì, ma è il come si vive la fede che da senso al nostro vivere ed il Papa su questo è molto chiaro; c’è l’ha molto dentro di sé ed è molto evidente con i suoi interventi, i suoi gesti e le sue scelte. Scegliere di incontrare la gente del carcere di Palmasola - questo carcere «autogestito» che riflette il modo in cui è gestita la società con l’ingiustizia, la prepotenza, la violenza e il sopruso – è un invito ad andare dove c’è la persona con tutte le sue problematiche»
È stato molto ripreso e anche commentato l’intervento di Papa Francesco all’incontro mondiale dei movimenti popolari qual è la sua valutazione? Spesso si fanno delle sintesi che a volte utilizzano dei termini in maniera molto giornalistica senza avere una cognizione di quello che significano come quando si parla del concetto della liberazione …
È chiaro che la liberazione è buona, è libertà, è dare a noi la capacità di vivere. La liberazione è sempre da associare ad una parola che il Papa usa molto: inclusione: non escludere mai nessuno. C’è giustizia quando c’è inclusione. C’è giustizia quando le persone non sono solo «oggetto» del nostro interesse, ma sono «soggetti di diritto» e questa è un’espressione forte. La persona non ha bisogno di essere aiutata, ma riconosciuta nella sua dignità. Questo cambia completamente la visione, questo cambia anche la visione nostra qui. Quest’anno a settembre, a Firenze, si terrà il convegno ecclesiale nazionale ma penso che l’umanesimo, questo «nuovo umanesimo» che verrà proclamato in modo molto dotto, con grandi professori, cardinali e teologi il Papa l’ha già avviato… con i suoi gesti, con le sue parole. Lui stesso andrà a Firenze ma passerà dai cinesi, come a dire «Guardate l’uomo! Guardate l’ultimo!». È un richiamo a partire dal più povero, dall’abbandonato, dall’escluso. Se c’è una società che esclude, se c’è una politica, una religione anche, a volte, che esclude, che si interessa solo dei buoni, di chi è a posto, di chi è in ordine, allora siamo sempre più davanti ad una visione di esclusione. Invece bisogna essere inclusivi, mai lasciare nessuno al margine.
Anche quando il Papa parla dei poveri e da loro un risalto grande, non è perché che i poveri sono buoni! I poveri sono sporchi, sono ladri, sono bugiardi. Commettono tutti i peccati di questo mondo. Il povero ha tutti i problemi e i peccati, di questa umanità. Però ha un «vantaggio»: ha bisogno. Non è autosufficiente. Se noi non abbiamo una visione di non-autosufficienza, noi non potremo mai entrare nel regno di Dio, non potremo comprendere il significato di un Dio che ci vuole bene e che ci accompagna. Se noi siamo autosufficienti non abbiamo bisogno di Lui, non necessitiamo del suo perdono e quindi non lo otteniamo. Nono abbiamo bisogno della sua misericordia e quindi non l’avremo, perché crediamo già negli assoluti. Purtroppo c’è una mentalità in cui gli assoluti dominano il mondo, l’economia e tante volte anche la religione. Il Papa non si stanca di dire che non deve essere così, che proprio dove c’è più miseria, più povertà, più difficoltà ad andare avanti lì si manifesta maggiormente la capacità di accettazione dell’altro, la carità, l’ospitalità, lì con l’affamato, con l’assetato, con il lebbroso e con chi non è come noi e con chi non crede in Dio. Anche con questo viaggio Papa Francesco ha dato un grosso impegno ai Vescovi, ai preti, a tutti i cristiani ed è un grosso scossone per tutti noi.
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