In Turchia, aspettando Francesco
Per il debutto in rete de "LaVocedelTempo" lo studioso del mondo islamico padre Kmetec riflette sulle speranze legate al viaggio di Papa Francesco in Turchia dal 28 al 30 novembre. Prima di Francesco visitarono la Turchia altre tre Papi: Paolo VI nel 1967, Giovanni Paolo II nel 1979, Benedetto XVI nel 2006
Nonostante sia un periodo storico difficile per la visita di un papa in Turchia, dove i cristiani, secondo le statistiche quasi non esistono, Francesco ha avuto il coraggio di rispondere positivamente a questo invito. Siamo testimoni, infatti, di un quasi totale sradicamento dei cristiani in Iraq, e questa violenza nel nome dell’Islam continua a minacciare non solo il Medio Oriente ma il mondo intero. Eppure in questa terra esiste ancora una Chiesa, composta da varie provenienze culturali e storiche - Cattolica e Ortodossa, senza dimenticare diverse Chiese Protestanti.
Così Papa Francesco, come un punto di riferimento luminoso in questo mondo confuso, ha il coraggio di venire ad abbracciare ogni persona, proprio come desidera Cristo nel vangelo, incontrando le varie situazioni umane, tante volte drammatiche e senza speranza. Lo scopo della visita papale è prima di tutto l’incontro con il Patriarca Bartolomeo, il quale guida il suo gregge sul difficile cammino verso il futuro.
In realtà, tutti i Cristiani in Turchia sono solo qualche migliaia, in un paese di più 76 milioni di abitanti e la storia di tutte le Chiese in Turchia è una storia ferita, che non ha ancora avuto la possibilità di guarire. Solo due semplici esempi ci parlano della situazione dei cristiani in Turchia: Quando si festeggia ogni anno in pompa magna la caduta di Costantinopoli come un inizio di una nuova era dell’umanità, come si possono sentire i cristiani di questo paese e di questa città?
C’è poi un forte movimento tra i musulmani, affinché la basilica di Santa Sofia torni ad essere nuovamente una moschea – come è stata durante l’impero ottomano - per riconfermare che solo una religione nel mondo è giusta e vera. In questo caso come può sentirsi un Patriarca depauperato – per non pensare a tanti altri problemi, tra quali il riconoscimento fondamentale di un’esistenza libera di ogni Chiesa, riconosciuta giuridicamente come comunità religiosa?
Ma ci sono anche segni di speranza e di dialogo, atteggiamenti positivi provenienti dalle autorità e da vari gruppi che credono in una società democratica in Turchia.
Il 10 ottobre, abbiamo avuto la felice occasione, di ascoltare la conferenza di sua Santità Bartolomeo nel Centro di Cultura Italiana in Istanbul con il titolo: “Relazioni ecumeniche di Mons. Roncalli durante il suo periodo a Istanbul”. Una conferenza, dunque, sul contributo che papa Giovanni XXIII ha dato ai rapporti ecumenici ad Istanbul, quando era Delegato Apostolico in Turchia dal 1935 al 1944. Partendo dalle proprie Fonti Ortodosse, il Patriarca ha tracciato il percorso importantissimo che Mons. Roncali – ora santo Papa Giovani XIII - per primo ha compiuto, tracciando con amore ponti incrollabili trala Chiesa Ortodossa ela Chiesa Cattolica e nella sua umiltà e semplicità, iniziò una nuova era nei rapporti ecumenici tra le due Chiese sorelle.
Nella sua conferenza il Patriarca Bartolomeo ha citato le parole del suo predecessore Atenagora al momento della morte di papa Giovanni XXIII: “Abbiamo tanto desiderato poter andare a Roma per abbracciare, piangere insieme al papa, a causa della nostra lunga separazione, manifestare la nostra tristezza per il passato, e la gioia per il futuro”.
La continuazione di questi nuovi rapporti fu sancita con l’incontro tra il Patriarca Athenagoras e Paulo VI avvenuto a Gerusaleme il6 gennaio 1964. Sono passati 50 anni da questo incontro, con il quale sono stati abbattuti gli ostacoli che per nove secoli distanziarono le due Chiese. E quest’anno (24-26 maggio) si è celebrato 50. anniversario con l’incontro tra le due capi delle Chiese a Gerusalemme: Papa Francesco e Patriarca Bartolomeo.
Papa Francesco e Patriarca Bartolomeo incontrandosi a Gerusalemme hanno dichiarato: “Il nostro incontro fraterno di oggi è un nuovo, necessario passo sul cammino verso l’unità alla quale soltanto lo Spirito Santo può guidarci: quella della comunione nella legittima diversità.” Come l’abbraccio tra Atenagora e Papa Paolo VI fu un atto altamente simbolico e pieno di significato, così è stato anche l’incontro a Gerusalemme dopo 50 anni, e cosi sarà anche la visita di Francesco a Costantinopoli il 29 novembre.
Gesto importantissimo per la storia delle due Chiese, gesto di solidarietà e di amore verso tutti i Cristiani non soltanto per quelli in Turchia ma anche per coloro che vivono in tutto Medio Oriente, così come è stato ben espresso nella dichiarazione congiunta fatta lo scorso maggio: “Da questa Città Santa di Gerusalemme, vogliamo esprimere la nostra comune profonda preoccupazione per la situazione dei cristiani in Medio Oriente e per il loro diritto a rimanere cittadini a pieno titolo delle loro patrie.”
Certo che la visita di papa Francesco non rimarrà rilevante soltanto nell’ambito dei rapporti ecumenici, ma ci si aspetta anche un messaggio atto a promuovere il dialogo tra musulmani e cristiani, e infine con tutti gli uomini di buona volontà.
Ecumenismo e dialogo
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