Bolivia, don Bosco porta l'energia elettrica

A Kami nella missione salesiana sulle Ande boliviane il progetto di don Serafino Chiesa di costruire una centrale elettrica è diventato realtà: un'opera che permette di sostenere progetti di scolarizzazione e lavoro 

Parole chiave: Missione Kami (1), don Serafino Chiesa (1), salesiani (35), Istituto Agnelli (2)
Bolivia, don Bosco porta l'energia elettrica

Chi conosce i salesiani sa bene che i sogni di don Bosco continuano a realizzarsi grazie alle mani e all’intraprendenza dei suoi figli. Del resto, come ha detto papa Francesco a Valdocco, lo scorso 21 giugno durante la sua visita a Torino, il salesiano è un «uomo  concreto: vede il problema, ci pensa e lo prende in mano».

Così è padre Serafino Chiesa, cuneese di Santo Stefano Roero, dal 1985 missionario in Bolivia a Kami sulle Ande nel dipartimento di Cochabamba: aveva 35 anni, sacerdote da sette, quando i suoi superiori gli chiedono di lasciare Torino per sostituire per qualche anno un confratello che doveva tornare in Italia. Invece è là da 31 anni e ha realizzato uno dei sogni che piacerebbero tanto al suo fondatore: costruire una centrale idroelettrica e una linea ad alta tensione ad oltre 4 mila metri di altitudine sulle Ande boliviane per fornire energia alla missione. «Ma soprattutto – come ci ha spiegato - per creare una fonte di reddito per la missione e per la gente che ci vive in modo rendere la comunità autonoma e autosufficiente». E così è stato: in 15 anni il sogno di padre Serafino – figlio di una famiglia numerosa di contadini con nessuna conoscenza tecnica nel campo dell’energia elettrica - si è realizzato e, sulle ceneri di una vecchia centrale abbandonata oggi è in funzione una nuova centrale idroelettrica che produce due mega di energia e potrebbe arrivare a sei.

Abbiamo incontrato padre Serafino qualche settimana fa, durante una pausa in Italia, all’Istituto Agnelli dove è stato responsabile dell’oratorio: di qui è partito nel 1985 e in parrocchia ha ancora molti amici che hanno dato vita ad un gruppo missionario che per primo ha sostenuto l’incredibile impresa della centrale. Un progetto che negli anni, grazie a una fitta rete di solidarietà, ha coinvolto aziende che hanno fornito gratuitamente i materiali e decine di tecnici volontari che insieme agli indigeni hanno tirato su tralicci e cavi a 4 mila metri.

«Quando sono sbarcato a Kami, una missione di oltre mille km quadrati sulle Ande con 20 mila anime sparpagliate in 106 comunità, in prevalenza di minatori e contadini, c’era moltissimo da fare: i primi salesiani sono arrivati nel 1977 con l’idea di far camminare con le proprie gambe la gente che viveva allo stremo, con un’economia al limite della sussistenza e con aspettative di vita bassissime».

Ed ecco l’idea di padre Serafino: rimettere in moto la centrale per raggiungere l’obiettivo «concreto» di rendere automi e produttivi i villaggi, sganciandoli dalla logica dell’assistenzialismo degli amici dei salesiani italiani. La realizzazione della centrale – un’ impresa epica considerate le difficoltà geografiche ed economiche –documenta come sia possibile il rapporto fra imprese, associazioni no profit e istituzioni, a sostegno di un progetto di imprenditoria sociale al servizio del bene comune. «Tutto è stato possibile – dice padre Serafino perché nella mia gente è centrale la comunità: c’è un verbo che dice bene questo modo di guardare alla vita, ‘compartir’, condividere. Ecco da noi tutto si condivide: la terrà che si lavora è di tutti, la miniera pure. E la centrale è stata una grande opera di condivisione nel costruirla ed ora nel gestirla».

E attorno al progetto della centrale in 31 anni i salesiani hanno costruito strade, una scuola con 3500 alunni, un collegio, centri di formazione professionale agricoli con stalle e allevamenti di trote, laboratori, un piccolo ospedale. «Grazie all’aiuto di tanti amici abbiamo realizzato il nostro sogno che, al di là della centrale, era dare alla nostra gente una prospettiva di vita perché come dice papa Francesco ‘non portare il pane a casa vuol dire non avere dignità».

In questi giorni anche a Kami si è celebrata la festa di Maria Ausiliatrice in un clima, quello andino che mischia la devozione alla Madre di Dio con i riti indigeni. «Per la nostra gente è importante che noi preti viviamo insieme a loro, condividendo gioie e dolori: per loro Dio si incarna nella nostra presenza; le figure dei santi passano attraverso noi religiosi, don Bosco per chi vive a Kami siamo noi salesiani. In questo senso cerchiamo di ‘puzzare’ come le nostre pecore…».

 - Per saperne di più sulla missione di padre Serafino Chiesa in Bolivia e per sostenere il progetto di sviluppo della centrale c’è un sito www.missionekami.it (la mail di padre Chiesa è: serafino@sdb.bo); sulla storia della centrale idroelettrica è stato recentemente pubblicato «Missione a 70 mila volt», un  documentario di Stefano Cavallotto per Settembre film (informazioni: www.settembrefilm.itsettembrefilm@gmail.com)

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