La luminosa parabola umana e spirituale di Benedetto XVI
I novant'anni di Joseph Ratzinger papa emerito e presenza fondamentale nella chiesa contemporanea
Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali. Nonostante tutti questi cambiamenti, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l’energia, ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, nell’assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell’esperienza e sperimenterà di nuovo i Sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura liturgica. Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra. Farà questo con fatica. Il processo di cristallizzazione e di chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il processo sarà lungo e faticoso. Ma dopo la prova uscirà una Chiesa interiorizzata e semplificata e sarà una grande forza».
La sorprendente e lucida profezia viene pronunciata alla radio tedesca, quasi cinquant’anni fa, il 24 dicembre 1969, da un giovane e sconosciuto teologo. Tale Joseph Ratzinger. Che aggiunge: «Gli uomini, in mondo totalmente programmato, vivranno una solitudine indicibile. Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l’orrore della loro povertà. Scopriranno allora la piccola comunità dei credenti come qualcosa di totalmente nuovo, una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto. A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena incominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti. Ma sono certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la Chiesa del culto politico, ma la Chiesa della fede. Non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell’uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte».
Quel teologo, Papa per otto anni (205-2013), oggi ha 90 anni. Joseph Ratzinger nasce a Marktl am Inn, diocesi di Passau, nel sud della Baviera, il Venerdì Santo, 16 aprile 1927. Lo battezzano la notte di Pasqua con l’acqua appena benedetta «un segno premonitore, un segno di benedizione». Ottimo negli studi, meno che in ginnastica: è il più piccolo della classe. Segue la Messa su un libretto in tedesco: è «das Schott, il messalino». È la parte della vita che si conosce meno mentre si sa (quasi) tutto degli scontri a sinistra con Leonardo Boff e a destra con Marcel Lefebvre e del pontificato. Quando scoppia la guerra nel 1939 Joseph ha 12 anni: verso la fine intorno ai 18 anni è arruolato a forza nei servizi ausiliari antiaerei. È il dramma dei giovani tedeschi vittime della follia hitleriana. Qualcuno parla di un passato nazista: fandonie. Cresce a un’altra scuola: «Mio padre diceva che la vittoria di Hitler sarebbe stata la vittoria dell’Anticristo» e il fratello don Georg conferma: «Nostro padre fu sempre un deciso oppositore del nazismo». Dopo il 30 aprile 1945, nel caos seguito al suicidio di Adolf Hitler, Jospeh diserta: rischia la vita perché la città è circondata da soldati della Wehrmacht e dalle Ss che hanno l’ordine di sparare a vista. Fermato da due militari armati, «passai un momento estremamente critico. Per fortuna erano stanchi della guerra e non avevano voglia di diventare degli assassini».
Nel 1946 riprende a studiare filosofia e teologia. Il 29 giugno 1951 è ordinato sacerdote e comincia a insegnare. Innamorato di Sant’Agostino e di San Bonaventura, si forma sui due giganti della teologia e della spiritualità: nel 1953 è dottore in teologia con la dissertazione «Popolo e casa di Dio nella dottrina della Chiesa di Sant’Agostino» e nel 1957 ottiene la libera docenza con la tesi «La teologia della storia di San Bonaventura». Insegna dogmatica, storia dei dogmi e teologia fondamentale a Frisinga, poi Bonn (1959-69), Münster (1963-66), Tubinga (1966-69), a Ratisbona.
Il Concilio segna la sua vita. Nel 1962 l’arcivescovo di Colonia cardinale Joseph Frings lo chiama come consulente teologico al Vaticano II: brillante ed esperto, offre un notevole contributo, acquista notorietà internazionale, è arruolato tra i «progressisti».
Da teologo a pastore. Paolo VI il 24 marzo 1977 lo nomina arcivescovo di Monaco: ha 50 anni ed è il primo prete diocesano dopo 80 anni alla guida della grande diocesi bavarese. Il 27 giugno è cardinale con Benelli, Gantin e Ciappi: sono gli ultimi quattro porporati di Paolo VI. Il 16 ottobre 1978 l’elezione di Karol Wojtyla che nel 1980 lo sceglie come relatore al Sinodo «I compiti della famiglia» e nel 1983 lo nomina presidente del Sinodo «Riconciliazione e penitenza» del quale è relatore Carlo Maria Martini.
Il 25 novembre 1981 lo chiama a Roma prefetto della Congregazione per la dottrina della fede: resta 24 anni. Il «guardiano della fede» è ricordato per due opere importanti: è presidente della Commissione per il «Catechismo della Chiesa cattolica» (1986-1992) promulgato da Giovanni Paolo II l’11 ottobre 1992, che sistematizza la dottrina cattolica; firma la «Dominus Jesu» ( 6 agosto 2000), «Dichiarazione sull’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa». La cosa che lo amareggia di più è essere chiamato «il grande inquisitore».
Difende la certezza della fede con un linguaggio chiaro e immediato, come nel commento alla Via Crucis del 2005 – quando Papa Wojtyla è alla fine - in cui denuncia «la sporcizia della Chiesa» e cita la Sindone. Le omelie che lo proiettano sulla cattedra di Pietro: ai funerali di Giovanni Paolo II e alla Messa «Pro eligendo Pontifice». Eletto a 78 anni suonati, assume il nome di Benedetto. A 86 anni, il 28 febbraio 2013, con umiltà e realismo, rinuncia al pontificato e vive – come aveva promesso - «nascosto al mondo».
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