Il vero volto del Natale
Intervista al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura: «Gesù ha ancora molto da dire agli uomini d’oggi»
In Francia la polemica è di questi giorni, dopo il divieto di esporre il presepe nei luoghi pubblici stabilito dalla corte amministrativa di Nantes: giovani e meno giovani hanno organizzato così presepi viventi in diversi luoghi pubblici della città: strade e viali, piazze e piazzette. E il solito sondaggio sull’onda della notizia ha stabilito che il 70 per cento dei francesi ritiene il presepe il vero simbolo del Natale. Anche in Italia, in molti luoghi (comprese le scuole pubbliche), non si può più simbolicamente ricordare che il Natale è una festa cristiana. Ma allora che festa è? Ci ha risposto il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la cultura, noto a molti per le sue trasmissioni televisive.
La tradizione cristiana celebra il 25 dicembre la nascita del Signore Gesù e in Italia questa festa è associata da sempre al senso della famiglia, degli affetti più cari, della gioia dei bambini. Nelle grandi città è già iniziata la corsa ai regali. Quanto di religioso c’è ancora in questa festa?
Gesù Cristo è una figura che ha ancora molto da dire agli uomini, ancora oggi è la figura che incide di più nella nostra cultura. Tutta la nostra storia artistica è animata dalla presenza di Cristo e ampio spazio è dedicato all’immagine del Natale. Gli artisti di oggi, anche quelli che lo attaccano, Saramago e altri, non possono farne a meno, sentono il bisogno di questa figura, ne provano una qualche nostalgia.
La società italiana vive questo evento come una pia tradizione o come “fatto” che ha radicalmente cambiato la nostra vita? Molti aspetti storici sono entrati nelle devozioni tradizionali e nel folclore, ma in verità rimandano ad un fatto…
Sta quindi a noi decidere di alzarci ad aprire a Cristo per averlo ospite della nostra mensa, partecipe della nostra famiglia, pronto ad ascoltare e a condividere le nostre ansie e le nostre speranze, il riso e le lacrime, il cibo semplice della tavola e le confidenze del cuore. Se Cristo non passasse e non bussasse, noi resteremmo soli, immersi nel nostro male, nelle colpe, nella nostra fragilità. Se noi non aprissimo, egli se ne andrebbe passando oltre. Grazia divina e libertà umana si incrociano, lui con noi, noi con lui.
leggi l'intervista completa su Il nostro tempo del 21 dicembre
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