La parola alle famiglie e alle persone

Ad una settimana dal "Family day", non si sono spenti gli echi del manifestazione. Fuori dal gioco delle strumentalizzazioni l'opinione di coloro che vi hanno partecipato

Parole chiave: famiglia (86), family day (1), legge (39), unioni civili (11)
La parola alle famiglie e alle persone

Una settimana dopo il Circo Massimo è vuoto. Sette giorni fa ha radunato tante famiglie, giovani, adulti, persone che hanno voluto esprimere la loro posizione in difesa del nucleo primario della società nella sua dimensione di uomo e donna. Molto si è scritto e detto, anche in modo inapropriato, e dunque è corretto e importante dare voce a persone che hanno partecipato alla manifestazione di sabato a Roma. La parola dunque a coloro che hanno partecipato animati da uno spirito di confronto e coraggiosamente ispirati da valori cristiani, non contro ma per.

Valentina D'Antona è una giovane torinese che racconta con queste parole la sua partecipazione: «Partecipare ad un evento come quello di sabato è stato molto significativo per me. Mentre preparavo insieme a mio fratello il piccolo zaino con lo stretto necessario avevo lo stesso stato d'animo che mi accompagna sempre  quando mi accingo a partecipare ad una veglia delle sentinelle in piedi : quel sentimento di chi fa un gesto controcorrente , sapendo che da molti non verrà capito e che probabilmente non avrà un 'efficacia pratica di grande risonanza. Ma appena ho incontrato  i miei compagni di viaggio   che, oltre a mio fratello e la solita decina di amici con cui condivido la profondità dei grandi ideali oltre alle piccolezze del quotidiano , erano per lo più genitori,  nonni e bimbi , mi sono sentita diversamente , non più parte di un piccolo gruppo che probabilmente verrà   frainteso , ma parte di un movimento di popolo,  semplice e impotente come un bimbo,  ma sorprendentemente bello e vitale. Essere al circo massimo sabato è stato qualcosa al di là di ogni aspettativa e impressione iniziale , l'imponenza del luogo gremito di così tante  persone , le parole vibranti e ardenti di coloro che hanno organizzato l'evento, la consapevolezza di essere tutti accomunati da un unico ideale:  l'amore per la famiglia sicuramente,  ma soprattutto l'amore per l'essere umano in quanto tale. Ho vissuto tutto questo con la consapevolezza che quanto stavo facendo serviva a me più che a 'cambiare la storia'. Penso che la storia avrà il suo seguito nonostante la giornata di sabato, perchè  il cuore del problema non  è il fatto che anche in Italia  si discuta un disegno di legge che scardini  l'idea di famiglia naturale contrapposta ad altri tipi di pseudo-unioni , ma  che questa volontà di attuare un vera e propria rivoluzione antropologica  sia  già nella società  ed essa è solo  la conseguenza del fatto che  per la modernità uomo e donna siano solo concetti e non realtà di fatto. Mi ha molto colpito la presenza di  persone omosessuali e la partecipazione della associazione A.G.A.P.O ( associazione genitori e amici di persone omosessuali) , perché credo che la loro testimonianza sia quella più significativa». 

 

Lorenzo Ferrero scrive per La Voce del Tempo il suo pensiero: «Per me è stato un viaggio della speranza, andata e ritorno in giornata, stipato in un bus gremito. Tante famiglie si sono mosse con il mio gruppo, con tanto di bambini e nonni al seguito, tutti diretti al Family Day. La capitale ci ha accolto freddamente, caotica al suo solito. Poco tempo per rifocillarsi e di nuovo in movimento verso la Chiesa dei Ss. Cosma e Damiano, dove la comunità torinese ha potuto assistere alla Santa Messa. Subito dopo, ci siamo avvicinati al Circo Massimo, dove ad attenderci vi era un già folto assembramento e una lunga colonna per entrare. Ho sentito un tuffo al cuore, vedendo quella moltitudine: non ero solo, e non eravamo nemmeno pochi! Ma dove sono, allora, questi giovani, durante la vita di tutti i giorni? Come mai nella mia università sembriamo davvero essere una minoranza destinata a scomparire? Forse è proprio la nostra testimonianza silenziosa che ha permesso, a chi non la pensa come noi, di sembrare una forza soverchiante. Mala tempora currunt sembrava dirci Roma stessa, sabato, con quel suo cielo plumbeo e minaccioso. Ma ecco, il Popolo per la Famiglia si è mostrato, e i nuvoloni si son diradati, così come i nostri avversari: abbiamo mostrato che c'è ancora qualcuno disposto a resistere, più di quanti si aspettassero, probabilmente. E noi, là, sentivamo di far parte di qualcosa di Grande, che sì ci chiamano retrogradi, che ci dicono fermi al medioevo, e , dulcis in fundo, che siamo l'ultima nazione europea a non riconoscere le unioni  omosessuale. Ma la nostra piazza ha preso coscienza di poter essere, nella sua 'immobilità e ritrosia verso i nuovi valori dell'Occidente', il primo terreno della riconquista. Quando dal palco è stato annunciato che eravamo due milioni, subito si è scatenato il circo mediatico su quante persone possa contenere il Circo Massimo. Un dibattito puerile , di chi vuole sottrarsi ad un confronto sui contenuti. Ed è proprio così perché, al culmine della manifestazione, è stato proiettato un video in cui si mostrava in tutta la sua crudezza la pratica dell'utero in affitto. E quando sui maxi schermi son passate le immagini di quel pargolo appena nato, tolto alla madre senza che questa avesse il tempo di abbracciarlo almeno una volta, è calato il silenzio su tutta la piazza. Immagino che i detrattori non saprebbero cosa rispondere di fronte alla cruda realtà, un bel tacer non fu mai scritto. In chiusura alla manifestazione, sulle note del Nessun Dorma, i raggi del Sole al tramonto hanno finalmente invaso la piazza, un segno di Speranza, quella vera, che ci ha accompagnato nel nostro ritorno.

 

Infine un giovane torinese esprime il suo pensiero: «Comincio parlando del fatto che io, sono parte di quella piccolissima e molto chiaccherata nicchia di omosessuali che credono nel fatto di non essere nati tali e di poter cambiare. Alla luce di questo, sono andato al family day stando dalla parte degli omosessuali, essendo cioè convinto che innanzitutto quella legge é contro di loro, antropologicamente contro di loro, contro di me, contro l'uomo e la sua natura, intesa come progetto di sè.   ispetto all'esperienza che vivo, le mie pulsioni omosessuali aumentano all'aumentare della mia frustrazione, quando non riesco ad essere me stesso: il non riuscire a compiere i miei desideri, dimettendomi da essi, dimettendomi dalla profonda necessità di essere uomo. É questo a muovere il cuore al compromesso, al doloroso compromesso, di sentrmi me stesso attraverso il rapporto con un altro che sembra essere ciò che non sono, ma che bramo essere e da cui ho bisogno di essere accettato.  Parlo di questo, perché credo che la condizione omosessuale non sia affatto chiara alle persone, che non sia stata chiara durante il family day. Il family day, é il giorno della famiglia, certo, ma famiglia significa amore, ed era l'amore a dover essere messo al primo posto.  E quale più grande amore se non quello per la verità, dovrebbe avere a cuore una manifestazione come questa? Sempre rispetto alla mia vita, la verità é che gli omosessuali sono persone che soffrono, più di chiunque, nella nostalgia di sè, nella ricerca di sé. L'omofobia é il capro espiatorio per questo dolore, immenso: la causa che si preferisce dare al dolore di non essere se stessi, d'essersi convinti di non poterlo diventare Amore, e verità: carità.Credo sia mancato il messaggio per i protagonisti della disputa, credo ci sia stato troppo spazio all'offesa.Il farsi additare come omofobi, questo genera rumore. E ci vuole silenzio per capire qual'é il proprio dolore.Il silenzio di chi si sente voluto, accettato, eppure soffre.Il family day é stato un evento bellissimo, una grande testimonianza di famiglie che con sacrificio sono scese in piazza per l'amore vero. Ma il family day é stato comunque il riflesso del modo che si ha nel rapportarsi a questa, che non é una faccenda della minoranza omosessuale, ma delle moltitudini di persone perse e disperate nei tentativi di compiersi nel mondo di oggi. Ci vuole amore, per le persone. C'è bisogno di altro, più di una piazza, che per quanto bella, non é capace di incontrare i cuori inariditi dal dolore, non é capace di dare una scelta, non é capace di prendersi la responsabilità di aiutare, non é unita al cordoglio delle identità perse.  Forse sono io che mi sono aspettato troppo di più, ma da omosessuale, ho sofferto per le troppe occasioni date per essere fraintesi. Per il poco conto dato ai bisogni di chi, additato, reclama quei diritti autodistruttivi. Credo sia un dramma senza paragoni. Resto felice per lo sforzo fatto in nome della verità, per quanto a parer mio, non totalmente appresa, divulgata e donata.

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