La Famiglia "non è liquida"
Riflessioni sul dibattito in corso sulla discussione della proposta di legge sulle Unioni civili
Le barricate non sono mai un buon segnale. Specie quando si parla di famiglia. E in Italia siamo sempre pronti a fare fuoco e fiamme sull’argomento, complice storica la vicinanza fisica del Vaticano. Un tema sensibile, ci mancherebbe. Ma più probabilmente c’è un deficit di dibattito democratico; non siamo proprio capaci di un uso intelligente della democrazia. Avvilente, ma è così. Si dovrebbe discutere, anche animatamente, per poi scegliere e decidere a maggioranza, senza trucchi.
Almeno, contro ogni ideologizzazione, occorrerebbe documentarsi. E bisognerebbe compiere un passo in avanti: perché il confronto su «stepchild adoption» e «unioni civili», che sta estremizzando voci e urla, non va confessionalizzato o ridotto solo alla contrapposizione tra cattolici (peraltro un universo estremamente variegato) e laici.
Non so se in questi giorni assisteremo a un sussulto di maturità o cadremo nei soliti, abbruttenti, siparietti. Non so se sono un buon cattolico, tanto meno non so se sono un buon credente. Però penso e ribadisco, in tutta sincerità, che il dibattito sulla famiglia vada portato fuori dal terreno confessionale, perché diventa fuorviante e non aiuta a maturare la coscienza civica. Anzitutto perché il nostro codice civile ha dei buoni articoli sul matrimonio (dal 143 al148), costituzionalmente fondati, e bisognerebbe imparare a usarli con miglior senso civico, al di là delle comode pantofole concordatarie. Una famiglia «non liquida» e appesa alla precarietà, dei sentimenti, dell’economia, delle misure di welfare, parte anche da qui. Con una sollecitazione su diritti e doveri a tutti, sollecitando - e non poco - il senso di responsabilità.
Che poi l’amore possa anche venire riconosciuto per persone dello stesso sesso, non mi disturba affatto: dare ordine e forma giuridica ai diritti delle persone che compongono coppie dello stesso sesso è più che giusto e va fatto. Senza abnormità, sia chiaro: l’utero in affitto è una abnormità, una «pretesa adultista» - come rilevava bene Roberto Colombo su Avvenire di domenica scorsa - il capriccio, al posto del diritto, il denaro sull’amore. I figli non sono bandiere da conquistare. La «stepchild adoption» - anche se frutto di un compromesso - non mi convince per nulla. E certo non è un motivo a sostegno che tante famiglie eterosessuali siano sovente un inferno di relazioni negative per i più piccoli.
Vale tuttavia l’interrogativo più generale lanciato lunedì dal segretario della Cei Nunzio Galantino: «Si dice che senza unioni civili siamo un Paese arretrato; si dice che senza unioni omosessuali siamo un Paese da terzo mondo. Ma che Paese siamo - si chiede il presule - quando chiudiamo gli occhi davanti a 1,4 milioni di famiglie vittime dell'usura? Non voglio mettere a confronto le due cose ma vorrei la stessa attenzione tra «Il nome di Dio è misericordia», a tema nel nuovo libro di Papa Francesco con Andrea Tornielli, dovrebbe servire da bussola: «Dio perdona con una carezza, non con un decreto». Riusciremo in questo anno giubilare a dibattere anche animatamente, ma civilmente, e senza giudicare moralmente i nostri interlocutori?
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