Musica per l'unità dei credenti in Gesù

Le riflessioni teologiche attraverso l'arte  

Parole chiave: riflessione (7), musica (25), teologia (15)
Musica per l'unità dei credenti in Gesù

Se i repertori musicali della devozione e della pietà attraversavano in modo relativamente facile i confini confessionali, non era raro, nel Cinquecento, che compositori di una particolare confessione religiosa scrivessero musica sacra destinata al culto o alla preghiera di altre denominazioni. Quando si potevano osservare tali positive interazioni, esse implicavano sempre un arricchimento della prospettiva estetica, e, di conseguenza, nella visione teologica globale della Chiesa.
Così come un canto, una melodia o un motivo tratto dal repertorio di una Chiesa e parafrasato o adattato alle necessità di un'altra portava con sé la propria storia e la propria tradizione, così le implicazioni culturali e le formæ mentis della confessione religiosa di un compositore potevano fecondare ed arricchire quelle di un'altra confessione per la quale egli poteva scrivere della musica sacra. Inoltre, se tali compositori volevano evitare di scandalizzare o indispettire i loro committenti, dovevano elaborare un linguaggio musicale, scegliere dei testi e giungere ad un risultato che fosse accettabile sia per i committenti sia per i compositori stessi.

Ovviamente, in molti casi si può e si deve sostenere che lo stimolo a monte di tali composizioni non era (primariamente) una preoccupazione di tipo ecumenico - tanto più che il dialogo ecumenico è una caratteristica relativamente recente del cammino cristiano a livello generale. Tuttavia, trovando il linguaggio musicale del dialogo, i musicisti, già allora, facevano precisamente ciò che il movimento ecumenico sta cercando di realizzare oggi: non solo trovare un compromesso accettabile, ma piuttosto mettere in dialogo la tradizione, la storia, il pensiero e la prassi di ogni Chiesa con quelle delle altre. Sia nella musica sia nell'ecumenismo, il risultato non può essere convincente, vero e soddisfacente se si cerca solo l'intersezione dele tradizioni, della storia, dei pensieri e delle prassi: ciò rappresenterebbe un impoverimento per tutti, in quanto ciascuno dovrebbe rinunciare ad un'ampia fetta della propria realtà. Al contrario, la pienezza e la bellezza si raggiungano quando si cerca e si trova un linguaggio che permetta a ciascuno di comunicare la propria vera e profonda identità all'altro; e, talora, quanto più grande e più significativa storicamente è la tradizione di una Chiesa, tanto più grande sarà il suo contributo offerto all'altra Chiesa. L'ascolto reciproco, attento e rispettoso della tradizione musicale, liturgica, dogmatica e caritatevole delle diverse Chiese, perciò, costituisce forse un insegnamento che la musica sacra del Cinquecento può offrire a tutti coloro che abbiano a cuore l'unità dei cristiani.

Tutti i diritti riservati

Attualità

archivio notizie

16/02/2018

La biblioteca personale di Carlo Donat-Cattin

La riunificazione di migliaia di volumi per continuare a studiare, vita, pensiero e azione politica del leader democratico cristiano in vista del centenario della nascita

16/02/2018

Meditazione sul Crocifisso

La riflessione dello psichiatra e psicoterapeuta per il Venerdì Santo 2016. Perchè interrogarsi fino in fondo

16/02/2018

Chiesa e mass media, un'alleanza necessaria

Parte il Master di Giornalismo voluto da mons. Nosiglia per operatori pastorali e della comunicazione 

16/02/2018

Milioni di volti

Negli sguardi dei più disperati e poveri l'amore di Gesù Cristo