Musica ed ecumenismo: riconciliare unità e pluralità
Il percorso tra arte e riflessione in occasione della Settimana di preghiera per l'unità
Abbiamo visto, nei post precedenti, che la capacità della musica di riconciliare unità e pluralità è la prima ragione teologica che la rende protagonista del dialogo interconfessionale. Presenterò ora qualche altra considerazione a supporto di questo punto di vista.
La musica, infatti, è un elemento integrante della liturgia e del culto della maggioranza delle Chiese cristiane. La musica esalta la bellezza della lode di Dio; (com)muovendo i cuori e i sentimenti dei credenti, essa contribuisce ad unire, ancora una volta, le potenzialità razionali ed emozionali che contribuiscono alla complessità dell'esperienza umana. Così, la musica non è un accessorio della preghiera, ma si deve considerare come una delle sue componenti fondamentali. Naturalmente, così come si può pregare senza pronunciare - o nemmeno pensare! - alcuna parola, allo stesso modo la preghiera senza musica è ovviamente possibile. Tuttavia, e particolarmente nel contesto della preghiera comunitaria, la musica assume un ruolo attivo e cruciale nel "formare" la comunità che prega e nell'incanalare i sentimenti individuali in una comunione profonda ed intensa.
Perciò, come molti incontri ecumenici recenti hanno chiaramente mostrato, è più semplice ricostruire la comunione fra le Chiese tramite la preghiera comune che tramite la teologia. Anche se l'importanza dei chiarimenti dogmatici non si può sottostimare, nel servizio della verità, tuttavia è chiaro che i Cristiani che appartengono a diverse confessioni trovano più semplice pregare insieme che non discutere.
Anche se la frammentazione della Chiesa cinquecentesca portò alla separazione delle liturgie ed all'interruzione della comunione visibile del culto, tuttavia, una traccia dell'unità perduta si può vedere nella continua preghiera dei cristiani, di cui la musica è normalmente parte integrante. Inoltre, come vedremo in alcuni dei prossimi post, spesso i cristiani continuarono a condividere almeno una parte dei loro repertori musicali, perlomeno fra quelli eseguiti nel contesto della devozione privata. La musica, unita alla preghiera, era perciò un forte legame che continuava ad unire le Chiese divise.
Infine, la musica possiede una natura simbolica, che le permette di incarnare il concetto di simbolo come qualcosa che "tiene insieme" (symbolon) le espressioni e l'esperienza della fede, nonché le dimensioni spirituali, psicologiche e fisiche degli esseri umani e del loro interagire. Anche se l'aspetto razionale, strutturale ed analitico della musica è fondamentale per la sua comprensione (e questa dimensione era di particolare importanza proprio nel Cinquecento), la musica come symbolon trascende e nel contempo comprende tutto ciò. Se le discussioni teologiche, pur nella loro fondamentale importanza, possono perdere di vista la realtà misteriosa di Dio, la dimensione mistica della fede e la trascendenza ultima della natura divina, la musica - con la sua bellezza, il suo fascino e la sua capacità di ispirare incanto, stupore e ammirazione - può aiutarci a "tenere insieme" la contemplazione e la meditazione, il dogma e la preghiera, la lode e il pensiero, la predicazione e il giubilo.
Così, una musica propriamente "cristiana" è spesso molto più adatta a travalicare i confini confessionali di quanto non lo siano gli scritti devozionali o le opere d'arte visuale. Poiché la musica non si presta ad essere descritta o codificata troppo da vicino, essa incarna una pienezza di significato che può facilmente essere condivisa da tutti coloro che si identificano nel cristianesimo (e anche da molti che non si dicono cristiani).
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