L'anniversario del documento conciliare sull'ecumenismo

La memoria del dialogo dell'Unitatis Redintegratio all'Assemblea del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani svoltasi nei giorni scorsi

Parole chiave: ecumenismo (57), chiesa (665), concilio vaticano ii (2), unitatis redintegratio (1), anniversario (18)
mani con candele ad una manifestazione ecumenica

Ha compiuto cinquant’anni il 21 novembre scorso il documento del Concilio Vaticano II dedicato all’ecumenismo “Unitatis redintegratio”, testo che ha segnato un punto di svolta fondamentale nell’impegno della Chiesa cattolica per l’ecumenismo. Esso ha infatti definito chiaramente l’impegno della Chiesa cattolica nel cammino per ristabilire l’unità della Chiesa una di Cristo e ha affidato “la sollecitudine di ristabilire l’unione” a “tutta la Chiesa, sia i fedeli, sia i pastori”, a ognuno “secondo la propria capacità, tanto nella vita cristiana di ogni giorno, quanto negli studi teologici e storici” (UR 5). 

Il Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani ha dedicato una parte della propria assemblea plenaria (18-21 novembre scorsi) per tornare a riflettere sul testo conciliare, che è stato oggetto anche dell’incontro con il Papa. “La ricerca della piena unità dei cristiani resta una priorità per la Chiesa cattolica, ed è quindi per me una delle principali preoccupazioni quotidiane” ha detto papa Francesco ai partecipanti alla plenaria, elencando elementi positivi che testimoniano i progressi compiuti: è cambiato “l’atteggiamento di noi cattolici nei confronti dei cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali” per cui ora, come aveva auspicato il Concilio, si sa apprezzare “quanto di buono e di vero vi è nella vita dei cristiani di ogni comunità”; si sono intensificati “contatti e collaborazione con le altre chiese, nell’ambito della difesa della dignità e dei diritti umani, della salvaguardia del creato e contro le ingiustizie”, “esiste un diffuso e forte desiderio di camminare insieme, di pregare, di conoscere e amare il Signore, di collaborare nel servizio e nella solidarietà con i deboli e i sofferenti”. Sulle difficoltà e sulle sfide, papa Francesco – che sembra usare spesso la pedagogia dello ‘sguardo positivo’ -  ha solo citato le “divergenze su nuovi temi antropologici ed etici” che rendono più complicato il nostro cammino verso l’unità.

Un po’ più scure erano le tinte usate dal card Koch in un intervento sull’Osservatore romano lo stesso giorno che scriveva: “Dobbiamo prendere atto del fatto che la geografia mondiale della cristianità si è profondamente trasformata e la situazione ecumenica è diventata molto più indecifrabile nel suo insieme e sicuramente non più semplice di prima. Dobbiamo anche riconoscere con onestà che l’obiettivo del movimento ecumenico, ovvero il ristabilimento dell’unità della Chiesa, non è stato raggiunto e richiederà evidentemente molto più tempo di quanto si era immaginato all’epoca del concilio”. Dietro quelle parole è facile intuire, ad esempio, la fatica della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, che si è arenata sul tema della “Sinodalità e Primato”. Ma sia papa Francesco, che il card. Koch hanno sollecitato a non “cedere alla rassegnazione”. Così il card. Koch mette l’accento sul “fidarsi dello Spirito” che il concilio aveva visto all’opera nel movimento ecumenico, pena il rischio di dare prova di poca fede. Da papa Francesco l’indicazione di tre modalità concrete per affrontare “con slancio rinnovato” le sfide ecumeniche attuali: “coltivare l’ecumenismo spirituale, valorizzare l’ecumenismo del sangue, camminare insieme nella via del Vangelo”.

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