Servono volontari accanto ai terremotati
Dalla Caritas appello alla diocesi subalpina, parrocchie e singoli per la formazione di gruppi di persone disponibili a dedicare 7 o 15 giorni a famiglie e anziani che hanno perso tutto nei luoghi del sisma
Un accompagnamento che ha tenuto conto delle necessità della prima emergenza e che ora, quando i riflettori dei media sono rivolti ad altre situazioni, affronta la ricostruzione non tanto delle strutture quanto soprattutto dello spirito delle persone, della loro voglia di vivere e di guardare al futuro nonostante abbiano perso tutto. Un accompagnamento che necessita di volontari ed è per questo che la Caritas della nostra diocesi lancia in questi giorni un appello a giovani e adulti. «Servono», spiega Pierluigi Dovis, direttore della Caritas torinese, «persone disponibili a recarsi di persona presso le strutture ricettive della costa marchigiana per svolgere azione di ascolto, accompagnamento relazionale, servizio diretto alle persone sfollate per un periodo dai sette ai quindici giorni continuativi». Con l'invio dei volontari si attiverà dunque concretamente quel gemellaggio - che non è solo una distribuzione di risorse - che caratterizza gli interventi delle Caritas in queste situazioni di difficoltà. «In un primo momento», prosegue Dovis, «la Caritas nazionale ha lanciato una colletta in tutto il paese per le popolazioni terremotate e la diocesi di Torino ha risposto con 700 mila euro, poi sono stati definiti i gemellaggi e le diocesi di Piemonte, Calabria ed Emilia Romagna, con la supervisione delle Caritas delle Marche, sono state associate al territorio di Arquata del Tronto in diocesi di Ascoli Piceno, tra i più colpiti dal sisma. Ora, dopo un incontro per coordinare gli interventi del delegato regionale don Giovanni Perini con i referenti delle Caritas locali e di Caritas italiana, si procede all'invio dei volontari. La Delegazione Regionale Caritas di Piemonte e Valle d’Aosta organizzerà gruppi di persone a partire da metà gennaio e per tutto il corso dell'anno che non svolgeranno attività di natura emergenziale con le caratteristiche di protezione civile e non collaboreranno allo smaltimento delle macerie o alla ricostruzione materiale delle aree colpite: avranno, invece, il compito di stare insieme alle persone più fragili, anziani, malati, ragazzi, famiglie che hanno perso tutto, ospitate in alberghi della costa marchigiana, per offrire loro il calore di un cuore che sa farsi vicino. Per quanti non avessero esperienza di ascolto verrà proposto un breve percorso formativo prima della partenza».
Servono dunque persone maggiorenni che si trasferiscano per un minimo di 7 giorni e un massimo di 15 per ascoltare, fare compagnia, manifestare amicizia e vicinanza alle persone sfollate. Parrocchie, associazioni, gruppi o singole persone che abbiamo disponibilità da segnalare lo possono fare inviando una e-mail con oggetto «volontariato post-terremoto Italia Centrale» all’indirizzo caritas@diocesi.torino.it in cui, oltre alle proprie generalità e al modo di essere contattati, definire gli eventuali periodi in cui si ritiene di poter essere a disposizione. Tutti verranno ricontattati per valutare in concreto la possibilità di rendere operativa la disponibilità.
Ma nel concreto cosa faranno i volontari?
«Siamo stati a novembre nelle zone terremotate», spiega don Perini, ed è impressionante come molti centri siano deserti, le persone, anche le più restie sono state costrette a lasciare case inagibili, macerie e anche i pochi che avevano abitazioni ancora utilizzabili si sono rassegnati alle necessità di non poter vivere in paesi fantasma, senza più nulla...». «Molti», prosegue «sono in strutture ricettive della costa ed è qui che è fondamentale l'impegno dei volontari perché la coabitazione è difficile. Anziani famiglie, si trovano a condividere gli spazi, così non hanno più le proprie cose ma nemmeno quelle condizioni di autonomia e di indipendenza che potrebbero aiutare a progettare il futuro, a pensare ad un domani nella normalità. Molti poi ogni giorno devono tornare nei loro paesi per foraggiare gli animali che lì sono rimasti e questi spostamenti lunghi e disagiati non aiutano... Ci sono famiglie che hanno perso tutto e che il giorno del terremoto sono realmente rimaste solo con quello che avevano addosso. Per loro un po’ di compagnia, il sostegno affettivo, il vedere che ci sono persone che arrivano dall’altra parte dell’Italia per ascoltarle è già motivo di speranza».
La solitudine, il sentirsi abbandonati è infatti un’altra ferita, un altro dolore che si insinua in molti di loro ed è per questo che tra gli interventi Caritas c’è anche la realizzazione di case della comunità e a Camerino, tra gli edifici rimasti in piedi, c’è proprio una di queste strutture realizzate dalla Caritas dopo il terremoto del ’97. Spazi nuovi adibibili a più funzioni: dalle celebrazioni religiose, alle tombolate, dalle riunioni alle feste… «Anche qui i volontari», prosegue don Perini, «potranno essere presenti per condividere con la gente i diversi momenti in semplicità cercando di trasmettere quel calore umano così importante per queste persone».
«L’appello che noi facciamo», conclude don Perini, «è un modo per ribadire che per la ricostruzione bisogna mettere al centro anzitutto le persone, prima delle cose. I bambini, gli anziani, le persone fragili, e chi lo è diventato per i lutti e le sofferenze vissute: per tutti il volontario potrà offrire la vicinanza, la prossimità, l’amicizia che ridanno vigore alla speranza. Non servono particolari capacità: un po’ di tempo e il desiderio di mettersi in gioco per chi non ha più nulla».
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