Profughi, Torino risponde
Dopo l'appello dell'Arcivescovo mons. Cesare Nosiglia e il forte richiamo di papa Francesco all'accoglienza di quanti fuggono da guerre e povertà, grande mobilitazione della diocesi subalpina: famiglie, parrocchie, istituti religiosi, associazioni pronte ad aprire le porte...
L’apertura della Germania ai profughi siriani, accolti fra gli applausi nelle stazioni tedesche; l’appello del Papa per l’accoglienza; lo shock dell’opinione pubblica di fronte alle immagini di un bambino morto sulle spiagge della Turchia. Si muove la comunità internazionale, finalmente. Torino sta rispondendo all’appello dell’Arcivescovo Nosiglia perché i profughi in fuga dalle guerre trovino ospitalità nelle parrocchie, istituti religiosi, famiglie.
«Io ho fiducia, perché Torino è un terreno fertile dove, se getti un seme, ne nasce un giardino, perché è sufficiente stimolare e chiedere e poi tanta gente si coinvolge e si fa carico delle realtà più difficili che gravano purtroppo tra tante persone e famiglie della città. Ora il Papa ci ha detto di scommettere di più e insieme su queste enormi potenzialità che abbiamo»
Così mons. Nosiglia lo scorso 24 giugno, festa del patrono San Giovanni Battista si rivolgeva ai torinesi incoraggiandoli a raccogliere i frutti dell’Ostensione e della visita di Papa Francesco. Ed ecco che quelle parole in queste ultime due settimane si sono «tradotte» in telefonate, riunioni, mail, occasioni di confronto in famiglie, comunità religiose, parrocchie, Unità pastorali per offrire accoglienza ai rifugiati in fuga da guerre e persecuzioni. Una mobilitazione innescata dall’appello che il 29 agosto l’Arcivescovo ha rivolto alla diocesi e alla città per offrire «un’accoglienza non solo notturna», ma una vera e propria rete di prossimità, di relazioni e sostegno per chi come il rifugiato «si trova in una particolare situazione di miseria e di abbandono».
Così alla Pastorale Migranti impegnata - di concerto con la Caritas e in rete con la Prefettura e con la Città di Torino - a raccogliere disponibilità e a definire la progettualità dell’accoglienza sono giunte decine e decine di segnalazioni, «anche da persone estranee al nostro ambiente ecclesiale - sottolineano alla Pastorale Migranti – a testimonianza di come le parole del nostro Vescovo hanno intercettato la volontà di mettersi a disposizione di tante persone, hanno contribuito a frenare quella paura di mettersi in gioco che spesso limita la nostra generosità».
E proprio di paura parla Sabrina Merlo, insegnante, mamma di tre figli, parrocchiana del Duomo di Chieri che grazie alle parole dell'Arcivescovo ha vinto i timori e ha contattato la Pastorale dei Migranti. «Siamo una famiglia affidataria – racconta – coinvolta nel progetto neonati del Comune di Torino e abbiamo da poco concluso l'affidamento di un bimbo. Da quest'estate ci interrogavamo su come poter aiutare chi fugge nel nostro paese ma non riuscivamo a compiere il passo: paure, diffidenze, difficoltà a immaginare una modalità concreta. Poi l'appello di mons. Nosiglia, un vero e proprio richiamo, incoraggiamento all'azione, e la decisione di rivolgerci al nostro parroco che subito ci ha indirizzati alla Pastorale Migranti e ora siamo contenti di esserci resi disponibili per accogliere un minore e siamo in attesa, sarà un nuovo affido...».
Un'attesa condivisa da tutti i familiari, in particolare dal figlio maggiore: «È stato lui – aggiunge – a stimolarci a prendere sul serio l'appello del Vescovo. Lui che è animatore coinvolto in parrocchia a farci capire che siamo inseriti in una comunità accogliente con tante risorse e opportunità per i ragazzi che potranno essere messe a disposizione». Minori, mamme sole con bambini che possono trovare nelle famiglie nuova fiducia e serenità e non deve essere neanche la difficoltà di comunicazione a spaventare. «Come insegnante – conclude Sabrina – ho ben presente le fatiche nell'inserimento di minori stranieri nelle nostre classi, ma posso anche testimoniare la velocità con cui imparano a capire e farsi capire e come il linguaggio dell'accoglienza sia quello più efficace e poi... impareremo anche noi...». Come la famiglia chierese così tanti i nuclei che si sono resi disponibili, ma anche parrocchie e, nello spirito di rete, anche Unità Pastorali come la 16 di Vanchiglietta: «Abbiamo sentito l'appello del Vescovo – spiega don Roberto Populin - e come sacerdoti dell'Unità abbiamo pensato che non si tratta di una richiesta impossibile. Due le modalità di accoglienza che potremmo avviare: o mettere a disposizione locali inutilizzati che abbiamo in due parrocchie o affittare un alloggio. La nostra Unità comprende 50 mila residenti, se anche solo ci limitiamo a chi frequenta parliamo sempre di almeno 5 mila persone e se ciascuna donasse anche solo 20 centesimi non sarebbe così impensabile alloggiare qualcuno. Ma non è solo questione economica... perchè come ha sottolineato mons. Nosiglia non si tratta solo di garantire un tetto ma una rete di relazioni e vicinanza, e anche in questo caso nelle nostre comunità sono tante le persone impegnate, disponibili che, supportate, potrebbero mettersi a servizio di questi profughi. Domenica abbiamo informato le nostre comunità parrocchiali e ora attendiamo le indicazioni dell'Ufficio Migranti e poi procederemo».
Modalità diverse di accoglienza, timori differenti, ma stesso messaggio di fondo: accogliere è possibile, non è eroismo, non è incoscienza ma un modo per condividere, per testimoniare una Chiesa vicina a chi soffre. «È un'esperienza commovente raccogliere le testimonianze di tante persone pronte ad aprire le porte - concludono dalla pastorale Migranti - ora finiremo di definire tutte le modalità e via via richiameremo chi ci ha segnalato la disponibilità per avviare concretamente l'accoglienza. Intanto continuiamo a raccogliere adesioni: registriamo chi ci telefona o scrive e individueremo per ciascuno il supporto e la modalità più confacente per attuarla. La speranza è che le parole del Vescovo continuino a risuonare nelle case e nelle parrocchie e stimolino ad aprire le porte delle case anche quando si spegneranno i riflettori della cronaca.
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