Natale alle Vallette: sollievo in carcere, sono entrate le famiglie
Per la prima volta nel penitenziario torinese i detenuti hanno potuto pranzare con i loro congiunti - tra i commensali anche l'Arcivescovo mons. Nosiglia
Quando un congiunto è in carcere tutta la famiglia è dietro le sbarre. Madri, padri, mogli, fidanzati e figli vivono in attesa dei colloqui – quando il penitenziario è facilmente raggiungibile – e, ovviamente, della giornata in cui i cancelli della detenzione si aprono alla libertà. La famiglia è il perno attorno al quale ricostruire la propria vita e far diventare il tempo della pena un’occasione per rimotivarsi e lasciarsi definitivamente il carcere alle spalle. Lo dicono tutte le statistiche sul carcere: laddove i reclusi hanno la possibilità di mantenere i legami con la propria famiglia la recidiva cala drasticamente. Con questo spirito, per la prima volta nel carcere torinese «Lorusso e Cutugno» i detenuti hanno pranzato con i figli e i famigliari in occasione delle festività natalizie: tra gli commensali, anche l’Arcivescovo mons.Cesare Nosiglia, i cappellani, il direttore dell’Istituto Penitenziario Domenico Minervini, gli agenti e la garante per i detenuti del Comune di Torino Monica Cristina Gallo. L’iniziativa, a cui hanno preso parte i reclusi che hanno figli minori di 10 anni è stata promossa, in sintonia con la direzione del carcere, giovedì 22 dicembre, dai Gruppi del Rinnovamento nello Spirito del Piemonte che hanno offerto il pranzo di Natale allestito nel teatro del penitenziario: tra i cuochi, accanto ai volontari anche alcuni detenuti. Al termine, tra la commozione generale, la visita al presepe allestito da alcuni papà reclusi e la distribuzione dei doni per i più piccoli che hanno potuto così vivere come i loro coetanei un Natale «normale» con papà e mamma, sebbene dietro le sbarre. «Questo pranzo – ha annunciato il direttore Minervini – inaugura una serie di iniziative che, nonostante le difficoltà strutturali, organizzative e le carenze i budget - vogliono favorire i contatti tra i ristretti e i loro famigliari. Certo, non sarà possibile per tutti i 1500 detenuti ma iniziamo di qui. Da gennaio inoltre verrà attivato, nell’ambito del progetto ‘Open prison’, la possibilità per i detenuti di inviare corrispondenza e foto via mail e di effettuare videochiamate via Skype. Questo favorirà i reclusi stranieri e coloro che hanno famigliari lontani che non possono venire ai colloqui».
La mattinata era iniziata di buon ora con la tradizionale visita di Natale dell’Arcivescovo: mons. Nosiglia ha presieduto la Messa nella cappella della sezione femminile e poi in quella della sezione maschile. I volontari del Rinnovamento nello Spirito hanno animato le celebrazioni e alcuni di loro hanno portato la lettera che l’Arcivescovo ha scritto alla diocesi per Natale nelle celle dei reclusi che non erano presenti alle celebrazioni. Incontrando le detenute – tra cui una mamma incinta – mons. Nosiglia ha invitato a sentire il Signore come compagno di cella: «Gesù ha scelto di nascere tra i poveri, tra gli esclusi: per questo si fa garante dei diritti di ogni persona umana in qualunque condizione sia. Gesù è uno di noi, anche dietro le sbarre». Il presepe allestito sotto l’altare della della cappella della sezione femminile è stato preparato da due detenute romene: «Queste due donne – ci ha spiegato suor Maria Ida Cislaghi, figlia della Carità, da anni «mamma, sorella e amica» della sezione femminile non avevano mai allestito un presepe. È stato commovente sistemare con loro le statuine, spiegare perché il bue e l’asino andavano vicino a Gesù Bambino e il significato dei pastori, gente umile a cui è stato concesso per primi di vedere il Signore». Suor Maria Ida, grazie al materiale arrivato da tante parrocchie, ha preparato per ogni detenuta una strenna natalizia con un asciugamano nuovo, un paio di calze, spazzolino da denti e carta da lettera «oggetti necessari per chi vive in una struttura dove spesso mancano le risorse fondamentali e ha la famiglia lontana» sottolinea suor Cislaghi.
Durante la Messa nella sezione maschile, l’Arcivescovo ha cresimato un giovane detenuto peruviano, William Marcos, che ha scelto come padrino un volontario: «Il cristiano – ha detto mons.Nosiglia rivolgendosi al cresimando – è un uomo e una donna che non si abbatte anche nelle situazione di difficoltà come quelle che vivete voi in carcere: è una persona che stringe relazioni amicali anche in cella. Invito tutti a considerare questo tempo come un’ occasione di recupero e non di condanna». Mons.Nosiglia tornerà ancora al carcere delle Vallette nella mattinata di martedì 10 gennaio: accompagnato dai cappellani don Alfredo Stucchi, fratel Guido Bolgiani e fratel Jean Tefnin incontrerà i detenuti di due sezioni. Durante una delle ultime visite alle Vallette molti reclusi avevano chiesto a mons. Nosiglia un colloquio personale e il Vescovo aveva promesso avrebbe dedicato un tempo fisso per gli incontri personali al di là delle celebrazioni liturgiche. Si incomincia martedì.
Attualità
archivio notizie
La biblioteca personale di Carlo Donat-Cattin
La riunificazione di migliaia di volumi per continuare a studiare, vita, pensiero e azione politica del leader democratico cristiano in vista del centenario della nascita
Meditazione sul Crocifisso
La riflessione dello psichiatra e psicoterapeuta per il Venerdì Santo 2016. Perchè interrogarsi fino in fondo
Chiesa e mass media, un'alleanza necessaria
Parte il Master di Giornalismo voluto da mons. Nosiglia per operatori pastorali e della comunicazione