Mons. Nosiglia: “Rispettare e lottare per la vita sempre e comunque”
Tutti i Santi e commemorazione dei fedeli defunti: le celebrazioni presiedute dall’Arcivescovo di Torino nei due cimiteri torinesi. Gallery fotografica
Il ricordo dei santi e dei defunti “oggi è ancora più necessario per trarre forza e stimolo nel seguirne la via e rimanere fedeli al loro insegnamento che ci sostiene nella convinzione che vale la pena rispettare e lottare per la vita sempre e comunque; che vale la pena amare tutti; che vale la pena sperare sempre, perché l’amore di Dio, unito al nostro, alla fine risulterà vittorioso”. Lo ha affermato mercoledì 1 novembre l’Arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, nel corso della celebrazione eucaristica che ha presieduto al Cimitero Parco per la solennità di Ognissanti. Nell’omelia, Nosiglia ha parlato della santità, alla quale “siamo chiamati tutti”. “Santi e defunti, che in questi giorni onoriamo e ricordiamo – ha osservato – sono spesso una sola persona, la stessa persona, che il Signore ci ha messo accanto come segno della sua amorevolezza e della sua misericordia”.
L’arcivescovo ha poi parlato del “pellegrinaggio al cimitero” rivelando come questo sia “oggi uno dei pochi spazi di silenzio che, oltre che suscitare nell’animo il ricordo dei propri cari, permette una riflessione sulla vita e sulla morte, sulla propria esistenza e il proprio futuro”. “Cerchiamo di mantenere e salvaguardare questo spazio – ha ammonito – in un mondo dove il chiasso e il rumore ci impedisce di gustare e ascoltare di più il nostro cuore e ci spinge a riempire sempre e comunque la nostra vita di parole, suoni, dialoghi e ascolto degli altri più che di se stessi”.
Nosiglia ha poi evidenziato che “viviamo tempi tumultuosi in cui la morte sembra avere il primato rispetto alla vita”: divario crescente tra nati e defunti, aborto e eutanasia, guerre e violenze, terremoti e morti di tanti immigrati nel nostro mare Mediterraneo, incidenti sul lavoro e sulle strade, femminicidi. “Tutto questo – ha ammonito – non deve alimentare un clima di paura e di scoraggiamento, ma al contrario rinsaldare i legami di fraternità e comunione che ci legano insieme come fedeli e cittadini”. Anche per questo, “ai nostri giovani e ragazzi, che amano la vita e che la vedono spesso chiusa alle loro speranze – ha concluso – insegniamo a non temere”.
L'omelia in versione integrale dell'Arcivescovo di Torino in occasione della festa di Tutti i Santi
Chi ci separerà dall’amore di Cristo? La festa di Ognissanti e la Commemorazione dei defunti ci rivelano una certezza di fede che dà speranza e consolazione anche di fronte alla perdita dolorosa dei nostri cari, di cui in questi giorni facciano viva memoria. È la convinzione costante della Chiesa che, accogliendo il Vangelo del Signore morto e risorto, afferma che l’unione dei credenti che abitano ancora su questa terra e quelli che già godono della gioia eterna non è spezzata dalla morte, ma al contrario è consolidata dalla comunicazione dei beni spirituali che arricchiscono gli uni e gli altri nello stesso amore di Dio, che tutti abbraccia e unisce nella sua misericordia di Padre e Salvatore. È questa la Comunione dei Santi che professiamo nella recita del Credo ogni domenica, là dove la qualifica di “santo” non riguarda solo quelli che la Chiesa ci indica come modelli di vita cristiana presenti sul calendario. “Santi” siamo tutti noi credenti e battezzati in Cristo e quindi ripieni del dono dello Spirito Santo, che ci fa partecipare alla santità di Dio come suoi diletti figli e membri del popolo santo di Dio che è la sua Chiesa. Alla santità siamo dunque chiamati tutti, sacerdoti, religiosi, laici, ognuno con la propria specifica vocazione e secondo le concrete possibilità che la vita gli offre. L’importante è avere la volontà di seguire Cristo, rendendogli testimonianza nel quotidiano della propria esistenza.
A tutti Gesù dice: «Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Ciascuno di noi ha avuto nella propria vita tante volte l’opportunità di incontrare o conoscere persone singole o famiglie, giovani o anziani, sani o malati, consacrati o laici che cercavano di seguire da vicino il Signore e testimoniavano l’amore e la solidarietà verso il prossimo in difficoltà. Sono tanti e forse a cominciare proprio dai nostri cari o amici, o comunque da persone che ci hanno dato esempi di sacrificio e di bontà ammirevoli. Sì, santi e defunti, che in questi giorni onoriamo e ricordiamo, sono spesso una sola persona, la stessa persona, che il Signore ci ha messo accanto come segno della sua amorevolezza e della sua misericordia. Sono certo che i legami di amicizia, di amore, di fedeltà e di sacrificio che danno senso alla vita di ogni giorno nelle nostre case non cesseranno di accompagnarci anche dopo la morte, perché come ci ricorda l’Apostolo Giovanni: le nostre opere buone e le persone che abbiamo amato e ci hanno amato su questa terra ci seguiranno, anche nell’eternità e saranno parte integrante della nostra gioia con il Signore (cfr. 1Gv 3,1-3). Niente del bene che abbiamo ricevuto e abbiamo compiuto andrà dunque perduto per sempre, se saremo stati uniti a Cristo, perché «né morte, né vita, ne tribolazione o pena alcuna potrà mai separarci dal suo amore fedele» (cfr. Rom 8,38-39).La speranza della vita eterna è al tempo stesso personale e comunitaria, riguarda certo la nostra vita individuale, ma ha una sua forte componente anche fraterna e aperta agli altri, per cui la nostra sorte è 2 strettamente legata anche a quella degli altri nostri fratelli e sorelle. Il significato del pellegrinaggio al cimitero sta proprio qui: è il luogo dove, in modo individuale ma anche comunitario, condividiamo il nostro dolore e la nostra speranza.
E lo facciamo con la preghiera e il silenzio. Sì il cimitero è oggi uno dei pochi spazi di silenzio che oltre che suscitare nell’animo il ricordo dei propri cari,permette una riflessione sulla vita e sulla morte,sulla propria esistenza e il proprio futuro. Cerchiamo di mantenere e salvaguardare questo spazio in un mondo dove il chiasso e il rumore ci impedisce di gustare e ascoltare di più il proprio cuore e ci spinge a riempire sempre e comunque la nostra vita di parole, suoni, dialoghi e ascolto degli altri più che di se stessi. Poterci ritrovare ogni anno in un luogo benedetto che conserva le spoglie dei nostri cari insieme a tanti altri, conosciuti o non, ci permette di confermarne il ricordo e il legame che ci ha unito e che per i credenti continua ad esserci con i Santi e i defunti in Cristo, fino alla piena comunione di tutti con il Signore. Al di là delle differenze che infatti esistono tra noi, qui ci scopriamo uguali – poveri e ricchi, onesti e peccatori, parenti e amici o estranei e stranieri –, perché partecipi della stessa sorte; ma anche animati dalla stessa speranza e dalla stessa volontà di non dimenticare chi ci ha preceduto e amato. Qui si comprende la caducità dell’esistenza umana e l’ammonimento di Gesù (cfr. Lc 9,25): che vale all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde se stesso nell’egoismo e nella ricerca affannata di beni materiali, che dovrà lasciare, invece di beni spirituali e morali che restano per sempre? Si tratta di quei beni decisivi che cementano la comunione e ci invitano a vivere anche ogni giorno solidali nel condividere lo stesso cammino della vita, le gioie e i dolori gli uni degli altri, sapendo che alla fine ciò che conta più di tutto è la ricerca di un senso dell’esistenza che, per chi crede, sta nella fede e nella preghiera, e per tutti è comunque l’amore che sa donarsi e che nemmeno la morte riesce a spezzare. Viviamo tempi tumultuosi in cui la morte sembra avere il primato rispetto alla vita. Basti pensare al divario crescente che c’è, anche nel nostro Paese, tra i nati e i defunti; alla pratica dell’aborto e dell’eutanasia attiva o passiva; alle guerre e alle violenze omicide perpetuate dai terroristi contro la gente in luoghi e occasioni di incontro consueti ; ai terremoti che mietono vittime innocenti, alle tragiche morti di tanti immigrati nel nostro mare Mediterraneo; agli incidenti sul lavoro e sulle strade, ai femminicidi e così via. Ma tutto questo non deve alimentare un clima di paura e di scoraggiamento, ma al contrario rinsaldare i legami di fraternità e comunione che ci legano insieme come fedeli e cittadini. I nostri Santi e gli stessi nostri cari ci hanno lasciato esempi di sacrificio e di impegno positivo per il bene da vivere in famiglia e nella società.
Ecco perché il loro ricordo oggi è ancora più necessario per trarre forza a stimolo nel seguirne la via e rimanere fedeli al loro insegnamento che ci sostiene nella convinzione che vale la pena rispettare e lottare per la vita sempre e comunque; che vale la pena amare tutti; che vale la pena sperare sempre, perché l’amore di Dio, unito al nostro, alla fine risulterà vittorioso La celebrazione di oggi, qui al cimitero, proclama la vita e l’amore e ci dà la speranza certa che il nostro Dio non è il Dio dei morti, ma dei viventi, che vince la morte con la sua 3 risurrezione e ci invita a vincerla anche noi ogni giorno con la forza dell’amore e del perdono, della giustizia e della pace. Sì, qui proclamiamo il grido dell’apostolo Paolo: «Dov’è o morte la tua vittoria, dov’è il tuo pungiglione? Siano rese grazie a Dio che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo» (cfr. 1Cor 15,55.57). Ai nostri giovani e ragazzi, che amano la vita e che la vedono spesso chiusa alle loro speranze future di lavoro, di famiglia,di riconoscimento delle loro esigenze spirituali e di responsabilità sociali, o devastata da messaggi che li portano a cercare esperienze devianti e prive di valori di onestà,verità e coerenza morale,insegniamo a non temere perché anche i Santi di cui forse portano il nome e gli stessi loro genitori e nonni, hanno passato momenti difficili e addirittura più tragici dei loro e hanno saputo reagire e lottare per quel mondo nuovo cui oggi i giovani anelano. I loro esempi di costanza nella prova, di vigore cementato dalla fede e dell'amore alla propria famiglia vanno dunque ricordati e valorizzati per convincerli che vale la pena lottare per la vita sempre e comunque, che vale la pena amare sempre e comunque, che vale la pena sperare sempre e comunque, perché l’amore di Dio unito al nostro, alla fine risulterà vittorioso. Amen.
Torino, Cimitero Monumentale, 2 novembre 2017
L'omelia in versione integrale dell'Arcivescovo di Torino in occasione della Commemorazione dei defunti
Cari fratelli e sorelle, oggi è il giorno della memoria carica di ricordi incancellabili che stanno dentro il cuore di tutti noi che abbiamo perso persone care. È il giorno della preghiera di suffragio e di speranza che danno consolazione e aprono orizzonti di vita vera e concreta rispetto alle tante parodie insignificanti che la società del benessere e dei consumi vuole offrirci per esorcizzare la morte senza riuscire però a donarci quella pace interiore e quella serenità che solo la Parola di Dio ci dona .Essa ha fatto risuonare in noi oggi queste parole forti e vere: Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e nessun tormento li toccherà. Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro partenza da noi una rovina,ma essi sono nella pace. E ancora nella seconda lettura: Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi, non ci sarà più morte, né lutto ,né lamento,né affanno,perché le cose di prima sono passate. E infine il Vangelo: beati quelli che ora piangono perché saranno consolati, beati i misericordiosi perché otterranno misericordia, beati voi quando vi perseguiteranno e mentendo diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Sì, oggi celebriamo la vita non la morte, la vita dei nostri cari che Cristo ci assicura col farli partecipi della sua morte e risurrezione, la vita di tutti coloro che hanno lavorato e sofferto per la loro famiglie, hanno combattuto la buona battaglia della fede e della carità, la vita di quanti si sono impegnati per portare nel mondo un po’ di pace e di giustizia verso i poveri, la vita di coloro che in nome di Cristo sono stati uccisi. Tutti modelli di vita da imitare, persone semplici che ci hanno donato tanto amore,molto della loro stessa vita verso cui abbiamo solo da esprimere la nostra riconoscenza. In questo giorno siamo invitati a ripensare al senso della nostra vita e della nostra morte, al tempo che passa veloce e ci sfugge,alla meta che inesorabilmente si avvicina per tutti. Questo non deve abbatterci ma anzi spronarci a non lasciare passare invano la vita che Dio ci concede e a utilizzarla non solo per noi stessi ma anche per chi ha meno vita, amore, giustizia, pace e serenità di noi.
Qui al cimitero vediamo meglio le nostre fragilità, i sogni infranti, la terribile solitudine in cui vivono tanti anziani, malati e persone prive di un affetto duraturo, si colgono meglio egoismi ed errori ed è più facile ritornare a valorizzare di più la nostra umanità e quella interiorità del cuore che ci fa sentite meglio dentro l’anima e ci apre al domani con maggiore fiducia e speranza. Niente e nessuno può e deve distruggere la sete di amore e di gioia che abbiamo dentro il cuore e infusa in noi da Dio e che quindi solo in lui potrà compiersi pienamente nell’eternità beata. Il cimitero inoltre è la casa comune e ci troviamo insieme tante persone e famiglie che nel pellegrinaggio a questo luogo e nella preghiera silenziosa presso le tombe dei loro cari si sentono uniti in una solidarietà che li accomuna e li rende tutti meno individualisti e 2 più consoni della importanza dello stare insieme anche di fronte alla realtà della morte. Per questo la nostra Diocesi mantiene ferma la scelta di valorizzare il cimitero riconoscendo in esso un luogo di feconda socializzazione e comunione contro la deriva individualista o intimistica che accentua nuove tipologie di pratiche funerarie, come la dispersione delle ceneri e la custodia dell’urna in luoghi privati, che favoriscono tale tendenza, e sempre più di rado si confrontano con gli orientamenti e lo stile della tradizione ecclesiale. Per contrastare questa deriva individualistica e spesso anche commerciale la visita al cimitero ci permette di mantenere ferme alcune dimensioni fondamentali del trapasso e ricordo dei nostri defunti. Anzitutto ci aiuta a far apprezzare e vivere alle nuove generazioni il valore familiare della memoria di coloro che ci hanno dato la vita e insegnato a crescere come famiglia unita, perché si consolidi in tutti noi la testimonianza della fede nella risurrezione e il dovere di saper dire grazie, che deve accompagnare la crescita e il futuro dei nostri ragazzi.
In questo modo faremo comprendere loro che il mondo e la vita non iniziano oggi, ma sono doni gratuiti che abbiamo ricevuto dai nostri padri e nonni in una consegna di valore che va trasmessa e rinnovata di generazione in generazione, e di cui anche i giovani sono chiamati a farsi carico in quanto depositari e custodi. La visita al cimitero inoltre ci invita a ricuperare anche solo per un momento ma intenso di sentimenti sinceri, quello spazio di preghiera e di silenzio, di pace interiore che suscita nell’animo il ricordo dei propri cari, ma anche la riflessione sulla vita e sulla morte,sulla propria esistenza e il proprio futuro. Oggi mentre assistiamo al trionfo della morte violenta che è sempre sulle prime pagine dei media, si tende a esorcizzarla con rituali scaramantici che rispondono a una cultura pagana e che cercano di far dimenticare nel più breve tempo possibile il dolore che pure essa porta nel nostro cuore. Non dobbiamo aver paura di entrare in noi stessi e di farci le domande fondamentali che segnano la nostra esistenza, e il nostro futuro e suscitano interrogativi profondi che spesso restano inevasi.
Non possiamo vivere perennemente come in un mercato dove mille voci e mille suoni si intrecciano per impedirci di pregare e di riflettere sul senso della vita, della morte, della sofferenza. Nella società e cultura di oggi dove siamo spinti a vivere sempre fuori di noi stessi, ci vuole l’impegno a vivere più dentro noi stessi se vogliamo assaporare e riscoprire che l’amore, la speranza e la gioia nascono in noi quando sappiamo ascoltare la voce del nostro cuore e della coscienza. Allora sapremo affrontare con coraggio e fiducia anche i momenti difficili e ricuperare quelle risorse basate su valori culturali e civili, etici e spirituali che sono il tesoro più prezioso che i nostri cari ci hanno lasciato in eredità. Accogliamo con gioia e fede le parole del Salmo che abbiamo pregato in questa Messa che ci invitano a valorizzare la nostra anima interiore per dare un risposta alla sete di Dio che spesso fa capolino nella nostra esistente. «Come una cerva anela ai corsi d’acqua così l’anima mia anela a te o Dio. L’anima mia ha sete del Dio vivente, quando verrò e vedrò il volto di Dio? Manda la tua verità e la tua luce. Siano esse a guidarmi, mi portino al tuo monte santo alle tue dimore». Amen.
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