Missione e conversione i cardini dell'Evangelii Gaudium
Il grande convegno alla Facoltà Teologica di Torino
La diocesi di Torino, come è noto, sta vivendo un travaglio non facile, dovuto da una parte alla carenza sempre più marcata di vocazioni al ministero sacerdotale e alla vita consacrata e dall’altra parte a una persistente cultura dominante che tende a scardinare i fondamentali della vita cristiana, a cominciare dalla famiglia, oggi in forte crisi di identità, dal mondo giovanile sempre più assente e lontano dalla fede e dalla pratica religiosa e dalle difficoltà sul piano sociale, che investono tante persone povere e prive di diritti e condizioni di vita dignitose e necessarie al proprio futuro. Tutto ciò a fronte di un grande sforzo, condiviso da tutti, sul piano dell’evangelizzazione e della missione nella nostra società, che lascia sperare frutti di rinnovamento necessari a rendere la presenza e azione pastorale più incisiva e feconda».
Così mons. Nosiglia, richiamando la sua lettera pastorale «La Città sul monte» e il convegno di Firenze ha introdotto «Siamo sempre discepoli-missionari. Quali ‘conversioni per evangelizzare oggi?» che il 5 e 6 dicembre presso la Facoltà teologica ha registrato un’ampia e vivace partecipazione di sacerdoti invitati a riflettere, a interrogarsi e a tradurre nella prassi pastorale la «conversione» delineata nell’Evangelii Gaudium. Ma proprio per cogliere i «frutti di rinnovamento» che l’esortazione apostolica può introdurre e generare anche nella Chiesa torinese ad aprire il convegno il professor Carlos Galli, docente alla Pontificia Universidad Catolica Argentina a Buenos Aires, che ha individuato nel contesto sudamericano le radici del documento, messo poi a confronto con quello europeo dall’intervento di don Oreste Aime. Impossibile una sintesi dei tanti stimoli emersi che, come ha ricordato don Roberto Repole, spiegando le motivazioni del convegno, la teologia ha «consegnato» alla pastorale perché diventino parte concreta del percorso della nostra diocesi. Tra gli altri, nella relazione di Galli, ampiamente rimarcati i collegamenti dell’esortazione con il Concilio Vaticano II e l’invito alla missionarietà: «Al Papa», ha sottolineato Galli, «interessa la continuità della riforma conciliare», «vuole la ‘riforma della Chiesa in uscita missionaria’ (EG 17), una ‘pastorale in conversione’ (EG 25-33), una ‘conversione missionaria’ (Eg 30)».
«La missione è paradigma di tutta la Chiesa (Eg 15), ‘La riforma delle strutture che esige la conversione pastorale si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie’ (Eg 27)». «Questo progetto di Francesco si può riassumere così: la Chiesa si riforma per la conversione missionaria, la conversione e la missione rinnovano la Chiesa’». Riforma che procede secondo un linguaggio nuovo, quello della misericordia che diventa «il criterio fondamentale per orientare la vita, la riforma e missione della Chiesa». Una riforma che parte «dalle periferie della povertà» con quell’attenzione privilegiata ai miseri che non deve dare adito ad interpretazioni populiste dell’atteggiamento di Papa Francesco: «Egli è popolare non populista. Il Papa considera il Popolo di Dio come il soggetto della fede e dell’evangelizzazione, e ogni popolo come il soggetto della sua storia e della sua cultura. Quando il Vescovo di Roma, chiede al popolo che preghi per lui, riconosce la sua soggettività credente ed orante».
Un popolo di Dio che si confronta con la morale, la liturgia, il diritto, con una visione di Chiesa e di Dio sulle quali - come ampiamente sviluppato nella due giorni - l’Evangelii Gaudium getta una luce nuova da cogliere e attuare in un percorso di concreta conversione.
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