La chiesa torinese riflette sull'enciclica "Laudato si"
Appuntamento al Santo Volto, con gli interventi del teologo Casazza e il meteorologo Mercalli. Ha aperto i lavori on Gian Luca Carrega, direttore dell'Ufficio diocesano per la Pastorale della Cultura. In allegato il contributo di Don Casazza
Si è svolto venerdì 16 ottobre presso il centro congressi “Santo Volto” di Torino l’incontro su “Benessere del Creato, benessere dell’uomo. Dialogo attorno alla ‘Laudato si‘, sulla cura della casa comune’”. Organizzato dall’arcidiocesi di Torino, l’appuntamento - come si legge in una nota dell’arcidiocesi - “intende fornire un quadro sociologico e antropologico dell’enciclica, tenendo ben in vista anche i fondamenti scientifici delle problematiche ambientali”. Introdurrà i lavori don Gian Luca Carrega, direttore dell’ufficio diocesano per la Pastorale della Cultura.
Sono intervenuti di don Fabrizio Casazza, direttore dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Alessandria e ordinario di Teologia morale, su “Ecologia integrale per un nuovo umanesimo” e di Luca Mercalli, presidente della Società meteorologica italiana, su “Le basi scientifiche dell’enciclica Laudato sì”. Successivamente giornalista Andrea Caglieris, redattore di Rai Piemonte e segretario dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte, modererà il “salotto con gli esperti” durante il quale cinque rappresentanti di diverse categorie - mondo imprenditoriale, cooperative sociali, sindacati, università e dialogo ecumenico - si confrontano e rivolgeranno domande ai due relatori a partire dal loro particolare punto di osservazione.
Riprendiamo la relazione di don Fabrizio Casazza *
Affronto l’enciclica «Laudato Sì», la seconda di papa Francesco, cercando di mettere in evidenza gli snodi concettuali più rilevanti sotto il profilo teologico morale e tendendo conto che il linguaggio usato è più sovrabbondante ed evocativo che puntuale e analitico. Per chiarezza espositiva procedo seguendo lo sviluppo del testo e cercando di lasciar parlare il più possibile il papa stesso. Basterebbe leggere solo l’introduzione, il numero uno, perché in essa c’è già tutto il senso dell’enciclica. Il mondo viene designato come «nostra casa comune… una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza… una madre bella che ci accoglie» (n.1). Sono metafore tratte dalla vita familiare: casa, sorella, madre. Fin dalle prime righe del documento emerge uno stile «di casa». Questo approccio non deve sembrare strano perché la parola ecologia, coniata nel 1866 dallo zoologo tedesco Ernst Eckel, si collega ad un termine greco che vuol dire casa, l’ecologia è la scienza della nostra casa comune. Però, evidentemente, il pensiero cristiano non pensa ad una ecologia qualsiasi ma ad una ecologia integrale, che ci relaziona al mondo con stile fraterno. Il testo stesso si premura di elencare a mo’ di sommario alcuni assi portanti che attraversano tutta l’enciclica: «l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta, la convinzione che tutto nel mondo è intimamente connesso, la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia, l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso, il valore proprio di ogni creatura, il senso umano dell’ecologia, la necessità di dibattiti sinceri e onesti, la grave responsabilità della politica internazionale e locale, le cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita» (n.16).
Il primo capitolo, intitolato quello che sta accadendo alla nostra casa, ci ricorda che sono in atto cambiamenti rapidissimi, constata che la terra è ridotta ad un immenso deposito di immondizia (n.21), in cui regna la cultura dello scarto (n.22).
È interessante l’osservazione sull’esistenza di un inquinamento mentale che confonde la sapienza con una mera accumulazione di dati, che finisce per saturare e confondere (n.47).
Le relazioni reali con gli altri, con tutte la sfide che implicano, dice il papa, tendono ad essere sostituite da un tipo di comunicazione mediata da Internet (n.47), così «l’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme» (n.48). Nel secondo capitolo, il vangelo della creazione, il papa constata che la preoccupazione ecologica non è un’esclusiva dei cattolici, ma afferma che le convinzioni di fede offrono ai cristiani motivazioni alte (n.64). Innanzi tutto a partire dal dato biblico che «ogni essere umano è creato per amore, fatto ad immagine e somiglianza di Dio» (n.65), e questo ci mostra l’immensa dignità di ogni persona. Qualcuno ha accusato sia l’ebraismo sia il cristianesimo di propiziare uno sfruttamento selvaggio della natura a causa del comandamento di soggiogare la terra (n.67) ma, dice il papa, questa non è una corretta interpretazione della Bibbia come la intende la Chiesa. Tutte le creature hanno un valore nel progetto di Dio che ha però la persona umana al suo vertice come un valore peculiare e una preminenza. Il sociologo Mauro Magatti vede la novità dell’enciclica proprio nell’allargamento del concetto ecologico, alla sua qualificazione umana. Il testo denuncia anche alcune contraddizioni di una certa ecologia affermando: «il cuore è uno solo e la stessa miseria che porta a maltrattare un animale non tarda a manifestarsi nella relazione con le altre persone» (n.92).
L’ultima parte del secondo capitolo coniuga il discorso ecologico nella prospettiva sociale; non ha caso quest’enciclica fa parte della dottrina sociale della Chiesa. Nel terzo capitolo si parla della radice umana della crisi ecologica. Il punto centrale è che il paradigma tecnocratico (n.101) è diventato dominante. Di fatto la tecnica ha una tendenza a far sì che nulla resti fuori dalla sua logica (n.108). Allora non si può guardare ai problemi ambientali solo con una serie di soluzioni tecniche (n.110) perché vorrebbe dire ignorare la radice dei problemi. Quindi, per superare questo modello tecnocratico, occorre un nuovo umanesimo (n.118). Il fratello gemello del paradigma tecnocratico è il relativismo (n.122). Se non ci sono verità oggettive né principi stabili che cosa resta? Tutto è trattabile. È la stessa logica «usa e getta». Capitolo quarto tratta di ecologia integrale. Noi non siamo accostati alla natura, siamo dentro di essa, viviamo dentro la natura. Allora ci vuole un’ecologia sociale (n.142), culturale (n.143), urbana (n.150).
L’ecologia umana implica però anche la necessaria relazione dell’essere umano con la legge morale, altrimenti non c’è un ancoraggio (n.155). Come organizzarci in pratica? Il tema viene trattato nel quinto capitolo: alcune linee di orientamento e di azione. Il potere politico deve essere prevalente sul potere economico, non si può giustificare un’economia senza politica. Ma ci vuole una politica ad ampio raggio (n.178), che superi il tempo di una legislatura, altrimenti non si costruisce nulla.
Qual è il ruolo della Chiesa?
«La Chiesa non pretende di definire le questioni scientifiche, la Chiesa non vuole neanche sostituirsi alla politica» (n.188), ma sollecita un dibattito onesto e trasparente a servizio del bene comune, che nella concezione cattolica è il bene di tutti e di ciascuno. La tecnocrazia, che sembrava uccisa dalla crisi economica, è rispuntata. Si tratta allora di ridefinire il progresso. “È arrivata l’ora di accettare una certa decrescita” (n.193); ciò non vuol dire abbracciare la teoria della decrescita di Latouche e neanche auspicare il ritorno all’età della pietra ma che bisogna ridefinire il concetto di progresso (n.194). Il capitolo sei tratta di educazione e spiritualità ecologica. A livello soggettivo, dei singoli, il paradigma tecnocratico che domina il mondo si traduce nel consumismo (n.203). Qui ci sono delle osservazioni molto belle perché il papa dice che il consumismo nasce da un giusto bisogno di pienezza ma offre una risposta illusoria, «Più il cuore della persona è vuoto più ha bisogno di oggetti da comprare, possedere e consumare» (n.204). Serve allora una conversione ecologica, fatta di tanti piccoli gesti, I punti principali sono due: gratitudine e gratuità (n.220), cioè riconoscere il mondo come un dono.
Un piccolo gesto molto concreto che suggerisce il papa per coltivare la gratitudine è la preghiera prima e dopo i pasti, come segno che non è tutto dovuto (n.227). Non dimentichiamo poi che noi cristiani abbiamo la domenica. La Chiesa ha sempre difeso la domenica, non solo la Messa, ma il riposo dei lavoratori. «La domenica è il giorno del risanamento delle relazioni, dell’essere umano con Dio, con se stessi, con gli altri, il mondo» (n.237). Il documento e anche il mio intervento si conclude con una particolare visione del paradiso, che è la meta verso cui tutti siamo incamminati. La parola paradiso deriva da giardino: l’eternità è descritta in termini ecologici: «la vita eterna sarà una meraviglia condivisa, dove ogni creatura, luminosamente trasformata, occuperà il suo posto e avrà qualcosa da offrire ai poveri definitivamente liberati» (n.243). La luce della fede, nella prospettiva dell’eternità, non solo non distoglie i credenti dall’impegno di migliorare questo mondo ma fornisce motivazioni più solide e più profonde.
* Ordinario di teologia morale, direttore dell’ISSR di Alessandria
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