Il santo delle comunicazioni
A 450 anni dalla nascita di Francesco di Sales (1567-2017)
Fra pochi mesi – ad agosto – festeggeremo i 450 anni dalla nascita di S. Francesco di Sales, Sabaudiae gemma, come lo definì Paolo VI.
Per una decina d’anni ho letto e studiato i suoi scritti (e continuo in questo piacevole lavoro) e in particolare sono rimasto affascinato dalle sue Lettere. Scrive Dom Mackey: “Si può affermare che la corrispondenza di San Francesco di Sales è la storia più completa della sua vita e quella più fedele. È là e soltanto là che il santo si manifesta completamente; a sua insaputa, egli permette di contemplare facilmente e di studiare sotto tutti gli aspetti la sua personalità così ricca di fascino” (Oeuvres d’Annecy, vol. XI, pag.2).
Sono passati più di quattro secoli eppure queste pagine conservano una freschezza e una modernità incredibile. Il lettore potrà rendersene conto, leggendo i due volumi che ho pubblicato sulla “Spiritualità salesiana”, cioè sul modo che Francesco ha vissuto e insegnato per camminare verso Dio.
La sua modernità va cercata anzitutto nella visione che ha della persona umana. Il suo approccio è stato chiamato umanesimo integrale, in quanto non solo mette al centro la persona umana, ma soprattutto per il fatto che di questa prende in considerazione tutte le dimensioni: corpo, sentimenti, affetti, intelligenza, anima, spirito.
Stupisce leggere questo delicato richiamo rivolto alla Madre di Chantal: “Riposate bene, mangiate cose piuttosto buone e non mettete troppa acqua nel vino, perché vedo che la vostra debolezza proviene da debolezza di stomaco e da freddezza di testa”.
In un tempo in cui, come scriveva Marcuse, spesso la persona umana è ridotta ad una dimensione (denaro, corpo, ragione, lavoro, prestanza sportiva, …) il messaggio di Francesco risuona come un richiamo urgente per ricuperare la bellezza del vivere e nel sapere intessere relazioni di amicizia con gli altri e con Dio.
Di tutta la persona Francesco esalta la sua capacità di amare, la qualità che la rende simile al suo Creatore, con il quale ha una specie di inclinazione naturale. Fu definito il cantore dell’amore, della capacità che ha il cuore umano di amare. E questo amore è accessibile a tutti in quanto “questo Re di gloria non dà ai suoi servi le ricompense secondo il livello dei compiti assegnati, ma secondo l’amore e l’umiltà che ha messo nell’esercitarli” (Filotea).
E il cuore di Francesco è fatto così. Eccone una rara fotografia: “Penso che nel mondo non vi siano anime che amino più cordialmente e più teneramente e, per dire tutto molto alla buona, più amorosamente di me, perché a Dio è piaciuto fare così il mio cuore. E tuttavia, amo le anime indipendenti, vigorose, le anime che non sono femmine, perché la tenerezza troppo grande sconvolge il cuore, lo rende inquieto e lo distrae dalla meditazione amorosa di Dio. Quello che non è Dio, non è nulla per noi”.
Si tratta sempre di un amore che cammina sul binario della concretezza e che tradotto nella vita quotidiana diventa pazienza, dolcezza, perdono, umiltà.
- “Finché restiamo quaggiù, dobbiamo rassegnarci a portare noi stessi fino a che Dio ci porti in cielo. Bisogna dunque aver pazienza e non pensare mai che possiamo correggere in un giorno le cattive abitudini che abbiamo contratte per la poca cura che abbiamo avuto della nostra salute spirituale. Bisogna, riconosciamolo, aver pazienza con tutti, ma in primo luogo con se stessi”.
- “Dovete stare attenta a cominciare con dolcezza e di quando in quando dare uno sguardo al vostro cuore per vedere se si è conservato dolce. Se non si è conservato così, raddolcirlo prima di fare qualsiasi altra cosa”.
- “Ogni mattina, prima di ogni altra cosa, dovreste pregare Dio a darvi la vera dolcezza di spirito che esige dalle anime che lo servono e proporre d’esercitarvi nella pratica di questa virtù, principalmente nei riguardi delle due persone verso le quali avete maggiori doveri di riconoscenza. Dovete riuscire a sapervi controllare bene a questo riguardo e ricordarvene cento volte ogni giorno.”
- “Ho saputo che siete incinta e ne ho benedetto Dio: la fecondità è una delle sue benedizioni. Fate sì che questa gravidanza sia utile per voi in due modi: offrendo a Dio il frutto del vostro seno cento volte al giorno, come Agostino attesta che facesse sua madre, e benedicendo il Signore per quello che soffrite per potergli dare un servo o una serva che, con l’aiuto della sua grazia, lo benedirà eternamente con voi”.
Anche la sua predicazione mirava al cuore di chi ascoltava.
Infine, siccome “Dio è il Dio del cuore umano”, Egli esige il posto centrale nella vita del cristiano.
Quello che non è Dio, non è nulla per noi! Questa centralità coincide nel ricercare e nel vivere “le bon plaisir de Dieu”, cioè la sua volontà. Questo è un altro pilastro della sua spiritualità, che consegno con gioia al lettore: “Tutto quello che noi facciamo riceve il suo valore dalla nostra conformità alla volontà di Dio. Vorrei che, spesso, durante la giornata invocaste Dio per chiedergli l’amore alla vostra vocazione. Bisogna amare quello che ama Dio. Ora egli ama la nostra vocazione. Dunque amiamola anche noi e non perdiamo il tempo pensando a quella degli altri”.
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