Il Natale apre alla speranza. Adoriamo il Bambino Gesù
L'omelia dell'Arcivescovo di Torino nella notte di Natale
“A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio. A quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”. Così proclama, in questo giorno di Natale, il Vangelo di Giovanni. Il Natale, festa di Dio che si fa uomo, è anche la festa dell’uomo che, per puro dono, mediante la fede, diventa figlio di Dio. Figlio nel Figlio unigenito del Padre, Gesù Cristo, che si è fatto, per amore, nostro fratello. Possiamo affermare che il Natale è anche la festa che ricorda il nostro Battesimo, il sacramento della rinascita e della rigenerazione divina, che rende il credente partecipe ed erede della vita eterna. Per questo i Padri della Chiesa, a Natale, invitavano i cristiani a riconoscere questa altissima dignità di creature nuove, ringraziando il Signore e vivendo con coerenza e fedeltà la loro fede in Cristo.
Scrive S. Leone Magno: " Ricordati, o cristiano, che con il sacramento del Battesimo sei diventato tempio dello Spirito Santo. Non mettere in fuga un ospite così illustre con un comportamento riprovevole". E’ questo il cuore, il centro vero della festa che interessa ogni uomo chiamato, in Cristo, ad essere salvato e che coinvolge profondamente il cristiano dentro quel circolo di amore infinito, che lo ha acquistato a prezzo del sacrificio del Signore, separandolo dal mondo del peccato e della morte per introdurlo nel regno di Dio.
Vivere il Natale con questa fede e con queste profonde motivazioni non significa rinunciare a cogliere gli aspetti più umani della nascita di Gesù. Il presepe ci ricorda con semplicità e verità il fatto sconvolgente di Dio, che si fa uno di noi nella povertà della carne e del tempo. La riduzione del Natale però in festa un po buonista o farne motivo per un consumismo sfrenato, la percepiamo tutti in netto contrasto con la sobrietà e la povertà della nascita di Gesù. Per cui è certamente giusto e doveroso andare controcorrente e fare concreti gesti di solidarietà e di condivisione verso i più poveri e sofferenti della nostra società. E’ questa una via maestra da seguire, ma non può farci dimenticare l’altra via primaria, quella di rinsaldare la fede in Gesù Cristo e testimoniarla con coerenza nelle scelte morali di ogni giorno.
E’ soprattutto il dono della vita che oggi va esaltato e promosso, un dono che parte dal rispetto e dalla cura della propria vita e diventa poi offerta di se stessi affinché tutti, anche chi è nella sofferenza e nella prova più dura, possano continuare a godere di un amore forte e solidale, che circonda la persona di una rete di prossimità capace di dare senso alla vita e di sostenerla.
Se in questi giorni di Natale proviamo a leggere in casa gli episodi dei Vangeli dell’infanzia di Gesù, comprendiamo ancora meglio quanto la vita fisica, e quella di Dio che abbiamo ricevuto nel Battesimo, siano doni gratuiti di cui dovremo sempre riconoscere le origini fuori di noi stessi e chiederci: perché esisto e per quale fine Dio mi ha dato la vita? Questa domanda fondamentale ne porta con sé un’altra: perché Il Verbo di Dio si è fatto carne e ha preso la nostra natura umana, mortale e peccatrice? Entrambe le risposte ci parlano di Amore.
Dio ci ha creati per amore e ha mandato suo Figlio per mostrarci quanto ci ama. Questo è anche il messaggio centrale del Natale: Dio si è fatto uomo perché l’uomo diventi figlio di Dio. Lui ha assunto la nostra natura umana perché noi potessimo condividere la sua natura divina.
La tradizione della Chiesa ha tramandato una preghiera bellissima che si recita ogni giorno al mattino e alla sera ed inizia con l’espressione: "Ti ringrazio, Signore, di avermi creato e fatto cristiano". Ma è proprio vero che siamo contenti e ci riteniamo fortunati di essere nati e fatti cristiani? O diamo per scontato il fatto di esserlo e non manifestiamo a tutti la gioia di poterci gloriare del nome cristiano che ci è stato dato? A volte sembra che ci si debba quasi vergognare di essere cristiani o si debba nascondere la fede per timore di offendere chi non è cristiano o per non apparire poco laici e dunque liberi da condizionamenti che la fede comporterebbe.
Mai sottacere, dunque, della verità fede e mai cessare di dare una sua buona testimonianza mediante la carità a chiunque, ed in ogni ambiente di vita e di lavoro. Il bene, che si semina, produrrà un frutto abbandonante, quando e come non lo sappiamo, ma è certo che ci sarà. E’ questa certezza che ha sempre dato alla Chiesa la forza di evangelizzare, anche in ambienti e culture che sembravano refrattarie al Vangelo, ed è questo che ha reso i cristiani di ogni tempo coraggiosi nel proporre a tutti il Vangelo della vita, che è Cristo stesso. A Natale diamo dunque una casa al Vangelo, la nostra casa, riscoprendo la gioia della fede in Gesù, Figlio di Dio e Salvatore, vissuta nell’amore tra sposi, genitori e figli, giovani e anziani e aperta all’incontro con ogni persona che è sola o soffre.
Il mio augurio di Vescovo, padre e amico, raggiunga ogni casa. In particolare desidero indirizzarlo ai piccoli, agli anziani, ai malati e ai poveri; a chi ha perso di recente una persona cara e ne sente oggi particolarmente la mancanza; a chi soffre per la solitudin l’abbandono, privo di affetti e di amicizia sincere e accoglienti; a chi versa in difficoltà familiari per incomprensioni e rotture che sembrano insanabili; a chi è sfiduciato per la mancanza di un lavoro stabile e sicuro; a chi il lavoro l’ha perso e stenta a ritrovarlo; a chi vive questa festa, come ogni giorno, alla ricerca di un pasto caldo o di un alloggio; a chi è al lavoro per garantire servizi, serenità e sicurezza sociale.
A tutti annuncio: alzate il capo e rallegratevi! Non può esserci tristezza nel cuore nel giorno in cui è nato il nostro Salvatore, che ci libera dal peccato e dalla morte. Riprendete coraggio dunque rinnovate la speranza, perché con Lui tutto è superabile, tutto è possibile. Allora sarà veramente un Natale cristiano, fonte di vita, di luce e di gioia.
+ Arcivescovo di Torino
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