Il Dono da accogliere, "Affidarsi a Gesù Misericordia"

Sabato 6 febbraio, convegno al Santo Volto per la XXIV Giornata mondiale del Malato

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Il Dono da accogliere, "Affidarsi a Gesù Misericordia"

«Siate misericordiosi com'è misericordioso il Padre vostro» (Lc 6,36). Prima di essere un comando, queste parole di Gesù sono la rivelazione di una possibilità: l'uomo può partecipare alla misericordia di Dio, può cioè dare vita, mostrare tenerezza e amore, fare grazia, con-soffrire con chi soffre, sentire l'unicità dell'altro ed essergli vicino, perdonare, sopportare l'altro e pazientare con le sue lentezze e inadeguatezze. Se «misericordioso e compassionevole» è il nome di Dio (Es 34,6), Gesù di Nazaret ha dato un volto d'uomo a tale misericordia e compassione e l'ha narrata con la sua pratica di umanità. Gesù è «il volto della misericordia del Padre» (papa Francesco), la misericordia fatta persona. Dietro a Gesù, per la fede in lui, anche il discepolo può vivere la misericordia.

Anzi, può farla, realizzarla. Infatti, la misericordia non è semplicemente un'emozione, un fremito delle viscere di fronte al soffrire altrui: essa nasce come acuta risonanza in me del soffrire altrui, ma diventa poi etica, prassi, virtù. È così per il samaritano della parabola, che fa tutto ciò che è in suo potere per alleviare concretamente le sofferenze dell'uomo moribondo ai lati della strada (Lc 10,25-37). La misericordia, secondo la Bibbia, la si fa: «Va' e anche tu fa' lo stesso» (Lc 10,37), dice Gesù al dottore della legge a cui ha narrato la parabola del samaritano. Di Gesù che opera guarigioni si dice: «Ha fatto bene ogni cosa» (Lc 7,37).

Si comprende che papa Francesco, nella Bolla di indizione del Giubileo della Misericordia abbia esortato i cristiani a riprendere e praticare la tradizione delle opere di misericordia corporali e spirituali. Tradizione che chiede di calare nel quotidiano di concrete situazioni di bisogno la pratica della misericordia: con chi è malato, in carcere, con l'emigrato, con il senza casa, con chi è nel lutto, con chi è nel dolore o nella disperazione ... Noi cristiani sappiamo ormai che la volontà di Dio è la misericordia, ma non prendiamo sul serio l'antitesi posta da Gesù nel rivelare il volere divino, e perciò valgono ancora per noi sia l'ammonimento di Gesù: «Andate a imparare che cosa significhi 'Misericordia voglio, non sacrificio'. Non sono venuto a chiamare i giusti ma i peccatori» (Mt 9,13), che il suo rimprovero: «Se aveste compreso che cosa significhi 'Misericordia voglio, non sacrificio', non avreste condannato persone senza colpa» (Mt 12,7). In verità, la misericordia ci scandalizza, come ci scandalizza un Dio che sceglie i poveri, che dice che i primi saranno ultimi, che afferma che le prostitute passeranno avanti nel Regno di Dio a chi è religioso, ci scandalizza un Dio che sconvolge i nostri parametri di giustizia retributiva dando il medesimo salario all'operaio della prima come dell'ultima ora.

Ma questa è la pratica di Gesù: egli si rifiuta di lapidare la donna adultera e svela il peccato di coloro che volevano scaricare sacrificalmente il peccato sulla donna (Gv 8,1-11), chiede di perdonare settanta volte sette (Mt 18,22) e nella prostituta al banchetto in casa di Simone il fariseo vede l'amore là dove gli uomini religiosi vedono il peccato (Lc 7,36-50). La misericordia ci scandalizza perché di fronte al peccato commesso noi vogliamo espiazione, sentenza, pena, mentre Gesù mette in atto la misericordia. Per Gesù, con il peccato non una legge è infranta, ma una vita è ferita dal male subito e un'altra è disonorata dal male commesso. Si dirà: che ne è della giustizia? La reazione di Dio di fronte al male articola giustizia e misericordia e il punto di incontro è la sofferenza: la giustizia mostra un Dio che soffre di fronte all’ingiustizia, che con-soffre con la vittima dell’ingiustizia, che soffre di fronte al fallimento dell'uomo che ha commesso l'ingiustizia. E il Dio che soffre diviene il Dio che s'offre, che si dona in nome della sua giustizia e della sua misericordia.

L'offerta che Gesù ha fatto di sé con tutta la sua vita e con la sua morte sta tutta nello spazio del dono, perché solo un atto di amore gratuito e unilaterale può sanare il male: il perdono, l'amore rinnovato contro ogni evidenza e reciprocità. Perché l'amore del Signore non lo si conquista per meriti, ma lo si accoglie nell'umiltà. E allora può nascere la conversione. I cristiani? I convertiti dalla misericordia di Dio in Gesù Cristo. E convertiti alla misericordia.

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