Giornata Caritas, Nosiglia “il tessuto sociale è debole, serve un patto di comunità”
Al Valdocco la ventiseiesima edizione, nel ricordo di 35 anni dell’ufficio diocesano, sul tema “L’Amore più grande, dare la vita”
I volti degli operatori presenti raccontano l’impegno, totale, gratuito, profondo, ma anche la consapevolezza delle difficoltà nel trovare idee nuove per affrontare la povertà, vecchia e nuova, sempre in evoluzione. Il direttore Pierluigi Dovis ha indicato la strada e soprattutto lo stile della Caritas. Del modo di affrontare le sfide e le emergenze ha parlato suor Claudia Calci partendo dalle parole chiare in grado di intraprendere un servizio di carità, rivolto al riscatto e alla dignità dell’uomo: F fiducia, A armonia, R resilienza V vivere la gioia, I innovazione, V Valutazione, E Esploratore, E eleganza carità come dono di me stesso. In un passaggio del suo intervento l’Arcivescovo Nosiglia ha affermato che: “La persona dovrebbe stare al centro di tutto, non solo i suoi bisogni: la persona considerata in tutte le sue necessità, quelle materiali e fisiche e quelle morali e spirituali; la persona che esige dignità, rispetto e anche stimolo a farsi strada con le proprie gambe per non essere resa sempre dipendente da altri. Ma... c'è sempre un "ma" che non ci deve lasciare tranquilli: perché, se ci è richiesto di dare la vita, come l'Amore più grande ci indica nell'esempio del nostro Signore Gesù, allora il cammino appare arduo e il traguardo ancora molto lontano dalla sufficienza”.
I due interventi di don Gabriele Papinato, economo diocesano a Padova, già missionario fidei donum in Kenya, ha dato il senso del dono ovvero “quali strumenti possibili per gli operatori di carità”, in ascolto dell’esperienza per costruire una cassetta degli attrezzi. al quale si è aggiunta la voce di Filippo Molinari, sindaco di Medolla – comune colpito nel 2012 dal terremoto e gemellato con le Diocesi di Piemonte e Valle d’Aosta sul tema “dare la vita: nella società civile e nelle Istituzioni”, per trovare sinergie efficaci e utili alle soluzioni dei drammi sociali.
L’Arcivescovo di Torino nel suo contributo-testimonianza ha riportato al centro il tema dell’Amore più Grande, come stile di vita. “L'Amore più grande per i poveri alberga nella nostra città? Se guardo a ciascuno di voi e a tanti operatori del sociale, come a tante famiglie e comunità che operano nel silenzio e nella quotidianità, mi verrebbe da dire: sì, possiamo rendere grazie a Dio perché a Torino e il suo territorio, la parola "Amore" si coniuga con quelle di solidarietà, servizi, accoglienza, condivisione” ha esordito il Pastore della Chiesa torinese”.
“Il tessuto comunitario resta sfilacciato e spesso poco disponibile a mettersi in gioco per affrontare seriamente i problemi di chi più soffre, è solo e deve lottare ogni giorno per la vita, spesso senza una concreta speranza di soluzione. La città,molti suoi abitanti e -questo mi addolora e preoccupa in particolare, tanti giovani (intendo non solo a Torino ma in tutte le nostre città e paesi della Diocesi) restano indifferenti o non hanno né voglia, né tempo, né volontà di occuparsi, oltre che dei propri problemi, di quelli di altri, fossero i propri vicini di casa o di quartiere e di comunità”.
Trovare soluzioni insieme
“Certo, l'emergenza influisce su tutto e spesso si tamponano le falle, senza una strategia comune di indirizzo e di impegno da parte delle diverse componenti. Dobbiamo riflettere sul fatto che i poveri tradizionali, che sempre ci sono stati, erano e sono abituati ad allungare la mano per ricevere aiuto e di fatto pensano forse in questo modo di riuscire a garantire la loro vita anche futura; ma c'è la numerosa nuova schiera di poveri di questi ultimi anni, gente abituata a dare, più che a ricevere, o comunque a gestire la propria vita abbastanza regolarmente, perché si tratta di persone che avevano un lavoro, una casa, il sostegno della famiglia, e che vivono con profondo disagio l'attuale dipendenza, si sentono più succubi che destinatari degli aiuti di cui necessitano e vorrebbero uscire fuori il più presto possibile da questa situazione”.
Società che rischia
“L’anello debole della società è vasto e si allarga, va – ricorda Nosiglia – “i giovani, i tanti lavoratori che perdono il posto, le famiglie sfrattate perché non riescono più a pagare l'affitto di casa, i senza fissa dimora e gli anziani che debbono combattere con la solitudine e una modesta pensione, che serve più ai loro figli che a se stessi... Un pensiero l’Arcivescovo lo rivolge ai Rom, popolo composto per lo più da minori, che da tanti anni vive nella nostra città e non riesce a integrarsi, non solo perché la sua cultura e il suo stile di vita sono certamente molto distanti dal nostro, ma perché la gente e anche tanti cristiani ne rifiutano persino l'esistenza e non li aiutano a percorrere le vie di un positivo inserimento nei quartieri della città”.
Il richiamo alla politica e l’impegno della Chiesa
“O si muove la cittadinanza in quanto tale nelle sue varie componenti, dalle istituzioni, all'economia, alla cultura e al popolo di Dio, oppure i servizi sociali e il volontariato, con tutta la buona volontà che pure ci mettono, non riusciranno mai ad affrontare e gestire questi problemi. Quanta gente oggi si sente inutile perché non ha più la dignità di bastare a stessa, di mantenere la propria famiglia decorosamente! Questa folla che cresce deprime e destabilizza tutta la società. E in questo specifico campo, come in quelli nell'accompagnamento delle persone e delle famiglie anche sul piano spirituale ed etico, oltre che sociale, la nostra Chiesa deve trovare uno slancio nuovo, fatto di gesti concreti, pagando se necessario il prezzo più alto in fatto di offerta di risorse, beni, personale”.
Condividere vuole dire perdere per donare, contro malcostume e corruzione
Ed infine un richiamo all’attualità da parte dell’Arcivescovo “Dobbiamo reagire tutti al malcostume, alla paura di perdere chissà quale possibilità o potere, reagire ad ogni forma di disonestà e di corruzione, fenomeni che sono come un cancro che inficia un po' l'intera nostra società e rende il popolo degli onesti scandalizzato: non temiamo di opporci, anche nel nostro piccolo, ad ogni forma di illegalità o di ricerca di sfuggire al dovere di contribuire alla giustizia e all'equità per tornaconti personali o di comunità. Reagiamo invece vincendo ogni forma di male con un amore più grande e generoso. Ma sopratutto diamo esempi reali e forti di come si deve dare la vita per i poveri”.
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