Dossier 70° Resistenza: una vita per la libertà don Mario Caustico e i 65 martiri di Grugliasco
L'eroismo cristiano del salesiano cappellano dei partigiani e l'eccidio nella cittadina alle porte di Torino
«Ci schierarono nel campo di segala, sul ciglio della strada. I tedeschi gridavano ed erano quasi tutti ubriachi, dodici avevano armi automatiche, gli altri i fucili. Il comandante stava dietro a don Caustico, primo della fila. Appena schierati, don Mario alzò la mano su di noi per benedirci e in quell'attimo il comandante fece partire una scarica contro il sacerdote, seguito dagli altri che spararono all’impazzata».
Gino Mansani settant’anni fa aveva 34 anni e sentiva la morte vicina. In quell’orribile mattina del 30 aprile 1945 sessantasei persone inermi vennero trucidate da un reparto nazista del I Reggimento corazzato dei Cacciatori delle Alpi che si scatenarono «come belve» contro la popolazione. Tra le vittime don Mario Caustico, 32 anni, salesiano, cappellano partigiano, seviziato e fucilato.
L'eccidio di Grugliasco (Torino) è una delle vicende più crudeli e tragiche di tuttala Resistenzae tra le più gravi accadute in Piemonte. A Boves nel Cuneese le stragi furono due: il 19 settembre 1943 le SS bruciarono il paese e uccisero 32 cittadini, tra i quali il parroco don Giuseppe Bernardi e il viceparroco don Mario Ghibaudo di 23 anni, per i quali è in corso la causa di beatificazione. Le SS tornarono il 31 dicembre 1943 e massacrarono altre 59 persone. A Cumiana (Torino) le SS italiane, inquadrate sotto il comando dei tedeschi, il 3 aprile 1944 massacrarono 50 civili e un partigiano dopo due giorni di intensi contatti fra i partigiani della Val Sangone e il tenente SS Anton Renninger per giungere a uno scambio di ostaggi.
Mario Francesco Giuseppe Caustico nasce a Capriglio (Asti), il 14 settembre 1913 da Giorgio e Giovanna Vigna, una solida famiglia contadina con tre figli. È il paese di Margherita Occhiena (1788-1856), moglie di Giuseppe Bosco e mamma di Giovanni Bosco. Mario frequenta l'ambiente salesiano di Colle don Bosco e la figura del «padre e maestro dei giovani» lo affascina. Entra fra i Salesiani e il 3 luglio 1938 è ordinato sacerdote a Maria Ausiliatrice dal cardinale arcivescovo di Torino Maurilio Fossati. Lavora tra i giovani negli oratori di Avigliana, Torino-Valdocco, Cuorgnè, «Oratorio Michele Rua» di Torino-Borgata Monterosa.
Durante la guerra di Liberazione,la Vdivisione del «Corpo volontari della libertà», partigiani operanti nella Valle di Susa, chiede con insistenza un sacerdote come cappellano. Il superiore don Luigi Ricceri – che sarà rettor maggiore dei Salesiani (1965-1977) - manda a chiamare don Caustico: «Quando devo partire?». «Al più presto, domani stesso, se non hai nulla in contrario».
Il 25 aprile 1945 la 106ª Brigata Giordano V (divisione R. Baratta) dei Volontari della libertà riceve l'ordine di marciare su Torino e presidiare l'Aeronautica Fiat ed è informata che la colonna tedesca del I reggimento corazzato dei Cacciatori delle Alpi marcia su Collegno e Grugliasco e che le popolazioni vivono nel terrore di una rappresaglia. Don Caustico si offre subito e ottiene di andare a trattare con loro. Raggiunge il comando tedesco a Rivalta ma la situazione precipita. I1 comandante gli straccia le credenziali, lo tiene prigioniero e lo obbliga, con la bandiera bianca in mano, a marciare in testa alla colonna, tra cui ci sono reparti di SS, fino a Grugliasco.
Si tratta di un vile e diabolico tranello, messo in atto dai tedeschi. La cittadina, come tutta Italia, è in festa perla Liberazionedalla dittatura fascista. D'improvviso si abbatte, come una mazzata, la furia selvaggia dei nazisti. A sera, la colonna occupa il paese. I tedeschi falciano due giovani vicino alla chiesa. Una donna apre la finestra e da un cannoncino da 25 mm., piazzato a 50 metri di distanza, partono due colpi che la raggiungono in pieno: la donna cade e muore. Un congiunto esce di corsa per cercare un medico e una fucilata lo abbatte. I nazisti saccheggiano negozi e abitazioni al grido: «Covo di banditi. Distruggete tutto». Dopo uno scontro a mezzanotte fra tedeschi e partigiani a Regina Margherita c’è un feroce rastrellamento di uomini, giovani e ragazzi, anche di 14-17 anni. La «Casa del popolo» è accerchiata. Dentro una quarantina di giovani male armati: per due ore resistono ai tedeschi, poi cedono. I prigionieri sono ammassati pianterreno, tra essi don Caustico, e per tutta la notte sono sottoposti a violenze e sevizie. Vani i tentativi di don Giacomo Perino, parroco di San Cassiano, e padre Raimondo, superiore dei Maristi, «di ammansire il comandante, una vera belva, assetata di sangue» dicono i superstiti. Racconta una cronaca dell'epoca: «Nella notte padre Raimondo ebbe in piazza un colloquio con il comandante. Peccato non conoscere il nome di questo prode seguace di Hitler. Sappiamo che qualche giorno dopo si toglierà la vita ad Agliè: non riesce a sopravvivere all'onta della sconfitta militare e politica del suo Paese. Sembrava una belva, era furiosissimo. Voleva passare alla storia quale debellatore del partigianesimo».
Le ore trascorrono tra violenze e torture. Don Caustico protesta e prende le difese dei prigionieri. Ricorda il superstite Giovanni Facchin: «Particolarmente contro di lui i tedeschi sfogarono il loro furore». Chiede di essere ricevuto dal comandante ma è pestato a sangue: quando rientra i compagni capiscono che non c'è più nulla da fare. La loro sorte è segnata. Molti si confessano e ricevono l'assoluzione.
La mattina del 30 aprile i prigionieri vengono fatti uscire dalla Casa del popolo e portati in piazza. Don Caustico è a piedi nudi, la talare insanguinata, il volto tumefatto per i pugni e le violenze. «Ci hanno fatto rimanere con le mani alzare sul capo per parecchie ore - racconta Facchin -. Non potevamo muoverci davanti alle armi spianate; sembrava che ci dovessero uccidere da un momento all'altro. Poi ci hanno divisi in tre gruppi avviandoci verso tre località diverse fuori del paese». A nessuno è concesso di scrivere una lettera di addio.
I prigionieri sono trascinati ai margini di un campo di segala: legati a catena, con cinghie e fili di ferro, con il viso rivolto alla campagna e le spalle al plotone di esecuzione, ognuno con il suo giustiziere. Vicino alla chiesetta di san Giacomo costringono il prete a scavarsi la fossa, ma don Mario non ce la fa più. Il comandante dà il «puntatarm». Don Caustico trova la forza di incitare i compagni al coraggio, al perdono, alla speranza, alza la mano per un'ultima benedizione. Sono le 10,30 di lunedì 30 aprile 1945: da cinque giorni l'Italia si credeva «liberata». Tre dei 21 condannati del gruppo di don Caustico si salvano: Gino Mansani, Giovanni Facchin e Pasquale De Santi non sono colpiti a morte né dalla prima scarica né dal colpo di grazia.
Mansiani racconterà: «Colpito di striscio alla testa e a una mano, mi butto a terra fingendomi morto, sicuro che lo sarò fra qualche istante con l’immancabile colpo di grazia. Il comandante comincia con don Caustico e prosegue sparando un colpo a ciascuno, uno dopo l'altro. Io me ne stavo immobile trattenendo il respiro e pensavo alla mia bambina che non avrei mai più visto. I colpi si avvicinavano. Con la coda dell'occhio vedo il tedesco che spara al mio compagno di sinistra. Ora tocca a me! Sento lo scatto dell'otturatore che mette il colpo in canna, poi un colpo tremendo... La bocca mi si riempie di sangue, ma non sono morto. Ancora due colpi accanto a me, poi silenzio. Sento i passi che si allontanano. Alzo la testa e vedo che se ne sono andati tutti». Ferito, si accosta a don Caustico: «Agonizzava, il sangue usciva abbondante da una spaventosa ferita alla gola». Raccoglie le sue ultime parole: «Non preoccuparti per me. È finita! Salvati! Il Signore ti accompagni!».
Giovanni Facchin ricorda: «Mentre tutti erano stati colpiti alla testa dal colpo di grazia, io e altri due compagni siamo stati colpiti alla spalla. Io ho avuto il polmone perforato, il che mi ha costretto a un mese d'ospedale, ma i 20 anni che avevo allora e la tanta voglia di vivere mi hanno aiutato a superare la prova».
Tutti i testimoni concordano: «Don Caustico era un vero sacerdote, voleva bene a tutti e si sacrificava per gli altri dimenticando sé stesso». In tre punti diversi di Grugliasco i mitra tedeschi abbattono 66 patrioti: ben 36 sotto i 20 anni. Domenica 4 maggio 1975, 30° anniversario della Liberazione, i Salesiani dedicarono il Centro giovanile di corso Francia 214 a Leumann di Rivoli a questo eroico salesiano che il cardinale arcivescovo di Torino Michele Pellegrino ricordò come «uno dei tanti sacerdoti che vollero stare vicino ai partigiani sulle montagne e condividere la loro sorte. Mentre agonizzava trovò la forza di dire al compagno: "Non preoccuparti di me, è finita, salvati! Il Signore ti accompagni”. Non vogliamo più le guerre, le stragi come quella di Grugliasco, i forni crematori, i lager, i gulag».
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